Trasferimento del conto corrente e sanzioni per la banca – guida rapida
Con Decisione n. 26 del 2 gennaio 2024 il Collegio di coordinamento ha affrontato il tema del trasferimento del conto corrente presso altra banca e dell’eventuale applicazione delle sanzioni dell’art. 126 septiesdecies, 2° comma, TUB.
Vediamo insieme come si è svolta l’analisi da parte del Collegio e quali sono le considerazioni svolte.
Il ritardo nel trasferimento del conto corrente bancario
Il caso trae origine dal ricorso di un correntista che afferma di aver comunicato via PEC alla banca la volontà di chiudere il proprio conto corrente.
La chiusura si sarebbe però perfezionata solamente sei mesi dopo e, dunque, ben oltre i 12 giorni lavorativi dopo la comunicazione.
A causa di questo ritardo, il ricorrente ha richiesto all’istituto di credito un indennizzo ex art. 126 septiesdecies, 2° comma, TUB, secondo cui:
Salvo il diritto al risarcimento del danno ulteriore, anche non patrimoniale, in caso di mancato rispetto degli obblighi e dei termini per il trasferimento dei servizi di pagamento, il prestatore di servizi di pagamento inadempiente è tenuto a corrispondere al consumatore, senza indugio e senza che sia necessaria la costituzione in mora, una somma di denaro, a titolo di penale, pari a quaranta euro. Tale somma è maggiorata inoltre per ciascun giorno di ritardo di un ulteriore importo determinato applicando alla disponibilità esistente sul conto di pagamento al momento della richiesta di trasferimento un tasso annuo pari al valore più elevato del limite stabilito ai sensi e in conformità all’articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, nel periodo di riferimento.
La banca resiste, ricordando che il servizio Telepass family che risultava essere stato associato al conto corrente intestato al ricorrente sarebbe stato revocato soltanto il 23 settembre 2022 e che dopo la richiesta di chiusura di tale conto corrente, e fino al 13 settembre 2022, sarebbero state contabilizzate diverse spese che hanno comportato una dilatazione del termine massimo per il completamento di tale operazione.
Soprattutto, almeno ai fini dell’odierno commento, per la banca l’art. 126 septiesdecies, 2° comma, TUB sarebbe applicabile soltanto alla portabilità del conto corrente bancario, e non invece alla sua chiusura con contestuale trasferimento del saldo attivo su un conto corrente che il cliente abbia aperto presso un’altra banca.
L’applicazione dell’art. 126 septiesdecies 2° comma TUB
Per il Collegio di coordinamento il tema centrale e preliminare è stabilire se l’art. 126 septiesdecies, 2° comma, t.u.b. sia applicabile al (ritardo nel trasferimento di un) conto corrente bancario.
Rileva il Collegio in questo proposito che con sua decisione n. 26297 del 13 dicembre 2019, aveva già espresso una conclusione negativa, enunciando il seguente principio di diritto:
Le diversità strutturali e disciplinari tra conto corrente bancario e conto di pagamento escludono l’applicabilità al primo della penale di diritto privato per il ritardo nel trasferimento dei servizi di pagamento di cui all’art. 126 septiesdecies TUB
Ricorda ancora il Collegio che sulla base di questo orientamento interpretativo diversi Collegi territoriali si sono già uniformati. Si è tuttavia discostato il Collegio di Torino, che con decisione n. 2808 del 22 marzo 2023 ha invece affermato quanto segue:
Il deposito bancario in conto corrente, preordinato, tra l’altro, a registrare e consentire operazioni dispositive, non è che una delle possibili “forme” di conto di pagamento e ne condivide natura e funzioni: un’interpretazione logica e razionale del precetto, dunque, non può che condurre all’uniformità del regime sanzionatorio applicabile, nell’ottica di una salvaguardia effettiva degli utenti in sede di c.d. “portabilità” dei rapporti e del conseguente incremento del livello di concorrenzialità del mercato dei servizi bancari (cfr., tra le molte fonti, il considerando 9 della Dir. 2014/92/UE e la nota della Banca d’Italia, Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria – Servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio, intitolata “Trasferimento dei servizi di pagamento”, del 22.06.2017).
Nel merito, si rileva pertanto come la disciplina giuridica di cui si tratta è stata introdotta dal legislatore italiano per dare attuazione alla direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base (c.d. PAD, Payment Accounts Directive).
