Il contratto d’opera manuale – indice:
- Cos’è
- Come funziona
- Obblighi prestatore
- Recesso
- Fornitura di materiale
- Obblighi committente
- Vizi e difformità
Il contratto d’opera affonda le sue radici nell’antico apparato giuridico romano che, con l’istituto della locatio, ha regolato le prestazioni di beni e servizi fino al tempo del codice civile italiano del 1865. La scissione di tale istituto in diverse forme contrattuali autonome ha dato origine, fra le altre, alla disciplina specifica del contratto d’opera manuale, oggi contenuta negli articoli 2222 e seguenti del codice civile.
Cos’è il contratto d’opera manuale
Nell’ambito dei negozi giuridici che hanno ad oggetto la prestazione di un opera o di un servizio, il codice civile ad oggi vigente distingue due categorie: le forme contrattuali applicabili alle imprese e quelle applicabili al lavoro autonomo. Il contratto d’opera si inserisce all’interno della seconda categoria e si differenzia dal contratto d’appalto (seconda categoria) in ragione del ruolo ricoperto da chi effettua la prestazione.
All’interno del contratto d’opera a sua volta bisogna distinguere il contratto d’opera manuale da quello d’opera intellettuale. In questa sede ci occupiamo del primo. La sua definizione, contenuta nell’articolo 2222 del codice civile, ci dice che si ha un contratto d’opera “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente…”.
Si tratta della forma contrattuale che regola il lavoro autonomo. È fatto salvo il caso in cui la prestazione svolta costituisce oggetto di una forma contrattuale particolare disciplinata da disposizioni specifiche.
Riteniamo opportuno sottolineare che il contratto d’opera si inserisce nel libro V del codice civile dedicato al lavoro. La sua struttura negoziale valorizza il carattere personale della prestazione e pertanto è stato collocato nel titolo terzo di tale sezione dedicato al lavoro autonomo. Il lavoro subordinato invece e l’attività d’impresa, si collocano nel titolo secondo dedicato al lavoro nell’impresa.
Come funziona il contratto d’opera manuale
Nel contratto d’opera ci sono di norma due parti contrattuali: il prestatore di lavoro e il committente. Il secondo incarica il primo a svolgere un’opera o un servizio verso un corrispettivo. Si tratta dunque di un contratto bilaterale ad effetti obbligatori.
La sua caratteristica fondamentale lo distingue dal contratto di lavoro subordinato. Questa è l’assenza del vincolo di subordinazione nei confronti del committente. La prestazione, infatti, viene svolta direttamente dal prestatore e con lavoro proprio senza un’organizzazione in forma di impresa. Il lavoratore autonomo infatti spesso è un artigiano o un piccolo imprenditore. L’artigiano realizza l’opera in totale autonomia nell’esercizio di un’attività artistica od occasionale. Il piccolo imprenditore esercita un attività organizzata in modo professionale con l’eventuale ausilio di collaboratori.
L’assenza di un organizzazione imprenditoriale distingue tale forma contrattuale, come abbiamo già accennato, dal contratto d’appalto in cui l’appaltatore si avvale della propria organizzazione d’impresa, gestendo capitale, mezzi di produzione e forza lavoro propri.
Il prestatore d’opera tuttavia può anche essere inserito all’interno di un’organizzazione d’impresa. In tal caso tuttavia deve:
- svolgere il lavoro in autonomia, senza dover sottostare alle direttive del committente, entro certi limiti:
- operare con l’apporto di mezzi propri che ritiene idonei e necessari alla realizzazione dell’opera.
Il carattere della personalità è l’unico elemento essenziale alla regolarità del rapporto.
Gli obblighi del prestatore e il suo inadempimento
Il prestatore d’opera esegue una prestazione di fare (opera o servizio) che lo obbliga a garantire al committente un certo risultato del quale si assume il rischio. Solo quando raggiunge il risultato, ovvero l’opera o il servizio sono stati ultimati a regola d’arte, il prestatore è liberato dalla sua obbligazione e ha diritto a ricevere il corrispettivo.
L’articolo 2224 del codice civile afferma che “Se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni. Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni”.
Nel contratto d’opera manuale, dunque, le parti si accordano sulle modalità di esecuzione dell’opera con riguardo ai tempi, ai luoghi e al materiale impiegato. Tale organizzazione non deve chiaramente trasformarsi in una prestazione di lavoro subordinato.
Il potere di controllo del committente
Dalla lettura della norma sopracitata, emerge che il committente ha un discreto potere di controllo sull’esecuzione dell’opera. Il mancato adempimento del prestatore non preclude la possibilità di ricorrere agli ordinari strumenti di risoluzione del contratto per inadempimento. Resta tuttavia la responsabilità del prestatore per vizi e difetti dell’opera anche se il committente non ha vigilato sull’esecuzione. Questo infatti ha il diritto di verificare al momento della consegna eventuali vizi e difformità dell’opera.
La corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto opportuno coinvolgere il committente che rinuncia al controllo sull’esecuzione dell’opera se questa è destinata ad un soggetto terzo e presenta delle irregolarità di risultato. In tal caso infatti si apre un concorso di colpa fra prestatore e committente per i danni ad esso arrecati.
Il recesso dal contratto d’opera
Abbiamo detto nel paragrafo precedente, riportando l’articolo 2224, che il committente può recedere dal contratto se il prestatore d’opera non adempie nei termini da questo impostogli. Il recesso produce i suoi effetti dal momento in cui viene il committente recede, il quale ha diritto:
- al risarcimento del danno (eventuale);
- a vedersi restituito il corrispettivo già pagato.
