La proroga del termine nel contratto preliminare di compravendita immobiliare – indice:
- Il termine nel preliminare
- I fatti di causa
- I gradi di giudizio
- I motivi del ricorso
- La proroga del termine
Dall’ordinanza n. 8765 del 2021 della Corte di Cassazione si evince che la proroga del termine pattuito nel contratto preliminare per la stipula del contratto definitivo può avvenire tacitamente.
Nel caso di specie la Corte suprema conferma con l’ordinanza suddetta quanto reso in sentenza dal giudice di merito. La mancanza della forma scritta del patto con cui le parti si accordano per la proroga del termine di stipula del contratto definitivo non ostacola l’efficacia della proroga. Le parti infatti possono accordare la proroga oralmente o desumersi da comportamenti concludenti.
Nella specie il promittente venditore accettava il pagamento di somme a titolo di caparra confirmatoria dopo la scadenza del termine previsto per la stipula del definitivo. Valutato tale comportamento come conforme a quello tenuto dallo stesso in precedenza la Corte ha ritenuto legittimo l’affidamento del promittente acquirente su una proroga del contratto definitivo.
Il termine nel contratto preliminare
Il contratto preliminare è un vero e proprio contratto con cui le parti si vincolano alla stipula di un successivo contratto chiamato definitivo. La disciplina del contratto preliminare è dettata dal codice civile. Tale raccolta normativa prevede che il contratto debba avere la stessa forma del contratto definitivo e debba contenere tutti gli elementi essenziali. Il contratto preliminare è un contratto con efficacia obbligatoria. La sua funzione cioè è quella di far sorgere in capo alle parti delle obbligazioni. L’obbligazione principale è quella di stipulare il contratto definitivo.
Le parti del contratto possono pattuire l’inserimento di un termine nel contratto preliminare per stabilire un limite temporale entro il quale stipulare il contratto definitivo. In generale, nella disciplina del contratto, il termine è un elemento accidentale e può essere un termine di adempimento o di efficacia. Specificatamente con riguardo al contratto preliminare tuttavia si è ampiamente discusso in dottrina e giurisprudenza se il termine debba intendersi come elemento essenziale. Il termine essenziale è quel termine che se viene superato senza l’adempimento determina la risoluzione del contratto di diritto.
Come ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 21587 del 15/10/2007 “In tema di contratto preliminare di compravendita, l’essenzialità del termine per la stipula del definitivo va desunta non già da mera formula di stile ma dalla volontà delle parti come emergente da specifiche espressioni adoperate dai contraenti dalle quali desumere l’intenzione di considerare ormai venuta meno l’utilità perseguita nel caso di conclusione del contratto definitivo oltre la data stabilita”.
La Cassazione tuttavia, nell’ordinanza che si andrà di seguito ad esaminare, si esprime sulla proroga del termine. Come si vedrà tale pattuizione non necessita della forma scritta.
I fatti di causa
Il caso sottoposto ai giudici della corte di Cassazione riguarda un contratto preliminare di compravendita immobiliare. Con tale contratto le parti, promissario acquirente e promittente venditore, si impegnavano alla stipula del contratto definitivo di compravendita di un immobile di proprietà di quest’ultimo. Nel contratto preliminare inserivano un termine entro il quale stipulare il contratto definitivo.
Il promissario acquirente aveva provveduto, in più momenti, al pagamento di somme in acconto a titolo di caparra confirmatoria. Tale prassi si era tenuta fino alla scadenza del termine per la stipula del finitivo. Il termine coincideva con il 13 aprile 2009 ma in coincidenza di tale data non si era giunti a nessun incontro dal notaio per il rogito dell’immobile né al pagamento del saldo. Il giorno successivo pertanto il promittente venditore diffidava il promissario acquirente a recarsi dal notaio per la stipula del contratto definitivo e il versamento del saldo del prezzo.
La diffida ad adempiere tuttavia è stata inoltrata a indirizzo inesatto e non è pervenuta al promissario acquirente. Successivamente quest’ultimo chiedeva espressamente un’ulteriore proroga del termine per la stipula del contratto definitivo. Offriva contestualmente il pagamento di un’ulteriore parte del prezzo dell’immobile oggetto di compravendita. Il promissario venditore accettava le somme pur esprimendo dissenso circa l’ulteriore proroga del termine per la stipula del definitivo.
