Imposta sulle scommesse, presupposti soggettivi e oggettivi – guida rapida
- L’imposta da attività raccolta scommesse
- Il primo giudizio sull’imposta sulle scommesse
- La decisione della Corte sull’imposta
- I requisiti di applicazione
- La selezione degli scommettitori
- L’indebita applicazione retroattiva delle disposizioni
La sentenza del 25/08/2023 n. 4942, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, ha affermato che i centri di trasmissione dati (CTD) sono soggetti passivi dell’imposta unica sulle scommesse.
Sulla base di questo principio, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sottolineando come la raccolta delle scommesse mediante CTD costituisca presupposto oggettivo per applicare l’imposta.
Nella fattispecie in esame, come vedremo, i giudici laziali considerano come irrilevante il fatto che la scommessa sia trasmessa telematicamente all’estero, considerato che il contratto tra lo scommettitore e il CTD è comunque perfezionato in Italia.
L’imposta da attività di raccolta scommesse
Con la precedente sentenza n. 13853/1/21 depositata il 13.12.2021, la Commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto il ricorso proposto da un contribuente contro l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia dei Monopoli alla parte ricorrente in qualità di obbligato solidale pro quota con il bookmaker estero, per l’attività di raccolta scommesse esercitata, con il quale veniva determinata l’Imposta Unica per il 2013 per attività di raccolta fisica di scommesse svolta in Canosa di Puglia per conto del bookmaker stero SKS 365 di Malta Ltd, privo di autorizzazione ad operare in Italia.
Il ricorrente, nel suo ricorso, eccepiva:
- la mancanza dei presupposti per l’accertamento, sostenendo di aver cessato l’attività di raccolta delle scommesse nel 2011 e di aver effettuato la cessazione della ditta individuale in data 09.12.2011;
- il difetto di motivazione dell’atto impugnato;
- la mancanza del contraddittorio;
- la violazione della normativa comunitaria;
- l’inapplicabilità delle sanzioni per incertezza normativa.
Si costituiva l’Agenzia Doganale sostenendo invece la correttezza del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
Il primo giudizio sull’imposta sulle scommesse
I primi giudici accoglievano il ricorso ritenendo corretta l’eccezione posta dal ricorrente sul difetto di presupposto impositivo per la documentata cessazione dell’attività in data antecedente rispetto all’anno di imposta di cui all’avviso di accertamento, condannando l’Agenzia alle spese di lite.
Dinanzi a tale giudizio, l’Agenzia ha però proposto appello, ritenendo erronea la decisione dei giudici di prime cure, domandando la riforma della sentenza e la decisione sulle spese di lite secondo giustizia.
A sua volta, il contribuente si costituiva con proprie controdeduzioni. Faceva rilevare l’inammissibilità per la mancanza dei motivi di impugnazione e l’infondatezza dell’appello, valutato che lo stesso conteneva delle mere enunciazioni riferibili ad un’attività investigativa che riguardava un altro soggetto giuridico (il bookmaker).
La decisione della Corte sull’imposta sulle scommesse
L’appello viene ritenuto fondato dalla Corte e, di conseguenza, accolto.
In particolare, l’avviso di accertamento impugnato richiama in modo puntuale il contenuto essenziale del provvedimento della Guardia di Finanza del 14.12.2017, in cui in allegato risulta una griglia di gestori dei punti di raccolta delle scommesse in Italia, che riscuotono le giocate.
Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia Dogane e Monopolio è risultato che il contribuente, anche se nel 2011 ha chiuso la sua attività commerciale, ha comunque continuato a raccogliere scommesse per conto di SKS365 attraverso altre modalità, in totale evasione dell’imposta unica.
Ora, sulla determinazione della base imponibile del tributo, i giudici premettono come l’articolo 24, comma 8, del decreto-legge n. 88/2011, convertito nella legge n. 111/2001, preveda che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deve procedere alla rettifica e all’accertamento dell’imposta dovuta sulle scommesse anche utilizzando metodologie induttive di accertamento.
Nella fattispecie in esame, l’ADM ha considerato congruo l’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza, la quale ha usato i supporti informatici forniti dalla società estera SKS 365, da cui emergeva l’importo delle giocate effettuate anche nel punto vendita gestito dall’appellante. Ha inoltre usato il valore della raccolta media della provincia, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale.
Gli elementi, proseguono le motivazioni erano dati cui anche il contribuente poteva su richiesta accedere. Il contribuente non ha invece fornito prova contraria all’accertamento operato dall’Ufficio.
Richiamando alla mente la pronuncia della Corte di Cassazione, gli ermellini avevano escluso (ordinanza n. 14290/14) che
le risultanze emerse dalla attività di verifica prodromica all’emissione dell’avviso di accertamento o di rettifica non possano costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva a tale avviso sottesa, per il solo fatto della mancanza immediata di contestazione del contribuente in sede di verifica.
I requisiti per l’imposta sulle scommesse
Per quanto poi attiene il requisito di territorialità per l’applicazione dell’imposta unica che non potrebbe essere richiesta in Italia per essere l’allibratore un soggetto di diritto austriaco, nonché la carenza di soggettività passiva dell’affiliato (e conseguente carenza di solidarietà dell’allibratore), si ricorda come la sede legale dell’allibratore in un altro Paese dell’Unione non rilevi, considerato che è la raccolta delle scommesse a costituire il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta.
