La riduzione reale del capitale sociale – indice:
- Riduzione per esuberanza
- I limiti ex art. 2445 c.c.
- La forma della delibera
- L’esecutività della delibera
- Le modalità di attuazione
- Altre ipotesi nel c.c.
La riduzione del capitale sociale è un’operazione sul capitale sociale che può essere reale o nominale. Nel primo caso, che sarà oggetto dell’odierno approfondimento, l’operazione comporta una modifica, in diminuzione, del patrimonio sociale alla quale i creditori possono opporsi. Nel secondo caso, che sarà affrontato in un successivo intervento, i creditori non subiscono alcun pregiudizio non essendoci alcuna riduzione del patrimonio sociale. In tale ultima ipotesi pertanto i creditori non hanno diritto di opposizione. La riduzione del capitale reale può essere obbligatoria o facoltativa a seconda che sia prevista dalla legge, sia necessitata, o derivi dall’iniziativa della compagine sociale al verificarsi di determinate circostanze.
Riduzione del capitale sociale per esuberanza
L’articolo 2445 del codice civile contiene la disciplina della riduzione reale del capitale sociale. La norma, al primo comma, enuncia due modalità di riduzione del capitale affermando che:
“La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413″.
Dall’interpretazione dottrinale della norma scaturisce una prima ipotesi di riduzione reale del capitale sociale ovvero la riduzione per esuberanza. In passato l’esuberanza era requisito espressamente previsto per la deliberazione della riduzione del capitale. Oggi il requisito è stato eliminato ma l’esuberanza rimane pur sempre uno dei motivi principali di riduzione reale del capitale sociale. Per esuberanza si intende che il capitale sociale inizialmente stabilito nell’atto costitutivo eccede i bisogni della società per il raggiungimento dell’oggetto sociale. La valutazione dell’esuberanza tuttavia va eseguito in luce dell’effettiva attività svolta dai soci e non attenendosi soltanto a quanto descritto nell’oggetto sociale. È possibile, e non infrequente infatti, che l’oggetto sociale stabilito nell’atto costitutivo preveda delle attività che la società poi in concreto, per vari motivi, non svolge.
Altre ipotesi di riduzione reale del capitale ex art. 2445 del codice civile
Escludendo che la riduzione del capitale per perdite inferiori al terzo del capitale possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 2445 del codice civile, può invece includersi nell’ampia formulazione normativa l’ipotesi della riduzione del capitale per perdite in misura superiore alla perdita. In questo caso si verificherebbero due riduzioni del capitale:
- una nominale per perdite ex articolo 2446 del codice, per la parte che coincide con la perdita;
- una reale ex articolo 2445 del codice civile, per la parte eccedente la perdita.
I limiti imposti dall’articolo 2445 del codice civile per la riduzione reale del capitale
I soci possono deliberare la riduzione reale del capitale soltanto se:
- la riduzione non comporta la discesa del capitale sociale al di sotto del minimo legale stabilito dall’articolo 2327 del codice civile. Non è possibile pertanto la riduzione reale del capitale sociale di una società costituita con un capitale di 50.000 euro;
- dopo la riduzione del capitale vengono rispettati i limiti di emissione delle obbligazioni previsti all’articolo 2412 del codice civile. L’articolo 2413, primo comma, del codice civile, richiamato dall’articolo 2445 infatti stabilisce che “Salvo i casi previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell’articolo 2412, la società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se rispetto all’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione il limite di cui al primo comma dell’articolo medesimo non risulta più rispettato”.
Un’ulteriore limite alla riduzione inoltre si legge nell’articolo 2445, secondo comma, del codice civile: “Nel caso di società cui si applichi l’articolo 2357, terzo comma, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del capitale sociale”. Si tratta delle cosiddette società quotate in borsa sulle quali tuttavia non ci si sofferma in tal sede.
Ulteriori limiti sussistono infine in caso di azioni a voto limitato oppure quando esiste un patrimonio destinato.
Non si può infine procedere con la riduzione del capitale ex articolo 2445 del codice civile qualora vi sia una perdita dello stesso.