Ritenendo dunque inadempiente il promissario acquirente per la scadenza del termine pattuito, il promissario venditore invocava l’articolo 1385 del codice civile. Riteneva di aver correttamente proceduto a recedere dal contratto ed a trattenere le somme corrisposte a titolo di caparra confirmatoria.
Oltre a ciò, in data successiva al termine per la stipula del contratto definitivo, il promissario venditore cedeva l’immobile a terzi rendendo impossibile la prestazione con il promissario acquirente.
I gradi di giudizio
Le parti si sono ritrovate coinvolte in un giudizio sollevato dal promissario venditore il quale chiedeva al giudice di dichiarare l’inadempimento del promissario acquirente. Resisteva quest’ultimo sostenendo di fronte al giudice l’avvenuta proroga tacita del termine per la stipula del contratto definitivo.
Primo e secondo grado di giudizio
In primo grado di giudizio il tribunale dichiarava la risoluzione del contratto preliminare e condannava il promissario venditore al pagamento delle somme pagate dal promissario acquirente e trattenute indebitamente. La sentenza del tribunale veniva impugnata.
La corte d’appello tuttavia confermava quanto deciso con la sentenza impugnata rigettando l’appello. Nel giudizio di secondo grado gli appellanti deducevano in particolare:
- l’indisponibilità del promissario acquirente al pagamento del saldo nonché alla stipula del contratto definitivo;
- la concessione di dilazioni di pagamento del prezzo fino ad una certa data;
- l’inadempimento del promissario acquirente che lo aveva legittimato a trattenere le somme ricevute a titolo di caparra.
I giudici tuttavia ritenevano sussistente, sebbene non formulato per iscritto, l’accordo fra le parti con cui le stesse sarebbero addivenute ad un’ulteriore proroga della stipula del definitivo e del pagamento del saldo. Il promittente venditore aveva stabilito quale termine di stipula del contratto definitivo il 13/04/2009. Successivamente a tale data tuttavia quest’ultimo aveva accettato il pagamento di un’ulteriore parte del prezzo in maniera conforme al comportamento tenuto fino ad allora. Tale comportamento dava modo al promissario acquirente di ritenere concessa la proroga del termine.
Sulla diffida ad adempiere
Condividendo inoltre quanto già affermato dal tribunale, la corte d’appello riteneva inefficace la diffida ad adempiere spedita dal promissario venditore ad un indirizzo diverso da quello risultante nel contratto preliminare e non prevenuta al promissario acquirente.
La corte inoltre considera che la comunicazione fatta al promissario acquirente di non voler concedere ulteriori proroghe al pagamento del saldo e la stipula del rogito notarile non poteva costituire diffida ad adempiere. Tale strumento infatti necessita della forma scritta. Non è stata legittimamente esercitata la risoluzione del contratto per inadempimento e la trattenuta delle somme anticipate.
In aggiunta il promittente venditore, avendo ceduto a terzi l’immobile prima della scadenza del termine pattuito nel preliminare, aveva reso impossibile la prestazione.
Il promittente venditore chiede la cassazione della sentenza della corte d’appello tramite un ricorso basato su 4 motivi.
I motivi del ricorso
Con i quattro motivi di ricorso i ricorrenti censurano la sentenza della corte d’appello relativamente ai seguenti punti:
- alla sussistente proroga del termine per la stipula del rogito notarile;
- alla non necessaria pattuizione per iscritto del termine nel contratto preliminare;
- la ritenuta inefficacia della diffida ad adempiere e l’illegittimo esercizio della risoluzione per inadempimento e la trattenuta della caparra;
- l’impossibilità di esercizio del recesso per l’impossibilità di eseguire la prestazione a seguito della cessione dell’immobile a terzi.
