Il divorzio – indice:
- Fonti normative
- Il matrimonio
- La procedura
- Il divorzio congiunto
- Quello giudiziale
- Gli effetti
- Con figli
- Il divorzio breve
- Il mantenimento
- I costi e i tempi
Il divorzio è la procedura che consente a due persone già separate, consensualmente o giudizialmente di sciogliere il vincolo matrimoniale o farne cessare gli effetti civili che durante la separazione sono solo sospesi. Tale procedura può essere avviata su accordo dei coniugi oppure su proposta di uno solo dei due. Nel primo caso avrà luogo un divorzio consensuale e nel secondo caso un divorzio giudiziale. La procedura di divorzio è regolata dalla legge 898 del 1970.
Nel 2014 tuttavia è stata introdotta una procedura di divorzio consensuale più snella rispetto a quelle appena menzionate. Trattasi della negoziazione assistita disciplinata dal decreto legge 132/2014. Prima di poter procedere con il divorzio è necessario sia trascorso un certo periodo di tempo dall’avvenuta separazione. Con la riforma del matrimonio ad opera della legge n. 55 del 2015 sono stati abbreviati i tempi per poter divorziare. In questo senso infatti si parla di divorzio breve.
Le fonti normative: la legge sul divorzio n. 898/1970
La fonte normativa principale sul divorzio è la legge n. 898 del 1970. Si tratta di una breve legge composta da poco più di 12 articoli in cui il legislatore determina:
- le modalità di scioglimento del vincolo o della cessazione degli effetti civili;
- i presupposti della domanda di divorzio, congiunto o giudiziale;
- che dev’essere preventivamente esperito un tentativo di conciliazione dei coniugi separati;
- la competenza territoriale dell’autorità giudiziaria;
- lo svolgimento della procedura;
- i termini che devono trascorrere tra la separazione e il divorzio;
- gli effetti del divorzio;
- l’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile al coniuge che non ha mezzi adeguati per vivere o che oggettivamente non può procurarseli;
- i provvedimenti riguardo i figli;
- il tfr nel divorzio.
L’altra fonte normativa importante che ha inciso profondamente sui tempi del divorzio è la legge 55/2015. Tale legge ha infatti ridotto l’arco temporale precedentemente stabilito per poter divorziare dal quando ci si è separati. L’articolo 1 di tale legge ha modificato l’articolo 3 della legge 898/1970. I termini attualmente previsti per poter procedere con il divorzio sono:
- dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innazi al presidente del tribunale in caso di separazione giudiziale;
- sei mesi nel caso di separazione consensuale o quando la separazione giudiziale è stata convertita in separazione consensuale;
- dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistit;
- dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.
Matrimonio civile e matrimonio concordatario
Prima di procedere con l’esposizione della procedura e delle conseguenze che ne derivano, è opportuno ricordare la distinzione tra il matrimonio civile e il matrimonio concordatario. Il divorzio infatti, a seconda che sia stato contratto un tipo o l’altro di matrimonio, scioglie il vincolo o fa cessare gli effetti civili che ne derivano. Così stabiliscono i primi due articoli della legge 898/1970.
Il matrimonio civile è il vincolo contratto di fronte all’ufficiale dello stato civile secondo le norme del codice civile. Dal vincolo contratto nascono i diritti e i doveri reciproci delle parti previsti dal codice civile. Il vincolo contratto i fronte all’ufficiale dello stato civile non comporta effetti sotto il profilo religioso. Per la chiesa dunque il matrimonio civile non ha alcuna rilevanza. Il divorzio interviene per lo scioglimento del vincolo contratto come stabilito dall’articolo 1 della legge 898/1970.
L’articolo 2 della suddetta legge invece stabilisce che “Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice…pronuncia la cessazione degli effetti civili…”. Il legislatore parla di cessazione degli effetti civili per il caso in cui sia stato contratto il matrimonio concordatario. Il matrimonio concordatario è il vincolo di natura religiosa contratto di fronte al ministro di culto ed al quale vengono conferiti gli effetti civili mediante la successiva trascrizione nel registro dello stato civile. Il ministro di culto, che si occupa della trascrizione, deve infatti leggere ai nubendi gli articoli del codice civile che espongono i diritti e i doveri reciproci dei coniugi. Il divorzio non incide sul vincolo religioso, che rimane indissolubile, ma solo sugli effetti civili del matrimonio che vengono fatti cessare.
La procedura di divorzio e i presupposti
La procedura di divorzio differisce a seconda che si tratti di:
- divorzio congiunto;
- divorzio giudiziale.
In ogni caso la domanda di divorzio può essere proposta quando sussistono i presupposti previsti all’articolo 3 della legge 898/1970 ovvero:
- è stata pronunciata sentenza di separazione giudiziale passata in giudicato e sono trascorsi almeno 12 mesi dalla stessa;
- il giudice ha omologato la separazione consensuale dei coniugi e sono passati dalla stessa almeno sei mesi;
- è stata raggiunta la separazione consensuale dei coniugi mediante la procedura di negoziazione assistita e sono trascorsi sei mesi dalla sottoscrizione dell’accordo di separazione raggiunto;
- un coniuge è stato condannato penalmente per alcuni reati previsti dall’articolo 3 della legge 898/1970 dopo la celebrazione del matrimonio;
- l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;
- il matrimonio non è stato consumato;
- è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164.