Secondo prassi e giurisprudenza invece si può invece procedere alla riduzione anche se:
- la società è in stato di liquidazione;
- ci sono riserve disponibili.
La delibera di riduzione reale del capitale sociale
Ai sensi del secondo comma dell’articolo 2445 del codice civile “L’avviso di convocazione dell’assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione“.
L’apparente attuale libertà di riduzione reale del capitale viene smentita da quanto appena riportato sopra. L’eliminazione del requisito dell’esuberanza nell’ultima formulazione normativa non giustifica la libertà di deliberare la riduzione che comunque dev’essere deliberata in sede di convocazione dell’assemblea. La dottrina tuttavia, nonostante l’interpretazione letterale della norma stabilisca chiaramente il solo obbligo di indicazione delle ragioni della riduzione nell’avviso di convocazione dell’assemblea, si è chiesta se solo in tal sede le stesse vadano indicate. A dare una risposta a tale dubbio è stata la giurisprudenza la quale ha ritenuto che le ragioni della riduzioni vadano iscritte anche nel verbale dell’assemblea dei soci deliberante sulla riduzione.
La giurisprudenza più rilevante inoltre ritiene che unitamente al verbale di assemblea vada presentato anche uno stato patrimoniale aggiornato della società precedente all’esecuzione dell’operazione di riduzione del capitale sebbene ciò non sia espressamente previsto da nessuna norma sulla riduzione reale del capitale. È tuttavia previsto dalla legge per la riduzione del capitale per perdite e in virtù di ciò esteso dalla giurisprudenza anche alle ipotesi di riduzione reale del capitale sociale.
Quando può essere eseguita la delibera di riduzione e l’opposizione dei creditori
Il terzo comma dell’articolo 2445 del codice civile stabilisce che “La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione“.
La norma riconosce il diritto dei creditori ad opporsi alla delibera di riduzione reale del capitale sociale. Come già accennato infatti l’operazione di riduzione, comportando una modifica, in negativo, del patrimonio della società, può pregiudicare i creditori nel soddisfacimento del loro credito.
La norma prosegue tuttavia affermando che “Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l’operazione abbia luogo nonostante l’opposizione”. Con ciò il legislatore ha voluto rendere effettiva l’esigenza del creditore di proporre opposizione di fronte ad un effettivo pregiudizio per il soddisfacimento del suo credito che dunque deve essere provato in sede di opposizione. In caso contrario il tribunale può ritenere non fondata la pretesa del creditore ed autorizzare l’esecuzione della delibera.
L’assemblea che delibera la riduzione può contestualmente deliberare la modifica della clausola statutaria sull’ammontare del capitale sociale con efficacia differita al momento in cui decorre il termine per l’opposizione dei creditori.
Come funziona la riduzione reale del capitale
Le riduzione reale del capitale sociale può essere attuata in varie forme. Non ci sono limiti alla libertà dei soci nella decisione su come attuare la riduzione del capitale deliberata salvo il rispetto del principio della parità di trattamento dei soci (qualora non si sia derogato allo stesso con il consenso di tutti i soci). Le effettive modalità di riduzione del capitale tuttavia devono essere indicate nella delibera adottata dall’assemblea. Nelle successive righe si vanno ad esaminare singolarmente le varie modalità di attuazione della riduzione.
Liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti ex art. 2445 del codice civile
Come previsto dal primo comma dell’articolo 2445 del codice civile, la riduzione del capitale può essere attuata liberando i soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti. La norma fa riferimento alla totalità dei soci facenti parte della compagine.
Questa modalità di attuazione della riduzione è applicabile agevolmente e senza alcun problema quando nessun socio abbia liberato interamente le azioni o versato le quote in loro possesso. In tal caso infatti ognuno avrebbe ancora dei versamenti da effettuare dai quali verrebbe liberato. I problemi sorgono qualora vi siano soci che abbiano già effettuato interamente i versamenti. Per tali soci si deve procedere al rimborso del capitale nel rispetto del principio della parità di trattamento con i soci che non avendo interamente versato quanto dovuto traggono un beneficio dall’operazione di riduzione.