La definizione di conto di pagamento
Per delimitare l’àmbito oggettivo di applicazione delle disposizioni introdotte in tal modo, nel nuovo capo II ter del testo unico bancario il legislatore italiano ha dettato le definizioni contenute nell’art. 126 decies, 3° comma, TUB, che non ricomprendono quella di “conto di pagamento”.
Per comprenderla bisogna quindi riferirsi all’art. 126 decies, 4° comma, TUB, secondo cui fatto salvo quanto previsto dal comma 3, ai fini del presente capo si applicano inoltre le ulteriori definizioni di cui all’articolo 2 della direttiva 2014/92/UE.
Ai sensi degli artt. 126 decies ss. TUB vale pertanto la definizione di “conto di pagamento” che è richiamata dall’art. 2 (Definizioni), n. 3, della suddetta direttiva, secondo il quale si tratta di “un conto detenuto in nome di uno o più consumatori usato per l’esecuzione delle operazioni pagamento”.
Peraltro, nella sentenza del 4 ottobre 2018, causa C-191, è stata la stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea a precisare che
la definizione prevista all’articolo 2, punto 3, della direttiva sui conti di pagamento è quasi identica a quella che compare nell’articolo 4, punto 14, della direttiva sui servizi di pagamento. Infatti, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 54 delle sue conclusioni, l’unica differenza, attinente al fatto che il termine “consumatore” utilizzato nella prima di tali definizioni è sostituito dall’espressione “utente di servizi di pagamento” nella seconda di esse, traduce non una differenza sostanziale nella definizione di tale nozione, ma, piuttosto, una differenza nell’oggetto delle due direttive di cui trattasi.
Ancora, l’art. 2 (Definizioni), n. 5, della direttiva 2014/92/UE definisce l’operazione di pagamento come “l’atto, disposto dal pagatore o dal beneficiario, di depositare, trasferire o ritirare fondi, indipendentemente da ogni obbligazione sottostante tra il pagatore e il beneficiario”.
La definizione secondo il giudice
Combinando tali definizioni il giudice giunge così alla conclusione secondo cui, ai sensi degli artt. 126 decies ss. TUB, per “conto di pagamento” deve intendersi un conto detenuto in nome di uno o più consumatori, usato per depositare, trasferire o ritirare fondi, indipendentemente da ogni obbligazione sottostante tra il pagatore e il beneficiario.
Sulla base di ciò, il Collegio di coordinamento ha ritenuto che il conto corrente bancario rientri in tale definizione di “conto di pagamento”, in linea con la ultima decisione del Collegio di Torino.
In particolare, nel senso di questa interpretazione della direttiva di cui si tratta depone il suo considerando n. 12, nella parte in cui esso afferma quanto segue:
Tutte le disposizioni della presente direttiva dovrebbero riguardare i conti di pagamento mediante i quali i consumatori sono in grado di effettuare le seguenti operazioni: deposito di fondi e prelievo di contante, ed esecuzione e ricezione di operazioni di pagamento a favore di terzi e da questi ultimi, compresa l’esecuzione di bonifici. Di conseguenza, dovrebbero essere esclusi i conti con funzioni più limitate.
Ad esempio, in linea di principio dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i conti quali i conti di risparmio, i conti di appoggio ad una carta di credito, che generalmente vengono alimentati al solo scopo di rimborsare un debito della carta di credito, i mutui a conto corrente o i conti di moneta elettronica.
Tuttavia, se tali conti venissero utilizzati per operazioni di pagamento ordinarie e comprendessero tutte le funzioni sopra elencate, essi rientrerebbero nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
Per chi valuta emerge così pertanto una concezione funzionalistica del “conto di pagamento”, che è suscettibile di essere svolta dal conto corrente bancario.
Come tale, al conto devono ritenersi applicabili le disposizioni degli artt. 126 decies ss. TUB con particolare riferimento a quella dell’art. 126 septiesdecies, 2° comma, TUB, di cui si tratta nel giudizio.
I servizi di trasferimento
La pronuncia rammenta poi come ai sensi dell’art. 126 decies, 3° comma, lett. b), t.u.b. per “servizio di trasferimento” deve intendersi
il trasferimento, su richiesta del consumatore, da un prestatore di servizi di pagamento ad un altro, delle informazioni su tutti o su alcuni ordini permanenti di bonifico, addebiti diretti ricorrenti e bonifici in entrata ricorrenti eseguiti sul conto di pagamento, o il trasferimento dell’eventuale saldo positivo da un conto di pagamento d’origine a un conto di pagamento di destinazione, o entrambi, con o senza la chiusura del conto di pagamento di origine.
