La ricettazione e l’incauto acquisto – indice
Negli ultimi giorni ci siamo lungamente occupati del reato di ricettazione, esaminandone i principali tratti distintivi.
Abbiamo anche accennato, in tali occasioni, che uno dei rischi che si può commettere in sede interpretativa è quella di confondere la ricettazione con l’acquisto di cosa di sospetta provenienza, un altro delitto di cui ci siamo recentemente occupati, disciplinato dall’art. 712 c.p.
Ma quali sono i rapporti sussistenti tra questi due reati contro il patrimonio? Quali sono le differenze tra ricettazione e incauto acquisto?
Scopriamolo insieme.
Cos’è la ricettazione
Prima di procedere con l’analisi dei tratti distintivi tra ricettazione e incauto acquisto, giova ricordare brevemente cosa sostiene il legislatore penale in merito.
In particolare, ed estrapolando solamente gli aspetti di nostro maggiore interesse, l’art. 648 c.p. definisce la ricettazione in questo modo:
Fuori dei casi di concorso nel reato chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare (…) La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata (…), di estorsione aggravata (…) ovvero di furto aggravato (…)
Per quanto attiene gli elementi costitutivi di tale illecito, viene posto rilievo innanzitutto sul fatto che il presupposto del reato è che anteriormente ad esso sia stato realizzato un delitto, al quale tuttavia il ricettatore non deve aver partecipato in alcun modo. Diversamente, infatti, si finirebbe con il configurare un concorso al reato presupposto e, in base al principio di sussidiarietà, troverebbe applicazione solamente quest’ultimo.
Per poter evitare confusioni in merito, la dottrina ricorre al criterio cronologico. In altri termini, costituisce concorso nel reato presupposto ogni comportamento che viene commesso prima della consumazione del reato. Si ricade nella condotta di ricettazione se il comportamento viene commesso dopo questo momento.
Dunque, esemplificando, il fatto tipico ex art. 648 c.p. sussiste se successivamente alla commissione del reato presupposto, l’agente occulti o riceva per profitto proprio o altrui cose che rappresentano il provento di quel reato.
Acquisto di cose di sospetta provenienza
Di contro, l’art. 712 c.p. definisce l’acquisto di cose di sospetta provenienza in questo modo:
Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, (…). Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.
Rapporti tra ricettazione e acquisto incauto
Già da un’attenta lettura dei testi di cui sopra possiamo cercare di comprendere quali siano i tratti distintivi che intercorrono tra la ricettazione e l’incauto acquisto, partendo dal primo e più noto. Nel reato di ricettazione la dottrina richiama alla luce la consapevolezza del dolo. Nel reato di incauto acquisto ci si basa invece sulla colpa.
Tuttavia, ad un esame maggiormente approfondito, è possibile rilevare anche altri elementi di differenza tra i due reati, che peraltro emergono già a livello di tipicità, considerato che l’oggetto materiale della condotta descritta dall’art. 648 c.p. è costituito da denaro o cose provenienti da delitto. Di contro, l’oggetto dell’incauto acquisto è costituito da cose che si ha motivo di sospettare provengano da reato.
Così affermato, emerge come il legislatore abbia redatto l’art. 712 c.p. in maniera volutamente piuttosto ampia, considerato che ricomprende al suo interno non solamente le cose che derivano dal delitto, ma anche quelle che sembrano essere il provento di una contravvenzione, allargando così lo spettro di operatività della norma dell’incauto acquisto rispetto al testo della norma sulla ricettazione.
La colpevolezza
Chiarito quanto sopra, si può passare ad un altro tema, quello della consapevolezza.
Qui la dottrina è quasi concorde nel soffermarsi sul fatto che l’art. 712 c.p. si “accontenta” della colpa, costituito dall’omesso accertamento della legittima provenienza della cosa, pur in presenza di elementi che in condizioni “normali” di attenzione avrebbero dovuto costituire degli indizi.
Di contro, la ricettazione viene punita solamente a titolo di dolo specifico. In un recente approfondimento abbiamo comunque approfondito anche questo tema, parlando della possibile configurabilità della ricettazione da punire anche a titolo di dolo eventuale. Rimandiamo dunque a tale articolo per maggiori focalizzazioni.
Da questo punto di analisi, pertanto, l’elemento psicologico assume nell’art. 712 c.p. un contenuto di particolare negligenza che consiste nel non avere l’agente verificato la provenienza legittima del bene.
Un elemento di analisi che viene ancorato alla presenza di alcune circostanti che possono fungere da indizi. Si pensi alla qualità della cosa, alla condizione di chi la offre o al prezzo.
Nel dettaglio:
- qualità della cosa: si pensi a un oggetto di particolare rarità, o un simbolo che attesta la sua appartenenza a qualcuno;
- condizione di chi la offre: si pensi a un oggetto di particolare valore che viene tuttavia offerto all’acquirente da un mendicante;
- prezzo: nel caso in cui il prezzo sia molto inferiore al valore di mercato della cosa, senza che questa differenza sia ben argomentata da un urgente bisogno di vendita da parte del proprietario della cosa.