Rimborso del capitale ai soci
La seconda parte del primo comma dell’articolo 2445 del codice civile prevede che la riduzione possa attuarsi anche mediante rimborso del capitale ai soci. Si badi bene al fatto che la norma parla di rimborso del capitale e non di rimborso dei conferimenti. Il conferimento dell’immobile da parte del socio infatti non comporta la restituzione dell’immobile bensì il rimborso di una somma di denaro in misura proporzionale al conferimento. Se non c’è stata proporzionalità nell’assegnazione delle quote il rimborso è comunque commisurato alle quote e non ai conferimenti.
Il rimborso riguarda tutti i soci. Regole specifiche di rimborso sono previste quando il capitale è costituito da azioni.
La riduzione reale del capitale mediante il riscatto o l’annullamento di azioni
Tale modalità di riduzione reale del capitale è riconosciuta dall’articolo 2357-bis del codice civile che al primo comma stabilisce: “Le limitazioni contenute nell’articolo 2357 non si applicano quando l’acquisto di azioni proprie avvenga: 1) in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni...”.
Il passaggio di parte del capitale a riserva
La riduzione può attuarsi destinando una parte del capitale a riserva ed attuando in sostanza l’operazione inversa a quella di aumento gratuito del capitale. In quest’ultimo caso si va ad aumentare il capitale attingendo alle riserve disponibili che, a seguito di imputazione a capitale, diventano indisponibili. Al contrario, con la riduzione, parte del capitale, soggetto a vincolo di indisponibilità, diventa disponibile per il passaggio a riserva che può essere in futuro distribuita ai soci oppure utilizzata per un successivo aumento gratuito di capitale. Tale modalità si può mettere in pratica soltanto con il consenso di tutti i soci.
L’assegnazione ai soci di beni in natura
Non sembra possibile adottare una delibera di riduzione del capitale sociale che preveda come modalità l’assegnazione di beni in natura ai soci salvo sia espressamente stabilito con il consenso di tutti i soci. Tale previsione infatti potrebbe arrecare pregiudizio sia ai creditori sociali che ai singoli soci. Sarebbe inoltre in evidente contrasto con quanto stabilito dall’articolo 2445 del codice civile il quale prevede che la riduzione avvenga mediante rimborso del capitale e quindi di denaro. Quando dunque vi sia soltanto una maggioranza a deliberare può al massimo essere attribuito al socio che lo richieda il diritto di ricevere un bene in natura in luogo del denaro.
Annullamento di azioni proprie già in portafoglio
Per azioni già proprie in portafoglio si intendono azioni che la società ha emesso e successivamente acquistato. Può accadere tuttavia che in un secondo momento la società decida di annullare tali azioni comportando una riduzione di capitale. Su tale modalità non è chiaro se si applichi la disciplina di cui all’articolo 2445 del codice civile. La dottrina non ha ancora uniformità di vedute.
Altre ipotesi di riduzione reale del capitale previste dal codice civile
Accanto all’ipotesi di riduzione reale del capitale che si verifica maggiormente ovvero quella di cui all’articolo 2445 del codice civile ce ne sono altre indicate nella medesima raccolta normativa, ad alcune delle quali si applica la disciplina di cui all’articolo 2445. Si tratta delle seguenti ipotesi:
- si ha una riduzione reale ed obbligatoria in caso di recesso del socio ex articolo 2437-quater del codice civile alla quale si applica la disciplina di cui all’articolo 2445;
- quando l’assemblea decide per l’esclusione del socio moroso ex articolo 2344 del codice civile. Trattasi di altro caso in cui la riduzione è reale e obbligatoria;
- a seguito dell’annullamento delle azioni proprie acquistate in violazione dei limiti di cui all’articolo 2357 del codice civile. Anche in questo caso la riduzione è obbligatoria e reale;
- quella di cui al quarto comma dell’articolo 2343 del codice civile secondo cui “Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente può versare la differenza in danaro o recedere dalla società”.