La simulazione nel contratto – indice:
Nel vocabolario italiano simulare ha il significato di “manifestare sentimenti o intenzioni non vere oppure una condizione non corrispondente a realtà, per secondi fini più o meno riprovevoli”. Applicando tale definizione all’attività negoziale fra due o più parti si giunge all’istituto della simulazione, identificato dal diritto civile. La sua disciplina è frutto di accesi dibattiti tenuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza che, fra varie teorie, sono giunte ad affermare che la simulazione nel contratto dà origine a due negozi distinti: l’accordo simulatorio e il negozio simulato. Il codice civile dedica il capo decimo del libro quarto all’istituto regolandone gli effetti fra le parti, verso i terzi, nei rapporti con i creditori e con la prova.
Cos’è la simulazione nel contratto
La simulazione nel contratto è l’istituto giuridico con cui si manifesta una volontà di concludere un contratto difforme rispetto al quanto voluto dalle parti. La “falsa” volontà interessa sempre entrambe le parti altrimenti si realizza l’istituto affine della riserva mentale. Tale manifestazione difforme comporta la conclusione di un negozio giuridico simulato che sarà conosciuto dai terzi ma non produrrà gli effetti suoi propri fra le parti. Lo scopo della simulazione infatti è proprio quello di far risultare una realtà giuridica non corrispondente alla reale volontà delle parti.
Per semplificare la comprensione con un esempio si pensi al contratto concluso tra Tizio e Caio con cui si accordano per la vendita a Caio di un immobile di Tizio aggredibile dai suoi creditori. Lo scopo è sottrarre ai creditori l’immobile affinché non possano aggredirlo, e questo avviene mediante una finzione in cui Caio riveste il ruolo del acquirente. Tale contratto apparirà pubblicamente ma non produrrà i suoi effetti tipici fra Tizio, che rimane proprietario, e Caio che non deve pagare il prezzo.
Il contratto concluso tra le parti che prende il nome di negozio simulato contiene due dichiarazioni:
- una esterna che produce effetti nei confronti dei terzi;
- una interna che ha effetto fra le parti, anche detta controdichiarazione.
Simulazione assoluta, relativa e presunta
La simulazione nel contratto può essere assoluta, relativa e presunta. Dipende dal contenuto della controdichiarazione.
Si parla di simulazione assoluta quando le parti nella controdichiarazione si accordano affinché il contratto non produca alcun effetto. In tal caso i contraenti fingono di volere un certo negozio giuridico ma in realtà non ne desiderano alcuno. La controdichiarazione di questo tipo dà origine a quello che si chiama accordo simulatorio. Lo scopo della simulazione assoluta è solitamente di tipo fraudolento.
Si ha simulazione relativa invece quando le parti nella controdichiarazione escludono gli effetti propri del contratto che stanno concludendo ma, allo stesso tempo, decidono il prodursi gli effetti propri di un altro negozio. La simulazione relativa è prevista dal secondo comma dell’articolo 1414 del codice civile. Può essere inoltre oggettiva o soggettiva. È oggettiva quando riguarda la causa, la modalità o l’oggetto del negozio simulato e al quale si aggiunge uno dissimulato. Con quest’ultimo le parti si accordano segretamente sulla produzione di ulteriori effetti. È soggettiva quando ciò che si vuole occultare è la persona che deve concludere il contratto e dunque la si sostituisce con un’altra. Tale ultima ipotesi è stata definita dalla giurisprudenza come interposizione fittizia di persona e non è una vera e propria figura di simulazione del contratto bensì una simulazione di una parte contraente.
Quando vi è un fondato sospetto che la simulazione nasconda un negozio giuridico illecito la giurisprudenza riconosce la simulazione per presunzione. Anche questa può essere oggettiva o soggettiva.
I requisiti della simulazione nel contratto
La simulazione nel contratto per poter esistere deve presentare determinati requisiti.
In primo luogo deve coinvolgere almeno due soggetti che, nel caso del contratto, sono i contraenti.
