L’usura: i requisiti del reato secondo la Cassazione – indice
- Cos’è il reato di usura
- L’integrazione
- L’opinione della dottrina
- Le pressioni ad accettare le condizioni
- Le conclusioni
- I principi di diritto
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 38551/2019 recentemente depositata, è nuovamente intervenuta sul tema del reato di usura. I giudici hanno infatti affermato che è sufficiente l’oggettiva usurarietà delle condizioni economiche stabilite dalle parti per poter qualificare il delitto in esame.
Pertanto, non è necessario che l’agente abbia indotto la persona offesa a dargli o a promettergli interessi o altri vantaggi usurari. Non esclude il reato nemmeno il fatto che la persona offesa abbia volontariamente accettato tali condizioni o assunto l’iniziativa di avviare le negoziazioni.
Cos’è il reato di usura
Prima di comprendere quali siano state le valutazioni compiute dai giudici della Suprema Corte, è bene compiere un rapidissimo richiamo al reato di usura, del quale abbiamo diffusamente parlato in questa guida.
A disciplinare tale delitto è infatti l’art. 644 c.p., secondo cui
Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643 si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
(…)
Ne deriva che, in sintesi:
- il reato si configura al di fuori del recinto stabilito dalla norma sulla circonvenzione di persone incapaci ex art. 643 c.p.;
- è un’ipotesi di reato in contratto, che si contraddistingue dalla condotta illecita che si manifesta nel momento in cui si forma l’accordo;
- la tutela intesa dal legislatore è quella del patrimonio, della libertà morale e dell’autonomia contrattuale della parte offesa;
- è un reato comune e, dunque, l’autore del reato può essere chiunque. Chiunque può altresì essere il soggetto passivo;
- per configurare il reato è richiesto il dolo generico;
- è un reato a consumazione prolungata, che si perfeziona e si consuma nel momento della promessa. Le successive dazioni di denaro contribuiscono dunque a spostare più in avanti la consumazione del reato e, pertanto, anche il termine di prescrizione.
Chiarito quanto sopra, torniamo alla pronuncia in esame.
Integrazione del delitto di usura
Gli Ermellini sottolineano anzitutto come per integrare l’usura non sia richiesta una condotta induttiva da parte di chi pone in essere la condotta usuraria.
Dunque, l’unica cosa che rileva, a questo scopo, è l’usurarietà oggettiva delle condizioni pattuite. A nulla rileva il fatto che esse siano state volontariamente accettate dalla parte offesa.
In altre parole, centrale è farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità. E non, dunque, nell’indurre taluno a farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità.
Per sgombrare il campo dagli equivoci, la sentenza rammenta poi che sebbene sia vero che il riferimento all’induzione emerga in alcune massime giurisprudenziali relativamente recenti, è anche vero che esso risulta acriticamente mutato, senza alcuna autonoma valutazione di rilevanza, da una nota pronuncia precedente (Sez. 2, n. 6015 del 30/04/1999), che per prima ne aveva fatto menzione ma non come elemento costitutivo del reato.
L’opinione della dottrina
Si tenga anche in considerazione che la stessa pronuncia ora in esame fa un interessante richiamo alle posizioni della dottrina.
Autorevoli studiosi ammettono infatti che ai fini della configurazione del reato di usura, nonostante il fatto che la formulazione del legislatore di “si fa dare o promettere” sembri presupporre l’iniziativa dell’usurario, non rileverebbe neppure il fatto che l’iniziativa di dare il via alla negoziazione usuraria sia stata presa non dall’usuraio, bensì dal soggetto che ha la necessità del prestito (come peraltro avviene nella maggior parte dei casi di usura).
Insomma, la ratio dell’incriminazione è l’esigenza di impedire le pattuizioni ad usura. E, come chiarito dalla stessa dottrina, non vi è alcuna ragione per ritenere che l’usura implichi una iniziativa del soggetto attivo e per escludere il delitto nei casi, sicuramente più frequenti, in cui sia la vittima a rivolgersi all’usuraio.
D’altro canto, aggiunge ancora la sentenza, la giurisprudenza ha riconosciuto rilevanza, ai fini dell’integrazione del reato, al fatto che l’iniziativa sia stata assunta dall’una piuttosto che dall’altra parte della negoziazione usuraria.
Le pressioni ad accettare le condizioni usurarie
Con l’occasione, la Cassazione sottolinea altresì che l’assenza di pressioni sulla parte offesa per indurla ad accettare il prestito a condizioni di usura consente comunque di ritenere integrato il reato.
I giudici della Suprema Corte ricorda infatti che l’assunto di cui sopra confonderebbe il reato di usura con quello di estorsione. E che, in merito, per integrare il reato di usura non assume rilievo che le condizioni da usura siano state volontariamente accettate dalla parte offesa.
La Corte ricostruisce, richiamando alcune precedenti pronunce, che la condotta tipica del reato di usura non richiede affatto che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzerebbero invece la diversa fattispecie dell’estorsione.
La Corte ha poi chiarito che i delitti di usura e di estorsione possono concorrere se la violenza o la minaccia, assenti al momento della stipula del patto usurario, siano impiegati in un momento successivo per ottenere il pagamento degli interessi pattuiti o altri vantaggi usurari. Diversamente il reato di estorsione sussiste se la violenza o la minaccia sono presenti dall’inizio, per poter ottenere la dazione di questi vantaggi.
Conclusioni
Da quanto sopra ne deriva che:
- se la violenza o la minaccia sono poste in essere dal soggetto attivo per farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità, risulterà integrato il solo reato di estorsione, ma non l’usura. Quest’ultima sarebbe infatti integrata dalla dazione o dalla promessa, del tutto spontanea, di interessi o altri vantaggi usurari;
- l’usura e l’estorsione possono ben concorrere nell’ipotesi in cui la violenza o la minaccia sia esercitata in un momento successivo rispetto all’iniziale pattuizione usuraia, al fine di ottenere un ingiusto profitto consistente nella corresponsione degli interessi e degli latri vantaggi usurari, che il soggetto passivo non possa o non voglia più corrispondere.
I principi di diritto
I giudici formulano pertanto i seguenti principi di diritto:
Ai fini dell’integrazione del reato di usura, non occorre che l’iniziativa di instaurare la negoziazione sia stata presa dall’usuraio, e non rileva che la conclusiva pattuizione connotata da usura sia stata accettata dalla vittima senza subire pressioni, poiché la ratio dell’incriminazione s’incentra sul carattere oggettivamente usurario della pattuizione;
è configurabile il reato di usura o di estorsione a seconda che l’iniziale pattuizione usuraria sia stata spontaneamente accettata dalla vittima, ovvero accettata per effetto della violenza o della minaccia esercitata dal soggetto attivo.
I due reati possono concorrere quando la violenza o la minaccia siano esercitate al fine di ottenere il pagamento degli interessi pattuiti o degli altri vantaggi usurari.