La responsabilità disciplinare del notaio per mancata assistenza nella sede principale – una guida rapida
La sentenza Cass. civ. sez. II n. 6442 del 9 marzo 2021 fa luce sulla responsabilità disciplinare dei notai in caso di mancata assistenza del professionista nella sede principale. Gli ermellini sottolineano come tale responsabilità prevista dall’art. 26 l. n. 89 del 1913, rappresenti una condotta differente da quella indicata dall’art. 9 del codice deontologico, della presenza non consentita presso la sede secondaria.
In particolare, affermano i giudici della Suprema Corte, la violazione della prima disposizione punisce la mancata assistenza del notaio dal suo studio sulla base dell’art. 147, comma 1, lett. b) della l. n. 89/1913 con la censura, la sospensione o la destituzione.
La violazione della seconda condotta è invece finalizzata a sanzionare la presenza nella sede secondaria, lesiva del principio di etica professionale sulla base dell’art. 137, comma 2 della stessa legge, disponendo però una pena pecuniaria.
Il caso
Il caso ha origine con il provvedimento n. 197/2017 con cui La Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina (Co.Re.Di.) della Lombardia irrogava a un notaio la sanzione della sospensione dall’esercizio delle funzioni notarili per un mese.
La sanzione conseguiva l’incolpazione di avere tale professionista violato la l. n. 89/2013, art. 147 lett. b) in relazione al paragrafo 31 lett. a, b, f dei Principi di deontologia professionale dei notai. Si affermava altresì la violazione, da parte dello stesso notaio, dell’art. 147 lett. b cit. in relazione ai paragrafi 9 e 12 dei Principi, con irrogazione – concesse le attenuanti dell’art. 144 l. notarile, della sanzione di 10 mila euro, con declaratoria di estinzione, ai sensi dell’art. 145-bis l. notarile, del procedimento notarile limitatamente ad altra infrazione per la violazione dell’art. 26 l. notarile.
Il tutto, informano i giudici, sorgeva in seguito a richiesta n. 1989 del 17.12.2017 di procedimento disciplinare da parte del Presidente del Consiglio Notarile. Decidendo sul reclamo del notaio, in contraddittorio con il Consiglio notarile, la Corte di Appello di Milano con ordinanza n. 98/2019 rigettava il gravame.
Contro tale provvedimento il notaio ricorre in Cassazione.
La sentenza
Ricostruendo l’accaduto, i giudici evidenziano come il notaio sia stato sanzionato per violazione delle suddette norme per i rapporti in essere con una società a responsabilità limitata. Tali rapporti erano relativi all’ufficio secondario del notaio e, negli stessi, il Consiglio Notarile, la Co.Re.Di. e la stessa Corte di Appello avevano riscontrato un’attività volta al procacciamento di clientela con prestazioni effettuate dal professionista in modo ricorrente presso terzi.
Ora, fermo restando quanto sopra introdotto, la parte ricorrente avanza doglianze con 10 distinti motivi di ricorso. Si esaminano in brevità i più importanti.
La concessione in uso dello studio professionale del notaio
Per quanto ad esempio riguarda la violazione dell’art. 360 c.p.c. n.5, la censura non può essere accolta perché il ricorrente si duole del mancato esame da parte della Corte d’appello del dato, attestato dal contratto di “concessione in uso di studio professionale e di segretariato” e dall’istruttoria disciplinare, “che il corrispettivo de quo (liberamente pattuito inter partes per iscritto) era volto a remunerare i servizi di segretariato e le attività di “redazione di bozze, espletamento visure ipo/catastali, istruzione di pratiche assegnate dal notaio alla società” resi dalla srl se e in quanto svolti su richiesta del Notaio e per le pratiche dallo stesso indicate.
Gli ermellini evidenziano tuttavia che il consolidato orientamento giurisprudenziale ricorda che può farsi ricorso a censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 solo se vi è un vizio consistente nella “sostanziale mancanza di motivazione”, cosa che tuttavia non si ravvisa nel caso in esame.
Ciò posto, la sentenza di Cassazione rileva come la doglianza del ricorrente sia incentrata sulla valutazione dei fatti da parte del giudice del merito ma non colga la ratio decidendi addotta dalla Corte d’appello sul punto.
La Corte, infatti, partendo dall’esame dei fatti rilevanti risultanti dall’istruttoria, e in particolar modo
- l’elevatissima somma riconosciuta dal notaio alla srl sulla base del fatturato realizzato in relazione alle pratiche svolte presso la sede secondaria
- la presenza di targa di detta società, posta fuori dell’ufficio
- la risposta dell’operatrice telefonica alle chiamate presso detto ufficio secondario
ha ritenuto l’esistenza di un accordo sottostante tra il notaio e la srl “in base al quale il versamento alla società di una quota percentuale dei compensi incassati dal Notaio è la provvigione pattuita per ogni pratica procurata”.
La stipula dal notaio degli atti in recapiti diversi
Il notaio ricorrente sostiene di essere stato sanzionato con riferimento all’art. 147, comma 1, lett. b) della Legge notarile, con riferimento all’art. 9 C.D.N. (avere effettuato “la stipula di numerosi atti in recapiti diversi durante i giorni di assistenza alla sede”), condotta già contestatagli all’inizio del procedimento quale violazione dell’art. 26 Legge notarile, e oggetto di oblazione ex art. 145-bis Legge notarile, per la frequenza di atti stipulati nel territorio di un altro Comune. A riguardo, la Corte del merito avrebbe valutato questione diversa, esprimendosi per la tesi astratta del conflitto apparente di norme.
In particolare, il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha affermato l’irrilevanza del richiamo alla pronuncia Cass. 24730/2016, che sarebbe coincidente con la fattispecie in esame, secondo cui, “il Notaio che abbia rogato un numero elevato di atti fuori sede nei giorni di presenza obbligatoria nel suo ufficio, non è perseguibile ai sensi del combinato disposto delle disposizioni del C.D.N. e dell’art. 147, comma 1 Lett. b), L.N., ma dal combinato disposto degli artt. 26 e 137 L.N.”.
Ciò posto, la Cassazione ricorda che l’art. 9 del C.D.N., nella Sezione II, Dell’ufficio secondario, prescrive che “è vietato al notaio assistere ad uffici secondari nei giorni fissati per l’assistenza alla sede”. Ancora, l’art. 26, L.N. dispone che “per assicurare il funzionamento regolare e continuo dell’ufficio, il notaro deve tenere nel Comune o nella frazione del Comune assegnatagli studio aperto con il deposito degli atti, registri e repertori notarili, e deve assistere personalmente allo studio stesso almeno tre giorni a settimana e almeno uno ogni quindici giorni per ciascun Comune o frazione di Comune aggregati”.
L’assenza dallo studio
Ora, come osservato correttamente dalla Corte di appello, era stata censurata la stipula da parte del notaio. di atti nella precedente sede secondaria e quindi il mantenimento della vecchia sede secondaria con la conseguente assenza dallo studio. Con la richiesta di riassunzione del procedimento disciplinare si è addebitata al notaio la stipula di numerosi atti in recapiti diversi secondari durante i giorni di assistenza obbligatoria alla sede principale.
Per gli Ermellini non può sostenersi che l’addebito contestato al notaio fosse già ricompreso nel secondo addebito originario data la diversità della condotta sussumibile nell’art. 26 Legge notarile, rispetto a quella sanzionata dall’art. 9 C.D.N..
I giudici commentano come sia ben diversa la ratio dell’una e dell’altra disposizione. L’art. 26 cit. vuole infatti sanzionare l’assenza del notaio dal suo studio. L’art. 9 cit. sanziona invece il non corretto rapporto tra la sede principale e la sede secondaria.
La differenza delle sanzioni che sono previste dall’art. 147 lett. B) L.N. (censura, sospensione o anche destituzione) rispetto alle sanzioni meramente pecuniarie che sono relative alla violazione dell’art. 26 L.N., è dunque spiegabile nel maggiore disvalore insito nella non occasionalità della condotta deontologicamente illecita.
Da quanto sopra ne deriva l’esclusione della violazione del principio del ne bis in idem, considerato che la mancata assistenza alla sede principale è condotta diversa da quella di stipula di atti presso l’ufficio secondario nei giorni della prescritta assistenza obbligatoria alla sede principale.
Gli orientamenti giurisprudenziali
Non è nemmeno applicabile nella fattispecie in esame il principio di diritto espresso nella pronuncia 24730/16, secondo cui la contemporanea previsione, “nella legge professionale e nel codice deontologico, di condotte analoghe non crea dubbi interpretativi laddove nel testo di rango sovraordinato nell’ordine delle fonti sia contenuta tutta la disciplina sanzionatoria, trovando in questo caso applicazione solo la legge professionale, mentre l’analoga previsione rinvenibile nel codice deontologico non assume valore di precetto autonomamente sanzionabile, dato che in detta fattispecie si discuteva del medesimo obbligo di presenza in studio, di cui all’art. 26 L. notarile e art. 6 del codice deontologico, mentre nel caso del notaio Z. la condotta sanzionata è caratterizzata dall’avere stipulato sistematicamente presso l’ufficio di Limido Comasco, anche dopo avere cessato di avere ivi la sede secondaria, e presso la sede secondaria di Villa Guardia, anche prima di averla istituita come tale”.
Ricostruendo l’orientamento giurisprudenziale, inoltre, i giudici rammentano come la pronuncia 22910/15 abbia affermato che l’interpretazione secondo cui gli artt. 6 e 9 rientrerebbero nell’ambito dell’obbligo di assistenza alla sede delineato dall’art. 26 L.N. è errata, “in quanto non considera che, mentre tale norma riguarda la mancata assistenza alla sede, l’art. 9 del codice deontologico sanziona la presenza non consentita del Notaio nella sede secondaria, “presenza ” che viola il principio di etica professionale e che non coincide con l’addebito di “assenza” dalla sede principale così da restare, quanto meno implicitamente, inclusa nella previsione dell’art. 26 L.”.
La stipula di atti e l’assistenza alla sede del notaio
Ancora, secondo il ricorrente sarebbero ben diversi i concetti di “stipula di atti” e di “assistenza alla sede”, con quest’ultima attività che è relativa a:
- disbrigo di faccende organizzative
- direzione e controllo delle mansioni svolte dagli addetti alla struttura
- ricevimento dei clienti
- prestazione di consulenza e programmazione delle relative attività.
Da ciò ne deriva che la stipula di atti fuori dalla sede principale non implica di per sé una “mancata assistenza” alla sede principale e quindi nella specie non rientrerebbe nell’art. 9 C.D.N. la specifica condotta attribuita al notaio.
Il notaio sostiene che è legittima la stipula di atti in recapiti diversi durante i giorni di assistenza alla sede se non comportano omessa “assistenza alla sede” ed evidenzia come la Corte del merito non si sia preoccupata di verificare in quali giorni ed in quali orari sarebbero stati stipulati gli atti indicati.
Gli Ermellini ritengono speciosa la distinzione tra “assistenza alla sede” e “stipula di atti”, alla stregua del rilievo della fondamentale funzione pubblicistica del notaio, obbligato al rispetto dei doveri di condotta “formali”.
Il ritardo nella comunicazione dal notaio
Con il sesto motivo il notaio lamenta il fatto che sarebbe stato erroneamente sanzionato il ritardo nella comunicazione dell’esistenza di una sede secondaria. In particolare, sostiene che sarebbe stato violato l’art. 12 cit. poiché la stessa disposizione avrebbe ad oggetto solo l’omessa comunicazione.
In realtà, la Corte ribadisce la corretta interpretazione sull’obbligatorietà di una tempestiva comunicazione dell’esistenza della sede secondaria. Elemento che la Co.Re.Di. ha opportunamente valutato nell’infliggere la sanzione pecuniaria al posto della sospensione, riconoscendo circostanza attenuante. Quanto infine alla lamentata pretesa occasionalità della condotta, la Corte rileva che in realtà si è trattato di un comportamento protrattosi per alcuni mesi, da cui la non occasionalità.
Tra gli altri motivi di doglianza, le censure del notaio involgono lamentele e censure “sugli aspetti sanzionatori”. Anche in questo caso i motivi non possono essere accolti, respingendo così l’idea secondo cui la sanzione da applicare al notaio incolpato dovesse essere unitaria considerato che contestate violazioni erano sussumibili tutte nell’alveo dell’art. 147 cit..
In realtà, anche questa prospettazione è errata. Con la norma citata, infatti, possono essere sanzionate condotte illecite consistenti in vari tipi di azioni ed attività non del medesimo genere. “In ipotesi venivano contestate differenti attività non consentite quali, nella concreta fattispecie, l’approfittarsi di procacciatori di affari e la violazione delle disposizioni in tema di regolare funzionamento della sede notar principale e secondaria” – si legge nelle motivazioni della sentenza.
Dunque, è ovvio che dinanzi a una pluralità di attività sanzionabili si poteva procedere con l’irrogare più di una sanzione.
La tempestività dell’oblazione
Passando poi all’ultimo motivo, il notaio ricorrente sostiene che se la Co.Re.Di. si fosse pronunciata tempestivamente sull’oblazione, il procedimento disciplinare si sarebbe esaurito nella disamina del primo addebito originario. Da qui discenderebbe la violazione dell’art. 145-bis, commi 1 e 2, L.N., e la nullità del provvedimento del 2/5/2017, “che si fonda su documenti relativi al secondo addebito (oblato) e su elementi (documentali e non) desunti dall’istruttoria condotta sul secondo addebito (che era stato già oblato) così come sono nulli, per nullità derivata, gli atti successivi sino alla decisione; sostanzialmente la parte si duole del mancato tempestivo arresto del procedimento disciplinare, con tutto ciò che ne è conseguito”.
Gli Ermellini, ribadito quanto correttamente già rilevato dalla Corte d’appello, ricordano tuttavia che l’estinzione dell’illecito per oblazione non è automatica, ma consegue alla verifica delle condizioni oggettive e soggettive.