Il soggetto passivo è il CTD che permette la scommessa e l’accordo si conclude in Italia.
Le modalità concrete di svolgimento dell’attività da parte dell’esercente italiano prevedono il rilascio della ricevuta a fronte dell’introito dell’importo della giocata, come titolo che serve a certificare l’accettazione della scommessa ad opera dell’operatore interno, sulla base del quale lo scommettitore potrà avere successivamente diritto all’incasso della giocata.
Si legge inoltre nelle note che la scommessa a quota fissa intesa quale scommessa per la quale la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata, e rappresenta un contratto tra l’esercente italiano e il giocatore (scommettitore) o, comunque, pur se la proposta del giocatore viene trasmessa telematicamente all’estero, ciò non costituisce elemento rilevante, atteso che l’attività si concretizza nel territorio dello Stato per il tramite di operatori che operano “per conto” del soggetto estero.
Per quanto poi riconducibile al presupposto soggettivo, il Collegio osserva come l’imposta unica si applica all’importo delle giocate e non al reddito ritratto dall’operatore comunitario in relazione al rischio di impresa che si assume.
La selezione degli scommettitori
I giudici tributari condividono così come l’esercente sia tenuto a selezionare gli scommettitori applicando i divieti di legge e agendo in proprio per accertare e valutare la sussistenza delle condizioni che consentono la giocata, e come il CTD trattenga costantemente una parte delle somme raccolte ed agisca in maniera discrezionale nell’individuare le modalità con cui presidia il banco a cui affluiscono le scommesse, individuando il personale da impiegare allo scopo, sia in qualità che in quantità.
Il CTD svolge pertanto un’attività di gestione dei concorsi mediante autonoma organizzazione imprenditoriale, in responsabile solidale con il SKS365 Group. Come tale, non si può certo dubitare come l’attività svolta dallo stesso sia assimilabile alla gestione per conto terzi e vada assoggettata a imposta.
Ancora, la nota precisa che gli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 504 del 1998, letti con riguardo all’art. 1, c. 66 lett. a) della legge di interpretazione autentica n. 220/2010, equiparano, ai fini dell’assoggettabilità all’imposta unica, chi gestisce le scommesse per conto proprio con colui che invece lo fa per conto di terzi, come i CTD.
In questo ultimo caso non si è infatti in presenza di una mera attività di intermediazione, ma di una vera e propria agenzia di scommesse che ha accettato e pagato le vincite con denaro contante.
In aggiunta a ciò, i giudici ricordano come l’autorizzazione che è stata conseguita dalla SKS365 Malta Ltd nel Paese di origine non avrebbe affatto consentito – in relazione al periodo oggetto dell’accertamento tributario – di operare lecitamente in Italia, nemmeno mediante il contratto di stabilimento concluso con il CTD: non si può infatti in alcun modo ritenere giuridicamente plausibile e accettabile una attività negoziale diretta all’elusione del Fisco, attività che invece assume la forma di un “abuso di diritto” tesa a trarre indebiti vantaggi fiscale.
Indebita applicazione retroattiva
Risulterebbe essere altresì infondata la censura che è relativa all’indebita applicazione retroattiva di disposizioni, non meramente interpretative, ma innovative. Per i giudici, “è pacifico che l’art. 1, 66 c. lett. a) della L. n. 220 del 2010 è nonna di interpretazione autentica per fugare dubbi interpretativi degli articoli 1 e 3 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, come espressamente recita la norma”:
- Ferma restando l’obbligatorietà, ai sensi della legislazione vigente, di licenze, autorizzazioni e concessioni nazionali per l’esercizio dei concorsi pronostici e delle scommesse, e conseguentemente l’immediata chiusura dell’esercizio nel caso in cui il relativo titolare ovvero esercente risulti sprovvisto di tali titoli abilitativi, ai soli fini tributari:
- a) l’articolo 1 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
- b) l’articolo 3 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni.
Conclusione
Per quanto poi concerne la mancata rimessione degli atti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia dell’U.E., la Commissione osserva come le norme italiane non siano in conflitto con norme UE in quanto, con riferimento al configurarsi di una doppia imposizione in capo all’operatore comunitario, “alcun elemento di prova è stato esibito dalla parte privata per provare che lo stato austriaco in cui risiede la SKS365 Malta Ltd preveda la tassazione dell’importo delle scommesse giocate e che un’imposta sia effettivamente applicata alla fattispecie di cui è causa”.
In carenza di un regime specifico di armonizzazione non può darsi luogo al sindacato inerente al configurarsi di doppia imposizione per il quale è necessario individuare le fattispecie impositive produttive del fenomeno.
Per i giudici non si ravviserebbe nemmeno alcuna incostituzionalità dell’art. 1 co. 66 lett. b) legge stabilità 2011, per la ragione che “l’assoggettamento all’imposta di, quei soggetti che, non essendo concessionari o titolari di autorizzazione alla raccolta delle scommesse, non sono collegati al totalizzatore nazionale, non esclude che il volume della raccolta sia determinato, come nella fattispecie, con l’esercizio dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria e che l’imposta sia applicata con le aliquote previste”.
Per questi motivi l’appello va accolto.