La responsabilità amministrativa degli enti – indice:
- Cos’è la responsabilità degli enti
- Quali sono i soggetti responsabili
- Nell’impresa individuale
- I presupposti
- L’esclusione della responsabilità
- La natura della responsabilità
- Per quali reati
- Le sanzioni amministrative
- Aspetti processuali
Il decreto legislativo n. 231/2001 ha introdotto in Italia la responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato. Si trattava di una disciplina particolarmente innovativa la cui introduzione è stata necessitata da un duplice ordine di ragioni:
- l’adeguamento alle norme internazionali e alle leggi di molti altri paesi europei dove tale tipo di responsabilità era già stata riconosciuta e disciplinata;
- il riconoscimento che molti reati venivano commessi dalle imprese.
La disciplina introdotta inizialmente si applicava alla commissione di una cerchia circoscritta di reati che è progressivamente stata ampliata nel tempo con l’intervento graduale del legislatore. Solo nel 2007 ad esempio, con il Testo Unico sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, è stata estesa la responsabilità degli enti ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose commessi dall’ente in violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Cos’è
La responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato è un tipo di responsabilità che possiede caratteristiche proprie della responsabilità amministrativa e della responsabilità penale e che fin’ora esclude la possibilità di domandare un risarcimento del danno in sede di accertamento. Il danneggiatto dal reato commesso dall’ente infatti può alternativamente:
- fare domanda di risarcimento del danno in sede civile contro l’ente oppure
- costituirsi parte civile nel processo contro l’imputato persona fisica e chiamando quale responsabile civile l’ente per il fatto compiuto dall’imputato persona fisica.
L’accertamento della responsabilià infatti è demandata alla competenza del giudice penale. La responsabilità infatti scaturisce dalla commissione da parte di soggetti apicali dell’ente o di soggetto a loro gerarchicamente subordinati dei reati previsti dal decreto ed è la manifestazione della cosiddetta “colpa di organizzazione” dell’ente.
Quando è accertata la responsabilità l’ente è soggetto a delle sanzioni di natura amministrativa.
Gli enti possono sottrarsi alla responsabilità amministrativa ex decreto legislativo 231/2001 quando si adoperano per la prevenzione degli illeciti penali previsti dal decreto mediante l’adozione di un modello di organizzazione e gestione per la prevenzione di tali reati.
A chi è imputabile la responsabilità amministrativa degli enti
L’articolo 1 del decreto legislativo 231/2001 stabilisce l’ambito di applicazione della responsabilità amministrativa degli enti. Ai sensi di tale norma la responsabilità può essere imputata a:
- gli enti forniti di personalità giuridica;
- le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica.
Non possono rendersi responsabili invece ai sensi del decreto legislativo 231/2001:
- lo Stato;
- gli enti pubblici territoriali;
- enti pubblici non economici;
- gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
L’impresa individuale e la responsabilità ex d.lgs 231/2001
L’elenco previsto dalla legge è tassativo. Ci sono tuttavia sentenze giurisprudenziali di vario grado discordanti sull’applicazione della responsabilità amministrativa degli enti alle imprese individuali.
Fino al 2010 ad esempio la giurisprudenza negava l’estensione di tale responsabilità all’impresa individuale non essendoci uno “schermo giuridico” tra l’autore del reato e il soggetto giuridico responsabile dell’illecito amministrativo che trae vantaggio dal reato. Nel 2010 la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15657 invece ha esteso l’ambito di applicazione alle imprese individuali sostenendo altrimenti il verificarsi di una “disparità di trattamento tra coloro che ricorrono a forme semplici di impresa e coloro che, per svolgere l’attività, ricorrono a strutture ben più complesse ed articolate”.
Gli stessi ragionamenti sono stati effettuati di recedente anche in relazione alla società unipersonale con una sentenza del Tribunale di Milano la n. 917/2020.
Quando l’ente risponde della responsabilità amministrativa
I soggetti di cui al paragrafo precedente sono responsabili quando:
- il reato è commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente;
- l’autore del reato è un soggetto apicale definito dal decreto come “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell´ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonchè da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso”, oppure da soggetti (persone) sottoposti alla direzione o alla vigilanza di questi.
L’ente inoltre risponde, come si vedrà, se non ha adottato un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire la commissione di reati.