Ai fini del giudizio in esame, si ritiene pertanto che il trasferimento, su richiesta del consumatore, del saldo positivo da un conto corrente bancario a un conto corrente di destinazione, con la chiusura di quello di origine, costituisca un “servizio di trasferimento” a tutti gli effetti, che come tale è assoggettato alla disciplina dettata dalle disposizioni del capo II ter TUB.
Dopo aver ricordato ciò, viene definito pacifico come tra le parti, per richiedere il suddetto servizio di trasferimento, il ricorrente abbia inviato una PEC direttamente al prestatore di servizi di pagamento trasferente.
Si rileva però quanto statuito dall’art. 126 quindecies, 2° comma, TUB, ovvero che
il servizio di trasferimento è avviato dal prestatore di servizi di pagamento ricevente su richiesta del consumatore. A tal fine, il consumatore rilascia al prestatore di servizi di pagamento ricevente una specifica autorizzazione all’esecuzione del servizio di trasferimento.
Inoltre, e per quanto qui più specificamente rileva, l’art. 126 quinquies, 3° comma, TUB statuisce che
Il servizio di trasferimento è eseguito entro dodici giorni lavorativi dalla ricezione da parte del prestatore di servizi di pagamento ricevente dell’autorizzazione del consumatore completa di tutte le informazioni necessarie, in conformità alla procedura stabilita dall’articolo 10 della direttiva 2014/92/UE.
La procedura stabilita dalla direttiva
Ora, considerato che si ritiene pacifico tra le parti che il servizio di trasferimento non sia stato avviato dal prestatore di servizi di pagamento ricevente e che invece il ricorrente ne abbia fatto direttamente richiesta al prestatore di servizi di pagamento trasferente, si ritiene che non sia stata seguita la procedura stabilita di cui all’art. 10 della direttiva ora considerata.
Di conseguenza, l’intermediario resistente non può essere considerato inadempiente ai sensi dell’art. 126 septiesdecies, 2° comma, TUB e per questo motivo non può essere tenuto a corrispondere la somma di denaro che è ivi prevista a titolo di penale.
Ancora, nella pronuncia viene ricordato che, come sancito più volte dai singoli collegi territoriali, il fatto che non si possano applicare gli artt. 125 quinquiesdecies e 126 septiesdecies TUB non impedisce comunque di riconoscere un risarcimento in via equitativa del danno causato dal ritardo nell’estinzione del conto.
Ricordiamo dunque che nell’ipotesi ora in giudizio il ricorrente ha domandato un risarcimento simbolico di 50 euro, ma questa domanda non può comunque essere accolta perché non è stata data la prova di alcun danno che costituisca la conseguenza immediata e diretta del lamentato ritardo della banca resistente.
Viene così richiamata la sentenza Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2016, n. 20889, per cui
l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, ciò che non esime, però, la parte interessata – per consentire al giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso – dall’onere di dimostrare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre.
Peraltro, si conclude nelle parti finali della pronuncia, l’istituto di credito resistente ha dato più volte la prova che sussistevano degli obblighi pendenti da parte del ricorrente che non consentivano una più rapida chiusura del conto corrente a lui intestato.
Il principio di diritto
Al fine di dare sinteticamente una risposta al quesito posto dall’ordinanza di rimessione, il Collegio ha dunque enunciato i seguenti principî di diritto:
- Il conto corrente bancario costituisce un “conto di pagamento” ai sensi degli artt. 126 decies ss. t.u.b.;
- La richiesta di trasferimento di un conto corrente bancario, con la chiusura di quest’ultimo, costituisce un “servizio di trasferimento” ai sensi dell’art. 126 decies, 3° comma, lett. b), t.u.b.;
- Nel caso in cui tale servizio di trasferimento sia eseguito oltre il termine di dodici giorni lavorativi che è disposto dall’art. 126 quinquiesdecies, 3° comma, t.u.b., il prestatore di servizi di pagamento inadempiente è tenuto a corrispondere al consumatore, senza indugio e senza che sia necessaria la costituzione in mora, una somma di denaro a titolo di penale ex lege, ai sensi dell’art. 126 septiesdecies, 2° comma, t.u.b.;
- Secondo quanto stabilisce l’art. 126 quinquiesdecies, 3° comma, t.u.b., il suddetto termine di dodici giorni lavorativi decorre dalla ricezione da parte del prestatore di servizi di pagamento ricevente dell’autorizzazione del consumatore completa di tutte le informazioni necessarie, in conformità alla procedura stabilita dall’articolo 10 della direttiva 2014/92/UE.
Per tali motivi il Collegio non ha accolto il ricorso.