Primo e secondo motivo di ricorso
Nel primo motivo di ricorso i ricorrenti affermano che a seguito della proposta di proroga del termine e di offerta di un’ulteriore caparra era stato comunicato per iscritto al promissario acquirente la non volontà di concedere la proroga del termine ma soltanto di incassare la caparra. Si soffermano inoltre sul fatto che mentre nelle altre occasioni era stata pattuita per iscritto la proroga del termine in questo caso ciò non era stato fatto avendo solo manifestato la volontà di accettare la caparra.
I ricorrenti infatti contestano la valutazione della corte con riguardo alla natura del termine nel contratto preliminare ritenendolo elemento essenziale e pertanto, ai sensi del codice civile, valido solo in forma scritta. Tale contestazione viene riportata con il secondo motivo di ricorso in cui i ricorrenti affermano che mentre nelle occasioni precedenti si era pattuito per iscritto sia la consegna della caparra sia i termini di proroga della stipula del definitivo in questo caso la forma scritta riguardava solo la caparra. Anche qualora dunque avessero pattuito oralmente una proroga del termine tale proroga sarebbe risultata nulla per difetto di forma. Si sarebbe di conseguenza dovuta valutare la nullità dell’intero contratto per applicazione dell’articolo 1419 del codice civile.
Terzo e quarto motivo
Relativamente al terzo motivo di ricorso i ricorrenti invocano l’articolo 1385 del codice civile secondo il cui secondo comma “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra”. In forza di tale norma il recesso può essere esercitato anche in assenza di una diffida ad adempiere e pertanto, sebbene inefficace quella spedita, il recesso era stato esercitato legittimamente insieme alla ritenuta della caparra a fronte dell’inadempimento del promissario acquirente.
Con il quarto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1221 e 1463 del codice civile. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito di cessione dell’immobile a terzi, affermano i ricorrenti, non risolve il contratto in costanza di mora del debitore ai sensi dell’articolo 1221 del codice civile. Il recesso da loro esercitato pertanto doveva essere efficace in quanto il promissario acquirente era inadempiente e la cessione non aveva precluso l’efficacia del recesso.
La corte infine, esaminando congiuntamente il terzo e il quarto motivo di ricorso, li ritiene inammissibili per motivi prevalentemente procedurali.
La Cassazione sulla proroga del termine nel contratto preliminare
Analizzando congiuntamente il primo e il secondo motivo di ricorso la Corte ricorda che la modifica o la proroga del termine nel contratto preliminare non costituisce una proposta contrattuale che dev’essere accettata dalla controparte per iscritto. La forma scritta del contratto è prevista dal codice civile soltanto per i suoi elementi essenziali: consenso, oggetto e prezzo. A differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti il termine nel contratto preliminare non è un elemento essenziale bensì accessorio.
Ne si ha la conferma leggendo le seguenti righe della sentenza: “qualora sia previsto un termine per la stipula del contratto definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta: per quanto concerne il preliminare di vendita immobiliare, la rinuncia delle parti di modificare (o di avvalersi di) uno egli elementi accidentali del negozio, come il termine oppure una condizione, non richiede la forma scritta, sia perché detta forma è necessaria solo quando il diritto immobiliare costituisca l’oggetto diretto e immediato della rinuncia o della pattuizione, sia perché l’accordo delle parti in ordine alla rinuncia o alla modifica non incide su alcuno degli elementi essenziali del contratto…”.
La proroga tacita del termine nel contratto preliminare
La Cassazione pertanto respinge le violazioni denunciate dai ricorrenti ritenendo invece corrette le conclusioni raggiunte dalla corte d’appello. Il comportamento tenuto dal promittente venditore con l’accettazione di un’ulteriore somma a titolo di caparra confirmatoria in data successiva al termine pattuito per la stipula del rogito, essendo conforme al comportamento tenuto in precedenza, afferma la corte “si configurava come un comportamento concludente che, in quanto conforme a quelli fino a quel momento assunti dagli stessi, era tale da legittimare l’affidamento, in capo al promissario acquirente, in una (ulteriore) proroga del termine per la stipula del contratto definitivo, e cioè, in definitiva, come un’inequivoca accettazione della richiesta di proroga di tale termine che il promissario compratore aveva formulato per iscritto”.