In secondo luogo deve essere conseguenza dell’accordo simulatorio. Questo si costituisce solo quando tutte le parti del negozio sono d’accordo nel manifestare una volontà diversa da quella reale. La dottrina e la giurisprudenza dunque qualificano tale accordo come un vero e proprio negozio giuridico. A giustificare tale concezione contribuiscono inoltre gli effetti prodotti dall’accordo, ovvero la negazione degli effetti del negozio simulato oppure la produzione degli effetti propri di un altro negozio in luogo dei suoi propri. Quando invece manca l’accordo tra i contraenti perché solo in uno di questi diverge la volontà manifestata da quella reale si ha un altro istituto giuridico, chiamato riserva mentale.
Elemento non essenziale è invece la controdichiarazione con cui le parti dichiarano di aver simulato il contratto. Questa è per lo più utile a fini probatori e non deve essere necessariamente redatta contestualmente all’accordo simulatorio bensì anche successivamente.
Le parti sono indotte a simulare un negozio perché hanno un motivo, anche chiamato causa simulandi. Tale elemento, pertanto, costituendo un mero motivo, non è un requisito essenziale alla costituzione della simulazione nel contratto né alla formazione del negozio simulato.
La simulazione produce determinati effetti fra le parti e verso i terzi. Il codice civile disciplina le due diverse ipotesi rispettivamente agli articoli 1414 e 1415.
Gli effetti della simulazione
La simulazione nel contratto manifesta diversamente i propri effetti a seconda che si analizzi il punto di vista delle parti contraenti, dei terzi o dei creditori. La disciplina degli effetti è contenuta, rispettivamente, agli articoli 1414, 1415 e 1416 del codice civile.
La dottrina e la giurisprudenza più affermate qualificano il negozio simulato come un’ipotesi di nullità del contratto in quanto privo di effetti giuridici fra le parti. Si richiama a tale scopo l’articolo 1418 del codice civile secondo il quale il contratto è nullo quando mancano gli elementi di cui all’articolo 1325. Fra questi c’è la volontà negoziale che infatti manca nel contratto simulato in quanto non c’è nessuna volontà di negoziare bensì soltanto di far apparire l’esistenza di un negozio. Il negozio, sebbene nullo, è comunque operante nei confronti dei terzi, i quali vengono tutelati dalla legge perché gli devono essere garantiti i propri diritti.
Per far valere la nullità del negozio simulato è necessaria, secondo la Cassazione, un’azione di accertamento della simulazione. Questa sarà solo negativa (negozio simulato) se si tratta di simulazione assoluta, sia negativa (negozio simulato) che positiva (negozio dissimulato) se si tratta di simulazione relativa. Nel primo caso, inoltre, tale azione è imprescrittibile; nel secondo caso la prescrittibilità è ancora oggetto di discussione in dottrina e giurisprudenza. Se si instaura un giudizio relativamente all’accertamento del negozio apparente, a questo devono parteciparvi tutti coloro che hanno preso parte all’accordo simulato, applicandosi il principio del litisconsorzio necessario.
Durante il giudizio di accertamento della simulazione può proporsi, in via subordinata, un’azione revocatoria. La giurisprudenza della Cassazione ritiene che le due azioni siano indipendenti anche se intraprese in un unico giudizio. Pronunciandosi tuttavia sulla simulazione, il giudice si pronuncerà con la stessa sentenza anche sulla revocazione.
Fra le parti
Ai sensi dell’articolo 1414 del codice civile “Il contratto simulato non produce effetto tra le parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma “.
La norma afferma l’inefficacia del contratto simulato e l’efficacia di quello dissimulato. Quest’ultimo tuttavia deve avere i requisiti di sostanza e forma richiesti dalla legge per tutti i contratti.
Controverso è il caso in cui si vuole dissimulare una donazione con un atto di compravendita. In tal caso bisogna rispettare il requisito di forma della donazione affinché il negozio dissimulato abbia effetto tra le parti. La legge in particolare richiede la forma dell’atto pubblico. Una donazione effettuata con tale requisito di forma tuttavia opererebbe alla luce del sole al contrario di quanto voluto dalle parti. La questione è stata affrontata dalla giurisprudenza in varie pronunce, ad esempio nella 15095 del 2014, la quale ha riconosciuto la validità della donazione dissimulata se sussistono due requisiti:
- il negozio simulato, dunque la compravendita, ha la forma dell’atto pubblico;
- le parti abbiano sottoscritto una controdichiarazione in cui dichiarano che si tratta di donazione e che il venditore non ricava alcun prezzo dalla vendita che non è dovuto.
Nei confronti dei terzi
L’articolo 1415 del codice civile stabilisce che “La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione”.
I terzi sono tutti coloro che non hanno preso parte al contratto simulato e che vantano dei diritti su ciò che ne forma l’oggetto. Possono far parte di una successione ereditaria ed essere pertanto titolari di un diritto mortis causa, oppure vantare dei diritti inter vivos. Prima di commentare la norma bisogna distinguere i terzi in altre due categorie:
- quelli che subiscono un danno dal negozio simulato e vogliono dimostrare che la volontà dei contraenti era un’altra. Lo è, ad esempio, chi ha acquistato un diritto sul bene venduto dal simulato alienante. Possono pertanto, ai sensi dell’articolo 1417 del codice civile, provare, senza limiti, la simulazione;
- coloro che, avendo ad esempio acquistato un diritto sul bene acquistato dall’acquirente simulato, traggono un vantaggio dal negozio simulato. In questo caso si realizzano gli effetti del contratto simulato voluti dalle parti e si costituisce una nuova situazione giuridica per l’acquisto di diritti da parte dei terzi.
Ecco che si spiega la regola di cui all’articolo 1415. Questa esprime il principio di tutela dell’apparenza e protegge la seconda categoria di terzi ai quali non può essere opposta la simulazione né dalle parti né dai creditori né dagli aventi causa del simulato alienante.
Restano salvi tuttavia gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione. Significa cioè che domandando al giudice di accertare se effettivamente c’è simulazione del negozio e trascrivendo tale domanda prima che i terzi in buona fede abbiano trascritto i loro atti di acquisto sui beni oggetto del negozio simulato si può loro opporre la sentenza del giudice che dichiara la simulazione.
Verso i creditori
Sebbene facenti parte dei terzi in quanto non partecipanti al negozio simulato, i creditori sono considerati a parte nel codice civile. Questi vengono citati dal primo comma dell’articolo 1415 come creditori del simulato alienante. Possono esercitare il loro diritto di credito nei confronti degli aventi causa del simulato acquirente in due casi:
- se questi erano in mala fede;
- quando la domanda giudiziale di simulazione è stata trascritta prima che gli stessi abbiano trascritto i propri acquisti.
Il codice civile, inoltre, dedica ai creditori l’articolo 1416 con il quale stabilisce che “La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato. I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all’atto simulato”.
Il primo comma si riferisce al rapporto tra i creditori del simulato acquirente e i contraenti. Il secondo comma a quelli intercorrenti tra i creditori del simulato alienante e quelli del simulato acquirente. Dalla norma emerge in particolare che nel conflitto fra creditori chirografari del simulato acquirente e del simulato alienante sono preferiti i secondi se vantano un credito anteriore alla stipulazione del negozio simulato.
La prova della simulazione
La domanda di accertamento del contratto simulato incide sull’istituto della prova della simulazione, a seconda sia stata effettuata dai creditori, da altri terzi o dalle parti del contratto simulato.
L’articolo 1471 del codice civile stabilisce infatti che “La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti”.
La norma può essere riassunta nelle seguenti due parti:
- la prova è libera quando è diretta a far accertare la simulazione da parte dei creditori o degli altri terzi. Nella successione legittima, il legittimario può utilizzare liberamente la prova come strumento per tutelare la propria quota di riserva;
- è subordinata invece ai limiti di prova del contratto previsti agli articoli 272 e seguenti del codice civile se la domanda di accertamento è stata effettuata dalle parti del negozio simulato o dai loro aventi causa, salvo risulti illecito il contratto dissimulato.