L’addebito della separazione – indice:
Prevista in origine come “sanzione” da applicare al coniuge inadempiente agli obblighi e ai doveri nascenti dal matrimonio l’istituto giuridico della separazione è diventata, dal 1975, uno strumento per rimediare al clima insostenibile che si può creare tra i coniugi ovvero per tutelare la prole. Fa riflettere come siano cambiati nel tempo i presupposti dell’istituto giuridico della separazione personale dei coniugi.
La separazione può essere giudiziale, consensuale o di fatto. Nell’ambito del procedimento di separazione giudiziale, il secondo comma dell’articolo 151 del codice civile, prevede:
“Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
Si parla in questo caso di separazione con addebito.
Cos’è l’addebito della separazione
L’addebito della separazione è una conseguenza giuridica della violazione da parte di uno dei due coniugi dei doveri di cui all’articolo 143 del codice civile. Dal matrimonio infatti derivano, secondo l’articolo 143 del codice civile, i seguenti obblighi:
- Di fedeltà reciproca;
- All’assistenza morale;
- Di assistenza materiale;
- Alla collaborazione nell’interesse della famiglia;
- Alla coabitazione.
L’inadempimento di uno solo dei predetti doveri coniugali determinerà la possibilità per il coniuge che ne faccia richiesta, di chiedere ed ottenere l’addebito. Ciò è possibile, come specificato, soltanto nell’ambito di un procedimento di separazione giudiziale, non in quella consensuale.
Quando deve verificarsi l’inadempimento dei doveri coniugali
È pacifico che l’inadempimento dei doveri coniugali debba necessariamente verificarsi prima del deposito del ricorso per la separazione giudiziale. L’episodio di inadempimento, ad avviso della giurisprudenza, non deve poi essere successivo ad una conclamata crisi di coppia (Così Cassazione con sentenza numero 1715 del 23 gennaio 2019). Una volta depositato il ricorso da parte del difensore di uno dei due coniugi, i coniugi non sono più tenuti al rispetto della gran parte dei doveri coniugali. Attenzione però: i primi effetti “ufficiali” della separazione si avranno soltanto a far corso dalla prima udienza presidenziale. La separazione vera e propria sarà tale soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza.
I presupposti dell’addebito
Per aversi addebito della separazione sarà necessario un nesso causa-effetto fra l’inadempimento di uno dei doveri coniugali e l’intollerabilità della convivenza. Il coniuge istante dovrà quindi dimostrare che la propria domanda di separazione con addebito sia diretta conseguenza del comportamento dell’altro coniuge, tale da rendere impossibile la prosecuzione della vita di coppia. Ciò accadrà, ad esempio, laddove un coniuge non intenda perdonare il tradimento dell’altro, dando incarico al proprio difensore di presentare il ricorso per la separazione giudiziale con addebito per tradimento. Viceversa, laddove sia data prova che la vita coniugale sia proseguita per una durata apprezzabile anche in periodo successivo all’episodio noto di inadempimento, non sarà più possibile richiedere l’addebito.
Quali sono i casi di addebito della separazione
Il giudice, nel pronunciare la separazione, e dopo essersi accertato dell’esistenza del nesso di causalità di cui al paragrafo precedente, addebita la stessa ad uno dei due coniugi se ne era stata fatta domanda.
I casi più frequenti in cui il giudice accetta la domanda di addebito e procede alla declaratoria sono:
- la mancata osservanza dell’obbligo di fedeltà;
- l’utilizzo della violenza nei confronti dell’altro coniuge;
- l’allontanamento dalla casa familiare;
- il cambiamento dell’orientamento religioso di un coniuge;
- il rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali;
- l’unilaterale scelta di un coniuge in ordine all’educazione dei figli.
L’infedeltà
Essendo la fedeltà reciproca uno degli obblighi nascenti dal matrimonio e previsto dalla legge stessa è agevole ritenere che l’addebito della separazione sia dichiarata nei confronti del coniuge infedele. Lo ha sostenuto più volte la Cassazione in varie sentenze. Deve tuttavia non risultare uno stato di crisi già avanzato nella coppia prima del verificarsi dell’infedeltà.
Si citano a riguardo due sentenze della Corte di Cassazione: la prima, cui è dedicato un approfondimento specifico, la n. 11008/2013 e la seconda di cui si riporta un estratto di seguito.
Con la sentenza n. 1715/2019 infatti ha confermato un orientamento già consolidato affermando che “La decisione della Corte distrettuale basata su una valutazione di merito non sindacabile in questo giudizio appare coerente alla
giurisprudenza di legittimità secondo cui la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto rende irrilevante la successiva inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale ai fini della dichiarazione di addebito della separazione”.
Violenza fisica
Il coniuge che aggredisce i beni e i diritti fondamentali dell’altro, quali l’integrità fisica e morale, in maniera reiterata e non giustificata da un comportamento altrettanto violento nei suoi confronti, può essere suscettibile di addebito della separazione.
Con la nota sentenza n. 7321/2005 i giudici della Suprema Corte infatti affermavano che: “Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento dei coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei”.
Allontanamento dalla casa familiare
Il coniuge che si allontana senza il consenso dell’altro e in maniera definitiva senza alcuna volontà di tornarci costituisce violazione dell’obbligo di assistenza materiale dell’altro coniuge. Può essere pertanto motivo di addebito della separazione.