Dal dato normativo inoltre emerge che la responsabilità dell’ente è autonoma rispetto a quella della persona fisica. L’articolo 8 del decreto infatti recita: “La responsabilità dell´ente sussiste anche quando: a) l´autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall´amnistia”.
L’interesse o il vantaggio dell’ente
La Corte di Cassazione è intervenuta di recente con la sentenza n. 37381/2020 sui concetti di interesse e vantaggio dell’ente ai fini della sussistenza della responsabilità ex decreto legislativo 231/2001. In particolare, l’articolo 5 del decreto stabilisce che l’ente non è mai responsabile quando l’autore del reato ha agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Ma quand’è che si può affermare con certezza che l’agente ha agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi?
La Suprema Corte si è espressa affermando che “In proposito, pertanto, ha trovato applicazione il principio secondo cui, la responsabilità da reato dell’ente deve essere esclusa qualora i soggetti indicati dall’art. 5 comma primo lett. a) e b) D.Lgs. n. 231 abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, in quanto ciò determina il venir meno dello schema di immedesimazione organica e l’illecito commesso, pur tornando a vantaggio dell’ente, non può più ritenersi come fatto suo proprio, ma un vantaggio fortuito, non attribuibile alla volontà della persona giuridica“.
Quando non risponde della responsabilità amministrativa degli enti
L’ente non risponde mai della responsabilità amministrativa ex decreto legislativo 231/2001 quando il reato è stato commesso dai soggetti apicali o dai soggetti che gerarchicamente dipendono da questi nel proprio esclusivo interesse o nell’interesse di terzi.
L’ente inoltre non è responsabile nei casi previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto, ovvero quando l’ente ha adottato prima della commissione dell’illecito un modello di organizzione e gestione idoneo a prevenire la commissione dei reati. Le norme in realtà prevedono la contemporanea sussistenza di più requisiti affinché l’ente sia esentato dalla responsabilità. In particolare distinguono tra il reato commesso dai soggetti apicali e il reato commesso dai soggetti dipendenti da questi.
Esclusione della responsabilità ex artt. 6 e 7
Nel primo caso l’ente deve, contemporaneamente alla dimostrazione di aver adottato il modello di organizzazione e gestione dei reati della specie di quello verificatosi, dimostrare che:
- è stato affidato a un organismo dell´ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo il compito di vigilare sul funzionamento e l´osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento;
- le persone che hanno commesso il reato lo hanno fatto eludendo fraudolentemente il modello di organizzazione e di gestione;
- non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell´organismo preposto alla stessa.
Tale ultima ipotesi è sempre esclusa se l’ente ha adottato efficacemente il modello. Ai fini dell’efficacia del modello il decreto richiede che:
- venga effettutata una verifica periodica del modello ovvero venga modificato se si riscontrano violazioni delle prescrizioni o se l’attività e l’organizzazione della stessa mutano;
- sia elaborato un codice disciplinare volto a sanzionare le condotte contrarie a quanto prescritto nel modello.
I requisiti del modello
Ai sensi del secondo comma dell’articolo 6 del decreto, il modello di organizzazione e gestione deve:
- individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
- prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l´attuazione delle decisioni dell´ente in relazione ai reati da prevenire;
- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell´organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l´osservanza dei modelli;
- introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
La natura della responsabilità degli enti: penale o amministrativa?
La questione sulla natura della responsabilità degli enti non è ancora del tutto risolta. Un orientamento prevalente tuttavia si è affermato in seno alla Corte di Cassazione.
La questione muove dai seguenti indicatori:
- il dato normativo parla di responsabilità amministrativa. Ciò ha fatto in passato propendere la giurisprudenza per la natura amministrativa della responsabilità;
- il presupposto oggettivo della responsabilità è un reato e la sua cognizione è devoluta dalla legge al giudice penale. Tale elemento ha fatto invece costituire l’orientamento secondo cui la responsabilità avrebbe natura penale. Ci sono tuttavia dei principi contrastanti con tale orientamento in particolare di natura costituzionale come ad esempio il principio di personalità della responsabilità penale ovvero quello del “societas delinquere non potest”.
L’orientamento prevalente pertanto, affermatosi con la nota sentenza sul gruppo Thyssenkrup della Cassazione a Sezioni Unite n. 38343/2014, si estende ad una responsabilità “mista”. Nella nota sentenza in particolare le Sezione Unite della Cassazione hanno affermato che “Il terzo indirizzo, pur rimarcando i tratti penalistici della normativa, preferisce valorizzare l’autonomia del sottosistema di cui si parla, entro il più ampio quadro del sistema punitivo che comprende sia l’illecito penale che quello amministrativo. Si riprendono le considerazioni esposte nella Relazione al D.Lgs. n. 231 per sottolineare che si è in presenza di una articolato sistema di responsabilità da reato che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo.
Si tratterebbe, peraltro, di un sottosistema distinto ma strettamente connesso al diritto penale: una sorta di terzo binario del diritto criminale”.
I reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti
Agli articoli 24 e seguenti del decreto legislativo 231/2001 il legislatore ha costruito un elenco tassativo di categorie di reati che se commessi sono presupposto oggettivo di responsabilità amministrativa degli enti. Tali categorie di reati sono:
- Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture;
- Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
- Delitti di criminalità organizzata;
- Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio;
- Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento;
- Delitti contro l´industria e il commercio;
- Reati societari;
- Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell´ordine democratico;
- Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
- Delitti contro la personalità individuale;
- Abusi di mercato;
- Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
- Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonchè autoriciclaggio;
- Delitti in materia di violazione del diritto d´autore;
- Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all´autorità giudiziaria;
- Reati ambientali;
- Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
- Razzismo e xenofobia;
- Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati;
- Reati tributari;
- Contrabbando.
Conseguenze della responsabilità amministrativa degli enti: le sanzioni
L’apparato sanzionatorio costruito per i casi di accertamento della responsabilità amministrativa degli enti assolve diverse funzioni. Il decreto infatti prevede l’applicazione di diverse sanzioni amministrative:
- pecuniaria;
- confisca;
- interdittive;
- pubblicazione della sentenza.
Le prime due sanzioni sono volte ad incidere direttamente sul patrimonio dell’ente. La prima si applica sempre quando viene accertata la responsabilità. L’articolo 12 prevede dei casi in cui il giudice può ridurne l’entità. Il pagamento della sanzione è a carico dell’ente secondo il principio della responsabilità patrimoniale dell’ente di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 231/2001. Anche la seconda sanzione è sempre applicata anche quando la pena viene patteggiata.
Le altre due sanzioni hanno lo scopo di disincentivare la commissione di illeciti da parte degli enti. L’intedizione e la pubblicazione della sentenza dovrebbero infatti incentivarli ad adottare efficacemente i modelli di gestione e organizzazione. I vari casi di interdizione previsti dalla normativa vanno a limitare l’aatività dell’ente ovvero ad influire sul suo andamento economico e quindi finanziario. La minaccia di tali conseguenze dovrebbe pertanto stimolare la prevenzione degli illeciti.
Il giudice non applica le sanzioni interdittive se, ai sensi dell’articolo 17 del decreto, prima che venga dichiarata l’apertura del dibattimento nel primo grado di giudizio l’ente ha:
- risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
- eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l´adozione e l´attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
Le misure cautelari
Infine il giudice può disporre delle misure cautelari quando in sede di accertamento della responsabilità, ove vi siano gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell´ente per un illecito amministrativo dipendente da reato, il protrarsi dell’attività possa:
- aggravare o protrarre le conseguenze del reato;
- agevolare la commissione di altri reati.
Le misure cautelari previste dal decreto sono in particolare il sequestre conservativo e il sequestro preventivo che non possono essere applicate per una durata superiore all’anno.
Aspetti processuali
La competenza a decidere sulla responsabilità amministrativa degli enti è del giudice penale.
L’ente partecipa al giudizio nella persona del proprio rappresentante legale individuato nello statuto o nell’atto costitutivo. Tale norma costituisce l’attuazione dell’articolo 35 del decreto secondo cui “All’ente si applicano le disposizioni processuali relative all´imputato, in quanto compatibili”. Il legale rappresentante dunque è il soggetto che per conto dell’ente può esercitarne i diritti e procedere con l’autodifesa a mezzo del difensore legale dell’ente. L’ente tuttavia può essere rappresentato direttamente dal difensore.
La definizione del giudizio sull’accertamento della responsabilità dell’ente è compatibile con le forme speciali del giudizio abbreviato, dell’applicazione della pena su richiesta delle parti ovvero del procedimento per decreto.