La Cassazione ha stabilito che il committente, in alternativa a tale soluzione, ha altre due vie di intervento quando il prestatore d’opera è inadempiente: chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento ex articolo 1453 del codice civile oppure rifiutarsi di pagare il corrispettivo ai sensi dell’articolo 1460 del codice civile.
Un’altra ipotesi di recesso contemplata dal codice civile è il recesso unilaterale del committente di cui all’articolo 2227. In questo caso in committente può recedere a patto che il prestatore non abbia ancora iniziato i lavori e non venga danneggiato da spese eventualmente già sostenute, dall’incarico perso o dal guadagno che gli verrà a mancare.
In questa sede è opportuno inserire il disposto dell’articolo 2228 del codice civile. La norma regola la situazione in cui l’esecuzione dell’opera diventa impossibile per una causa imputabile a nessuna delle due parti. Ne consegue il diritto del prestatore a ricevere comunque un compenso per la parte di lavoro eseguita determinato in relazione all’utilità di cui gode il committente per la parte di opera ricevuta.
La materia impiegata per la realizzazione dell’opera
A seconda che l’oggetto del contratto sia una prestazione d’opera o di servizi viene in rilievo l’utilizzo del materiale impiegato per la sua realizzazione. Il prestatore infatti può trasformare una cosa già esistente o procurare un bene immateriale quale servizio. Bisogna dunque stabilire a che condizioni il lavoratore autonoma possa fornire il materiale necessario al compimento dell’opera o del servizio senza che ciò comporti l’applicazione di una diversa forma contrattuale.
In merito l’articolo 2223 del codice civile afferma che le disposizioni sul contratto d’opera si applicano “anche se la materia viene fornita dal prestatore purché e parti non abbiano avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si applicano le norme sulla vendita”.
Il significato della norma si deve interpretare nel senso che la fornitura della materia non deve costituire in maniera prevalente rispetto all’esecuzione dell’opera l’oggetto del contratto. In tal caso appunto la forma contrattuale adottata muta in quella della vendita. Di norma infatti il materiale necessario all’esecuzione dell’opera dev’essere fornito dal committente e in via eccezionale dal prestatore. Nella prassi tuttavia si verifica più frequentemente la seconda ipotesi.
Gli obblighi del committente
L’obbligazione principale del committente è quella di pagare il corrispettivo al prestatore.
L’articolo 2225 del codice civile afferma che “Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo”.
Secondo quanto discusso dalla dottrina e dalla giurisprudenza possiamo riassumere alcune modalità di determinazione del corrispettivo:
- in modo convenzionale, secondo completa autonomia delle parti;
- pattuendo una somma forfettaria in virtù del risultato da raggiungere;
- secondo le tariffe professionali o gli usi in mancanza di accordo fra le parti.
Se il corrispettivo è stato stabilito dalle parti di comune accordo ma durante lo svolgimento dei lavori si aggiungono delle ulteriori prestazioni da eseguire, oppure vengono modificate alcune commesse già assegnate, il lavoratore autonomo ha diritto ad un compenso remunerativo di queste, salvo anteriormente sia stato preso un diverso accordo.
Con riguardo alle tariffe professionali e agli usi, queste, soprattutto con riferimento alle professioni intellettuali, prevedono dei limiti minimi e massimi per le stesse attività. A queste dovrà attenersi anche il giudice, nel rispetto dei criteri previsti dall’articolo 2225 di cui sopra.
Il prestatore al quale non venga pagato il corrispettivo ha a disposizione gli ordinari strumenti di recupero del credito per agire. Se il compenso doveva essere corrisposto in un unica soluzione, il termine per agire è quello ordinario decennale. Se invece committente e prestatore avevano stabilito un compenso periodico il termine è ridotto a cinque anni.
Il risultato dell’opera manuale: vizi e difformità
Abbiamo detto in precedenza, in relazione all’articolo 2224 del codice civile, che il committente ha un determinato potere di controllo sullo svolgimento della prestazione del lavoratore. Il codice civile tuttavia attribuisce al committente l’ulteriore possibilità di verificare il risultato del lavoro svolto dal prestatore. È l’ipotesi contemplata dall’articolo 2226 in cui il committente, nel momento in cui riceve l’opera finale, può decidere se accettarla o meno.
Nel caso in cui il committente accetta l’opera, sia espressamente che tacitamente, si esclude la responsabilità del prestatore per i vizi e le difformità della stessa che erano noti al committente o da questi facilmente riconoscibili.
Se invece il prestatore li ha volontariamente occultati, il committente ha otto giorni di tempo, a pena di decadenza, da quando ha riscontrato tali vizi per contestarli al prestatore. La prescrizione del diritto ad agire invece si verifica dopo un anno dalla consegna dell’opera.
Ma cosa intende il codice civile per vizi e difformità dell’opera? Secondo le più note elaborazioni giurisprudenziali, l’opera è viziata quando manca di una determinata caratteristica indispensabile a renderla tale. La difformità dev’essere intesa come l’ottenimento di un risultato diverso da quello che le parti avevano stabilito in sede di accordo. Entrambe le irregolarità, tuttavia, vanno valutate in relazione all’utilizzo a cui l’opera sarebbe stata destinata.