Nel divorzio congiunto
La procedura di divorzio congiunto può essere svolta mediante il procedimento ordinario previsto dalla legge 898/1970 oppure mediante la negoziazione assistita.
Nel primo caso i coniugi avranno raggiunto in autonomia un accordo circa le condizioni di divorzio e dovranno presentare domanda di divorzio tramite ricorso al tribunale del luogo di residenza dell’uno o dell’altro coniuge. Dopo il deposito del ricorso in cancelleria il giudice fissa la data dell’udienza di comparizione dei coniugi che ascolterà separatamente e tenterà di conciliare. La procedura può risolversi in tale momento qualora riesca la conciliazione e ne venga redatto verbale oppure quando un coniuge rinunci alla prosecuzione.
In caso contrario il giudice accerta che vi siano le condizioni soggettive e oggettive per la pronuncia dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché l’impossibilità di continuare il rapporto coniugale. Avuto riscontro positivo dell’accertamento emette sentenza che dichiara lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La procedura ordinaria di divorzio congiunto prevede che i coniugi vengano assistiti da un avvocato in comune. È possibile nominare un difensore per parte ma soltanto a certe condizioni:
- la coppia non abbia avuto figli minori;
- non vi siano trasferimenti patrimoniali da regolare nell’accordo.
Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio possono essere ottenuti anche mediante la procedura di negoziazione assistita. Tale procedura richiede la nomina di un difensore per coniuge e si svolge integralmente con l’operato di questi senza l’intervento del tribunale. La procedura prevede il raggiungimento di un accordo che regoli anche gli aspetti patrimoniali e quelli riguardanti la prole. L’accordo viene sottoscritto innanzi ai difensori i quali avranno cura entro i dieci giorni successivi di trasmettere i documenti presso il competente ufficio dell’Ufficiale di stato civile del Comune in cui è stato celebrato il matrimonio.
Innanzi all’Ufficiale dello stato civile
Si aggiunge infine quale ulteriore modalità di esperimento del divorzio consensuale la procedura innanzi all’Ufficiale dello stato civile. Tale possibilità è stata prevista dal decreto legge 132/2014 solo a determinate condizioni. La coppia infatti non deve avere figli:
- minori;
- incapaci o portatori di handicap grave;
- maggiorenni non economicamente autosufficienti.
Il decreto legge suddetto precisa che deve trattarsi di figli nati dalla coppia. La presenza di figli di uno solo dei coniugi richiedenti il divorzio non è ostativa alla procedura innanzi all’ufficiale dello stato civile.
In quello giudiziale
La procedura di divorzio giudiziale segue a grandi linee l’iter del divorzio consensuale con la differenza che la domanda di divorzio viene fatta da uno solo dei coniugi. Le norme che regolano la procedura e la competenza del tribunale sono infatti le stese ovvero gli articoli 4 e 5 della legge 1898/1970. Alla domanda di divorzio pertanto seguirà una prima udienza di audizione delle parti in cui il giudice tenterà di conciliarle. Fallito tale tentativo il giudice verifica la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi ovvero che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita e dichiara lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili. Nel caso di divorzio giudiziale dev’essere nominato un difensore per parte.
La sentenza di divorzio deve contenere la regolamentazione dei rapporti patrimoniali degli ex coniugi nonché i provvedimenti riguardo i figli.
Gli effetti del divorzio
Pronunciata la sentenza di divorzio sono tre gli effetti principali da esso derivanti:
- la perdita del cognome del marito da parte della moglie salvo il tribunale abbia autorizzato la richiesta di mantenerlo per l’interesse dei figli o proprio meritevole di tutela;
- l’obbligo dell’assegno divorzile da corrispondere al coniuge che non ha i mezzi necessari per vivere o non è in grado di procurarseli;
- la conservazione del diritto all’assistenza sanitaria presso l’ente mutualistico cui è iscritto il coniuge divorziato qualora non se ne abbia altrimenti diritto.
Con il divorzio inoltre si regolano gli aspetti concernenti il mantenimento, l’istruzione e la cura dei figli ovvero gli aspetti patrimoniali anche eventualemente pattuiti in precedenza con una scrittura privata tra coniugi.
Infine ai sensi dell’articolo 12-bis della legge 898/1970 il coniuge nei confronti del quale è stata pronunciata la sentenza di divorzio e che riceve l’assegno divorzile ha diritto ad una quota del trattamento di fine rapporto dell’altro coniuge. La quota è pari al 40% dell’intero tfr dell’ex coniuge con riferimento al periodo durante il quale il rapporto di lavoro è coinciso con la durata del matrimonio. Il diritto alla quota di tfr spetta anche se l’indennità matura dopo la sentenza di divorzio.
Il divorzio in presenza di figli
La presenza di figli non influisce sulla procedura di divorzio che può essere intrapresa nelle forme sopra descritte quindi consensualmente nella forma ordinaria o con la negoziazione assistita oppure giudizialmente.
Le condizioni relative ai figli sono un elemento essenziale della domanda di ricorso congiunto. Nel caso di divorzio giudiziale invece l’accordo relativo alle condizioni dei figli verrà preso con il giudice nell’interesse di questi secondo le norme del codice civile. Durante la pendenza del procedimento il giudice può disporre con ordinanza dei provvedimenti temporanei ed urgenti riguardo i figli. Il giudice istrittore, successivamente nominato, tratterà poi di tali provvedimenti in sede di udienza.
Le condizioni di divorzio contenute nella sentenza dovranno provvedere con riguardo all’affidamento del figlio quando minore ovvero al suo mantenimento se non economicamente autosufficiente. I parametri seguiti dal giudice nel determinare l’affidamento e l’assegno di mantenimento sono quelli previsti all’articolo 337-ter del codice civile. In sede di divorzio pertanto possono essere modificate le condizioni concordate in sede di separazione: il giudice può determinare la conferma di quanto già stabilito in sede di separazione sia con riguardo all’assegno di mantenimento che l’affidamento. Valutate le circostanze il giudice può modificare l’affidamento e il collocamento del figlio minore, disporre l’aumento o la diminuzione dell’assegno ovvero la soppressione qualora il figlio fosse diventato maggiorenne ed economicamente autosufficiente.
Il divorzio breve
Si parla di divorzio breve con riferimento a quelle disposizioni della riforma del matrimonio avvenuta con la legge n. 55/2015. Tali disposizioni si identificano con l’articolo 1 della suddetta legge che ha ridotto i termini previsti dalla legge 898/1970 per poter divorziare.
Se prima della riforma dovevano trascorrere tre anni dall’udienza presidenziale di separazione prima di poter effettuare la domanda di divorzio dal 2015 il termine è più breve ed è stato distinto a seconda che si tratti di separazione consensuale o giudiziale.
Oggi infatti si può divorziare trascorsi sei mesi dall’udienza presidenziale di separazione consensuale o dal ragiungimento dell’accordo di separazione in caso di negoziazione assistita.
Se c’è stata la separazione giudiziale invece questa deve protrarsi per almeno 12 mesi prima di poter procedere con la domanda di divorzio. Se la separazione giudiziale viene convertita in separazione consensuale allora sarà sufficiente il termine di sei mesi per procedere con il divorzio. Un altro caso in cui è sufficiente il passaggio di sei mesi di tempo di separazione è il caso in cui la sentenza di separazione giudiziale riporti che il procedimento è stato definito a “conclusioni conformi”. In questo caso il giudice intende affermare che l’esito del procedimento è analogo a quello della trasformazione della separazione giudiziale in separazione consensuale come affermato dal tribunale di verona con sentenza n. 761/2020. Anche in questo caso il termine di sei mesi decorre dalla data dell’udienza presidenziale del procedimento iniziato come contenzioso.
Il mantenimento nel divorzio
Si parla di mantenimento nel divorzio con riferimento all’assegno di mantenimento verso i figli perché invece per quanto riguarda il coniuge si parla di assegno divorzile. Quello che in sede di separazione è il contributo economico corrisposto al coniuge economicamente più debole da parte dell’obbligato al mantenimento può diventare assegno divorzile in sede di divorzio.
Il comma sesto dell’articolo quinto della legge 898/1970 recita: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive“.
L’assegno divorzile dunque ha lo scopo di offrire un sostentamento all’ex coniuge che non ha mezzi adeguati per vivere o non può procurarseli per ragioni oggettive. E la valutazione circa l’assegnazione dell’obbligo al coniuge nonché l’ammontare dell’assegno si determina in base ai criteri suddetti nella norma. Nella valutazione pertanto si esclude che il giudice debba fare riferimento alle condizioni di vita che i coniugi conducevano durante il matrimonio. Il giudice utilizza tale parametro nella determinazione dell’assegno di mantenimento in sede di separazione.
I costi e i tempi del divorzio
I tempi del divorzio dipendono dalla procedura che si intraprende per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La procedura più breve e snella si ha tramite la negoziazione assistita qualora il divorzio sia richiesto congiuntamento dai coniugi. Con la procedura ordinaria i tempi sono un pò più lunghi e si aggirano intorno ad alcuni mesi dalla presentazione della domanda.
Si può protrarre invece anche per anni la procedura di divorzio giudiziale. La procedura infatti consiste in un vero e proprio processo civile.
Nei casi più brevi tuttavia si può giungere al divorzio giudiziale anche mediante un’unica udienza se le parti riescono in tal sede a raggiungere un accordo.
La complessità e la durata dei procedimenti è inevitabile che influisca sui rispettivi costi che saranno meno onerosi per quanto riguarda le procedure di divorzio congiunto e più onerosi per quella giudiziale.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio