Assicurazione auto: risarcimento dovuto anche se il costo supera il valore dell’auto
Con la sentenza Cass. civ., Sez. III, Ord., n. 10686 del 20 aprile 2023, la Corte ha affermato che il danneggiato ha sempre diritto alla riparazione del veicolo, anche se il costo è maggiore del suo valore, e sempre che non aumenti il valore dell’auto.
Si tratta di una pronuncia particolarmente interessante e che potrebbe contribuire a tracciare un chiaro solco in questo ambito. Cerchiamo di apprezzarne insieme le principali caratteristiche e le conseguenti motivazioni.
I fatti
Con due atti di citazione distinti il conducente e la proprietaria di una vettura hanno agito per il risarcimento dei danni riportati a causa di un incidente stradale che imputavano ad esclusiva responsabilità del conducente di un’altra autovettura e assicurata presso la A. Assicurazioni. Il conducente richiedeva il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alle lesioni riportate, mentre la proprietaria richiedeva il risarcimento dei danni materiali subiti dalla vettura.
Riunite le due cause, il Giudice di Pace ha accolto parzialmente le domande, affermando la paritaria responsabilità concorsuale dei due conducenti e condannando la compagnia assicurativa al pagamento di 3.680,50 euro in favore della conducente e di 1.338,42 Euro in favore della proprietaria, oltre accessori e rimborso delle spese di lite.
La compagnia assicurativa propone appello e, in riscontro, il Tribunale riforma parzialmente la sentenza di primo grado, accertando un maggiore concorso di responsabilità (del 60%) a carico del conducente del veicolo che ha provocato l’incidente, ma riducendo gli importi risarcitori a 2.144,04 Euro in favore della conducente e in 981,14 Euro in favore della proprietaria, oltre interessi e rivalutazione. Il Tribunale ha dunque condannato gli appellati a restituire alla compagnia le somme percepite in eccesso. I due hanno così proposto ricorso in Cassazione affidandosi a quattro motivi.
La reintegrazione in forma specifica e l’assicurazione auto
Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto di liquidare il danno alla vettura per equivalente (in relazione al valore ante sinistro del mezzo) e non in forma specifica (in relazione al costo delle riparazioni effettuate), rilevandosi che il risarcimento per equivalente “può essere usato come criterio di liquidazione del danno soltanto quando vi può essere locupletazione per il danneggiato e nelle ipotesi di particolare difficultas prestandi del debitore“.
Per i ricorrenti, anche a voler considerare eccessivamente oneroso il risarcimento in forma specifica, il Tribunale avrebbe dovuto considerare i costi necessari per la sostituzione del veicolo incidentato (spese di rottamazione, spese per nuova immatricolazione, bollo non goduto, fermo recupero analogo mezzo), mentre non avrebbe potuto escludere il risarcimento in forma specifica e, al tempo stesso, parametrare il danno per equivalente al solo valore ante sinistro del mezzo per il fatto che la proprietaria aveva preferito procedere alla riparazione.
Il motivo è fondato
Per i giudici il motivo è fondato. Si ricorda che la disposizione dell’art. 2058 c.c. prevede che il danneggiato possa chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile (1 co.), consentendo tuttavia al giudice di disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.
Pertanto, in relazione al danno subito dal veicolo, nel primo caso la somma dovuta è calcolata sui costi necessari per la riparazione, nel secondo è riferita alla differenza fra il valore del bene integro (ossia nel suo stato ante sinistro) e quello del bene danneggiato, e cioè alla “differenza fra il valore commerciale del veicolo prima dell’incidente e la somma ricavabile dalla vendita di esso, nelle condizioni in cui si è venuto a trovare dopo l’incidente, con l’aggiunta ulteriore della somma occorrente per le spese di immatricolazione e accessori del veicolo sostitutivo di quello danneggiato” (così Cass. n. 4035/1975).
Un rapporto di regola ed eccezione
Per gli Ermellini le due modalità di liquidazione ora citate per l’assicurazione auto si pongono in un rapporto di regola ed eccezione: la reintegrazione in forma specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria. Tuttavia, tale forma può essere derogata dal giudice in favore del risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata.
Per quanto concerne invece l’eccessiva onerosità, la giurisprudenza di legittimità l’ha ritenuta ricorrente “allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo” (così Cass. n. 2402/1998, Cass. n. 21012/2010 e Cass. n. 10196/2022), rilevando che, se la somma occorrente per la reintegrazione in forma specifica “supera notevolmente il valore di mercato dell’auto, da una parte essa risulta eccessivamente onerosa per il debitore danneggiante e dall’altra finisce per costituire una locupletazione del danneggiato” (Cass. n. 24718/2013).
Per il Collegio, nel bilanciare da una parte l’esigenza di reintegrare il danneggiato nella situazione antecedente al sinistro e dall’altra parte quella di non gravare il danneggiante di un costo eccessivo, l’eventuale locupletazione per il danneggiato costituisce un elemento idoneo a orientare il giudice nella scelta della modalità liquidatoria e, al tempo stesso, un dato sintomatico della correttezza dell’applicazione dell’art. 2058, 2 co. c.c..
Va così considerato che il danneggiato può avere serie ed apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato e che una piena soddisfazione delle sue ragioni risarcitorie può comportare un costo anche notevolmente superiore a quello della sostituzione.
L’obbligo risarcitorio per l’assicurazione auto
Dall’altro canto, al debitore non può certamente essere imposta sempre e comunque la reintegrazione in forma specifica: l’obbligo risarcitorio deve essere comunque parametrato a elementi oggettivi. Pur tenendo conto dell’interesse del danneggiato al ripristino del bene e della possibilità che i costi di tale ripristino si discostino anche in misura sensibile dal valore di scambio del bene, non può consentirsi che al danneggiato venga riconosciuto più di quanto necessario per elidere il pregiudizio subito.
In questo scenario, la giurisprudenza di legittimità ha individuato il punto di equilibrio delle contrapposte esigenze facendo riferimento alla necessità che il costo delle riparazioni non superi “notevolmente” il valore di mercato del veicolo danneggiato. Il criterio ha come obiettivo quello di tutelare in maniera adeguata la posizione dell’obbligato rispetto agli eccessi liquidatori, e considerare anche la necessità di non sacrificare specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato il proprio mezzo.
La verifica dell’eccessiva onerosità e l’assicurazione auto
In questo senso, per i giudici deve ritenersi che, ai fini dell’applicazione dell’art. 2058, 2 co. c.c., la verifica dell’eccessiva onerosità non può basarsi solo sull’entità dei costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato.
Così ritenuto, i giudici ritengono fondata la censura della conducente dell’auto laddove ha lamentato che il Tribunale non ha considerato se la reintegrazione in forma specifica determinasse una locupletazione per il danneggiato, limitandosi invece a rilevare che la riparazione comportava il pagamento, a carico dei danneggianti, di “una somma pari quasi al doppio del valore del veicolo“, senza nulla dire circa il fatto che la riparazione comportasse un aumento di valore del veicolo rispetto a quello ante sinistro.