Se tuttavia esiste una giusta causa di allontanamento del coniuge, come ad esempio violenze, minacce, liti domestiche che hanno condotto ad una cattiva convivenza ovvero al deterioramento della serenità della coppia, l’addebito non è giustificato.
Ad affermarlo in maniera chiara e inequivoca è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12020/2006: ” l’allontanamento dalla residenza familiare…non concreta tale violazione allorché risulti legittimato da una “giusta causa”, vale a dire dalla presenza di situazioni di fatto (ma anche di avvenimenti o comportamenti altrui) di per sé incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare”.
Il mutamento dell’orientamento religioso
Nel 2004 la Suprema Corte, con la sentenza 15241, ha chiarito se e quando il mutamento dell’orientamento religioso può costituire motivo di addebito della separazione.
Ha ritenuto in particolare che tale fenomeno non possa di per sé solo costituire motivo di addebito della separazione. Se però tale evento comporta una violazione degli obblighi previsti dagli artt. 143 e 147 c.c., ovvero l’impossibilità di proseguire la convivenza oppure la causa di danni alla miglior crescita dei figli, allora può costituire motivo di addebito della separazione.
Il rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali
“Il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge – poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell’equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner – configura e integra violazione dell’inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall’art. 143 cod. civ., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale e giustifica l’addebito della separazione al coniuge refrattario”.
Questa è la massima della Corte di Cassazione n. 19112/2012. Con questa sentenza i giudici hanno dato ragione al marito a fronte del ripetuto e protratto nel tempo sottrarsi della moglie alle sue legittime richieste di intrattenere rapporti sessuali. Sullo stesso tema si segnala anche la sentenza n. 4756 del 2017.
Unilaterale scelta del coniuge in ordine all’educazione dei figli
L’articolo 144 c.c. stabilisce che “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato”.
Vi è mancato rispetto del dovere di scelta congiunta dei coniugi dell’indirizzo della vita familiare quando uno dei due vuole, anche in maniera aggressiva, decidere unilateralmente. Anche nel caso in cui si tratti di scelte che riguardano l’educazione e la crescita dei figli.
La Corte di Cassazione in proposito ha affermato con la sentenza n. 17710 del 2005 che: “Un atteggiamento unilaterale, sordo alle valutazioni ed alle richieste dell’altro coniuge, a tratti violento ed eccessivamente rigido, può tradursi, oltre che in una violazione degli obblighi del genitore nei confronti dei figli, anche nella violazione dell’obbligo nei confronti dell’altro coniuge di concordare l’indirizzo della vita familiare e, in guanto fonte di angoscia e dolore per l’altro coniuge, nella violazione del dovere di assistenza morale e materiale sancito dall’art. 143 c.c.”.
Le conseguenze dell’addebito della separazione
Le conseguenze dell’addebito sono diverse e di varia natura. Ci sono delle conseguenze processuali, relative al diritto di mantenimento e relative ai diritti successori. Vediamole una per una.
Le spese processuali in caso di addebito della separazione
Laddove sia posto l’addebito a carico di uno dei due coniugi, questi sarà tenuto a pagare le spese processuali a vantaggio dell’altro. Il procedimento di separazione giudiziale è infatti un processo civile contenzioso. Seguirà dunque il principio generale della soccombenza (articolo 91 del codice di procedura civile). In forza di questo chi perde in giudizio è tenuto alla rifusione delle spese processuali di controparte.
La perdita al diritto di percepire l’assegno di mantenimento
Il coniuge a carico del quale sia posto l’addebito non avrà diritto a percepire alcunché a titolo di mantenimento dall’altro coniuge. Il diritto al mantenimento sarà degradato a diritto agli “alimenti”. Il diritto a percepire gli alimenti è di natura ben inferiore a quello di mantenimento. Gli alimenti potranno essere richiesti solo ove occorra uno stato di bisogno e nella misura in cui ciò sia necessario a far fronte alle minime esigenze di vita quotidiana (nutrirsi, verstirsi ecc.). Gli alimenti poi, a differenza dell’assegno di mantenimento, non sono commisurati al tenore di vita dell’obbligato. Tanto mento lo sono al tenore di vita occorso in costanza di matrimonio.
La perdita dei diritti successori del coniuge superstite
Ulteriore conseguenza dell’addebito della separazione, è legato ai diritti successori del coniuge superstite a cui sia stata addebitata. Le conseguenze successorie della separazione con addebito sono stabilite all’articolo 548 del codice civile. Il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione non succederà al coniuge defunto. Potrà soltanto percepire un assegno vitalizio ma soltanto nell’ipotesi in cui godesse degli alimenti al momento in cui si è aperta la successione.
Non si perde il diritto di percepire la pensione di reversibilità
La giurisprudenza più e meno recente ritiene che nemmeno in caso di addebito della separazione il coniuge superstite separato con addebito perda il diritto a percepire la pensione di reversibilità. Gli orientamenti consolidati in tal senso sono due. Quello della Corte Costituzionale con sentenza numero 286 del 1987 e, più di recente, quello della Corte di Cassazione con sentenza numero 2606 del 2018.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio