La fusione per incorporazione semplificata – guida rapida
- I principali interventi di semplificazione del legislatore
- Le novità sulla tempistica procedurale
- Le semplificazioni dell’art. 2505 c.c.
- Applicazione dell’art. 2505 c.c.: analisi e profili problematici
- Il rapporto tra leveraged buy-out e fusioni semplificate
- Analisi delle fattispecie analoghe all’art. 2505 c.c.
- Applicazione dell’art. 2505 bis c.c.
- Applicazione dell’art. 2505 quater c.c.
- Gli altri articoli
La riforma del diritto societario, attuata attraverso la legge delega 3 ottobre 2001, n. 366, ha introdotto significative innovazioni nella disciplina delle operazioni straordinarie societarie, con particolare riferimento alle fusioni e scissioni. L’intervento normativo si è mosso nella direzione di una sostanziale semplificazione procedurale, pur mantenendo fermi i presidi di tutela degli interessi coinvolti, in conformità con il quadro normativo comunitario.
Il fondamento giuridico di tale intervento riformatore si rinviene nell’articolo 7 della legge delega, che ha posto come obiettivo primario la razionalizzazione e lo snellimento delle procedure, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese. La scelta legislativa risponde a precise istanze provenienti dal mondo imprenditoriale e professionale, emerse già all’indomani dell’attuazione della direttiva comunitaria sulle fusioni attraverso il D.lgs. 22/1991.
Il percorso di semplificazione ha trovato un primo importante momento nella legge 24 novembre 2000, n. 340, che ha segnato l’abolizione dell’omologazione giudiziaria degli atti societari. Tale intervento ha comportato l’eliminazione dell’obbligo di pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale del progetto di fusione, della delibera e dell’atto di fusione, adempimenti che comportavano significativi oneri economici e temporali per le società interessate.
Il legislatore delegato ha poi ulteriormente sviluppato questa linea direttrice attraverso l’introduzione di una serie articolata di disposizioni, alcune delle quali rappresentano una conferma di prassi già consolidate, mentre altre costituiscono significative innovazioni normative.
I principali interventi di semplificazione del legislatore
Di particolare rilevanza è la disciplina contenuta nell’articolo 2505 del codice civile, che regola l’incorporazione di società interamente possedute. La norma introduce significative semplificazioni procedurali per le operazioni di fusione per incorporazione nelle quali la società incorporante detiene la totalità delle quote o azioni della società incorporata. In questi casi, il legislatore ha ritenuto superflua l’applicazione di alcune disposizioni procedurali, considerando che l’assenza di interessi di soci terzi consente una maggiore flessibilità operativa.
Analogamente, l’articolo 2505-bis disciplina l’incorporazione di società possedute al novanta per cento, prevedendo anche in questo caso alcune semplificazioni, pur mantenendo specifiche tutele per i soci di minoranza. La ratio della norma risiede nella considerazione che, in presenza di una partecipazione così rilevante, alcune formalità procedurali possono essere semplificate senza pregiudizio per gli interessi coinvolti.
L’articolo 2505-quater estende alcune semplificazioni alle fusioni alle quali non partecipino società con capitale rappresentato da azioni, riconoscendo la minor complessità organizzativa e strutturale di tali operazioni. La disposizione si inserisce nel più ampio disegno di modulare gli adempimenti in funzione della tipologia societaria e della complessità dell’operazione.
Le novità sulla tempistica procedurale
Il legislatore ha inoltre introdotto significative novità in tema di tempistica procedurale. L’articolo 2501-ter, ultimo comma, prevede la possibilità per i soci di rinunciare, con consenso unanime, al termine tra l’iscrizione del progetto nel Registro delle Imprese e la decisione in ordine alla fusione. Analogamente, l’articolo 2501-septies, primo comma, consente la rinuncia al termine tra il deposito degli atti presso la sede sociale e la decisione sulla fusione.
In materia di controlli, l’articolo 2501-sexies, terzo comma, introduce una significativa semplificazione per le società non azionarie, consentendo alle parti di designare direttamente l’esperto per la relazione sulla congruità del rapporto di cambio, senza necessità di ricorrere alla nomina giudiziale. Una previsione che riconosce una maggiore autonomia alle società di persone e alle società a responsabilità limitata nella gestione del procedimento di fusione.
Di particolare interesse è anche la previsione contenuta nell’articolo 2503, primo comma, che consente l’attuazione immediata della fusione qualora la relazione degli esperti sia stata redatta, per tutte le società partecipanti, da un’unica società di revisione che abbia fornito l’asseverazione di garanzia prevista dalla norma. La disposizione rappresenta un importante strumento di accelerazione del procedimento, bilanciando l’esigenza di celerità con quella di tutela dei creditori sociali.
Le semplificazioni introdotte dalla riforma si inseriscono peraltro in un quadro normativo che mantiene comunque fermi i principi fondamentali di tutela degli interessi coinvolti nell’operazione di fusione. In particolare, restano invariati gli obblighi informativi nei confronti dei soci e dei terzi, la tutela dei creditori sociali e le garanzie procedurali essenziali per la validità dell’operazione.
La disciplina così delineata ha trovato ampia applicazione nella prassi notarile e societaria, dimostrando la sua efficacia nel conseguimento degli obiettivi di semplificazione perseguiti dal legislatore. La giurisprudenza ha contribuito a definire i contorni applicativi delle nuove disposizioni, fornendo importanti chiarimenti interpretativi e operative.
Le semplificazioni dell’art. 2505 c.c.
L’articolo 2505 del codice civile rappresenta una delle più significative innovazioni introdotte dalla riforma del diritto societario in materia di operazioni straordinarie, disciplinando specificamente l’ipotesi di fusione per incorporazione di società interamente controllate. La norma si inserisce nel più ampio contesto delle semplificazioni procedurali, rispondendo all’esigenza di snellire il procedimento di fusione nei casi in cui la struttura proprietaria renda superflue determinate tutele procedimentali.
Il presupposto applicativo della norma è rappresentato dalla titolarità, in capo alla società incorporante, dell’intero capitale sociale della società incorporanda. Tale situazione, caratterizzata dall’assenza di soci terzi nella società incorporata, giustifica sul piano sistematico una significativa semplificazione dell’iter procedurale, in quanto vengono meno le esigenze di tutela tipicamente connesse alla presenza di soci di minoranza.
Le semplificazioni introdotte dall’articolo 2505 c.c. operano su due distinti piani: quello documentale e quello decisionale. Sotto il primo profilo, la norma consente di omettere la predisposizione di alcuni documenti fondamentali del procedimento ordinario di fusione, in particolare:
- la relazione degli organi amministrativi prevista dall’articolo 2501-quinquies c.c., documento che nelle procedure ordinarie illustra e giustifica sotto il profilo giuridico ed economico il progetto di fusione;
- la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio, disciplinata dall’articolo 2501-sexies c.c., che nelle fusioni ordinarie garantisce l’equità del trattamento riservato ai soci delle società partecipanti;
- nel progetto di fusione, le indicazioni relative al rapporto di cambio delle azioni o quote, alle modalità di assegnazione delle partecipazioni della società incorporante e alla data dalla quale tali partecipazioni daranno diritto alla partecipazione agli utili.
La competenza deliberativa
Sul piano decisionale, la norma introduce un’importante innovazione consentendo, a determinate condizioni, il trasferimento della competenza deliberativa dall’assemblea dei soci all’organo amministrativo. Tale spostamento di competenza rappresenta una deroga significativa al principio generale che attribuisce all’assemblea il potere decisionale sulle operazioni straordinarie.
Tuttavia, il legislatore ha subordinato questa semplificazione procedurale a precise condizioni. In primo luogo, è necessaria una specifica previsione statutaria o dell’atto costitutivo che legittimi tale trasferimento di competenza. La previsione deve essere presente negli statuti di tutte le società partecipanti all’operazione, come si evince dal chiaro disposto normativo contenuto nell’incipit del secondo comma dell’articolo 2505.
Inoltre, anche in presenza della clausola statutaria, il trasferimento di competenza è subordinato al rispetto delle disposizioni dell’articolo 2501-ter (relative al progetto di fusione) per tutte le società partecipanti, e dell’articolo 2501-septies, primo comma, numeri 1 e 2 (concernenti il deposito di atti presso la sede sociale) per la società incorporante.
Il diritto di opposizione
Il legislatore ha previsto un importante meccanismo di tutela attraverso il diritto di opposizione riconosciuto ai soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale della società incorporante. I soci possono richiedere che la decisione sulla fusione sia adottata dall’assemblea, anziché dall’organo amministrativo. Tale richiesta deve essere presentata alla società incorporante entro otto giorni dal deposito del progetto di fusione presso il Registro delle Imprese.
È significativo notare come il termine per l’esercizio di tale diritto decorra dal momento del deposito del progetto e non dalla sua iscrizione nel Registro delle Imprese. Tale precisazione assume particolare rilevanza pratica, considerando che tra la protocollazione della domanda di iscrizione e l’effettiva iscrizione può intercorrere un intervallo temporale significativo.
La disciplina così delineata solleva interessanti questioni interpretative in merito alla rinunciabilità dei termini procedurali previsti dagli articoli 2501-ter e 2501-septies anche nell’ipotesi di fusione deliberata dagli organi amministrativi. Tale aspetto si inserisce nel più ampio dibattito sulla disponibilità delle tutele procedimentali nelle operazioni straordinarie societarie.
La giurisprudenza e la dottrina hanno contribuito a chiarire numerosi aspetti applicativi della norma, evidenziando come la semplificazione procedurale non comporti una diminuzione delle garanzie sostanziali dell’operazione. In particolare, resta ferma la necessità di tutelare gli interessi dei creditori sociali e dei terzi attraverso gli ordinari meccanismi di pubblicità e opposizione.
L’articolo 2505 c.c. rappresenta quindi un efficace esempio di come il legislatore della riforma abbia saputo coniugare le esigenze di semplificazione procedurale con la necessaria tutela degli interessi coinvolti nell’operazione di fusione, introducendo meccanismi di flessibilità operativa che tengono conto della realtà delle dinamiche societarie contemporanee.
La prassi applicativa ha confermato l’utilità di questa disciplina semplificata, particolarmente apprezzata negli ambiti dei gruppi societari dove le operazioni di riorganizzazione interna rappresentano uno strumento frequente di razionalizzazione della struttura societaria.
Applicazione dell’art. 2505 c.c.: analisi e profili problematici
L’applicazione pratica dell’articolo 2505 del codice civile ha sollevato diverse questioni interpretative di notevole rilevanza, che meritano un’analisi approfondita per le loro implicazioni operative. La complessità delle problematiche emerge in particolare con riferimento ad alcuni aspetti specifici della norma, sui quali la dottrina e la giurisprudenza hanno sviluppato importanti riflessioni.
Un primo profilo problematico riguarda la determinazione della percentuale di capitale sociale rilevante ai fini dell’esercizio del diritto di opposizione al trasferimento della competenza decisionale all’organo amministrativo. Il legislatore non ha espressamente chiarito se nel computo del 5% del capitale sociale debbano essere considerate esclusivamente le azioni munite del diritto di voto o se debbano essere incluse anche le azioni prive di tale diritto. Tale lacuna normativa ha dato origine a un dibattito dottrinale, nel quale sembrano prevalere le argomentazioni a favore dell’inclusione delle sole azioni con diritto di voto, in considerazione della natura deliberativa del diritto esercitato.
Una seconda questione di particolare interesse riguarda il rapporto tra la competenza dell’organo amministrativo, derivante dalla previsione statutaria ex articolo 2505, e quella dell’assemblea dei soci. L’interpretazione maggiormente condivisa sostiene la natura concorrente delle due competenze, riconoscendo la persistente legittimazione dell’assemblea a deliberare sulla fusione anche in presenza di una clausola statutaria che attribuisca tale potere all’organo amministrativo. Tale interpretazione si fonda sul principio generale secondo cui la competenza assembleare in materia di modificazioni statutarie non può essere completamente esautorata.
L’applicazione della disciplina delle s.r.l.
Di particolare rilevanza sistematica è la questione dell’applicabilità della disciplina alle società a responsabilità limitata. Il legislatore ha infatti collocato la norma sulla competenza dell’organo amministrativo nell’articolo 2365, secondo comma, riferito espressamente alle società per azioni, senza prevedere un’analoga disposizione per le S.r.l. Tuttavia, l’interpretazione prevalente, supportata da solide argomentazioni sistematiche, ritiene applicabile la disciplina anche alle S.r.l., nonostante le previsioni degli articoli 2479 e 2480 che riservano ai soci le modificazioni dell’atto costitutivo.
Tale conclusione si fonda su diverse considerazioni. In primo luogo, la mancata riproduzione del secondo comma dell’articolo 2365 nella disciplina delle S.r.l. appare riconducibile a un difetto di coordinamento nel processo di elaborazione della riforma, piuttosto che a una scelta consapevole del legislatore. Inoltre, sia l’articolo 2505 che l’articolo 2505-bis fanno esplicito riferimento al possesso di “azioni o quote” della società incorporanda, manifestando chiaramente l’intenzione di includere nel proprio ambito applicativo anche le S.r.l.
Acquisizione con indebitamento
Un ulteriore profilo di particolare interesse riguarda il rapporto tra la disciplina semplificata dell’articolo 2505 e la normativa speciale in materia di fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento (leveraged buy-out), disciplinata dall’articolo 2501-bis. La questione si pone in termini particolarmente delicati, considerando che l’ultimo comma dell’articolo 2501-bis sembrerebbe escludere l’applicabilità delle semplificazioni previste dall’articolo 2505 alle operazioni di leveraged buy-out.
Tale apparente incompatibilità richiede un’attenta analisi delle finalità perseguite dalle due discipline. La normativa sul leveraged buy-out è infatti caratterizzata da specifiche esigenze di tutela, legate alla particolare struttura dell’operazione e ai rischi che essa comporta per i creditori sociali. Le semplificazioni previste dall’articolo 2505, d’altro canto, si giustificano in ragione dell’assenza di interessi di soci terzi da tutelare.
La soluzione interpretativa più convincente sembra essere quella che distingue tra i diversi aspetti della semplificazione prevista dall’articolo 2505, ritenendo inapplicabili al leveraged buy-out solo quelle semplificazioni che potrebbero compromettere le specifiche esigenze di tutela sottese alla disciplina dell’articolo 2501-bis, mantenendo invece applicabili le altre.
L’analisi di queste problematiche interpretative evidenzia la necessità di un approccio equilibrato nell’applicazione della disciplina semplificata delle fusioni, che tenga conto sia delle esigenze di snellimento procedurale sia della necessità di garantire adeguata tutela agli interessi coinvolti nell’operazione.
La prassi notarile e societaria ha sviluppato soluzioni operative che, nel rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento, consentono di realizzare efficacemente le operazioni di fusione semplificata, contribuendo così alla costruzione di un quadro applicativo coerente e funzionale alle esigenze del mondo imprenditoriale.
Il rapporto tra leveraged buy-out e fusioni semplificate
L’apparente incompatibilità tra la disciplina delle fusioni semplificate e quella del leveraged buy-out richiede un’attenta analisi interpretativa per determinarne l’effettiva portata applicativa. La questione assume particolare rilevanza pratica nella definizione del perimetro delle semplificazioni ammissibili nel contesto di operazioni di LBO.
L’esclusione prevista dall’ultimo comma dell’articolo 2501-bis deve essere interpretata in modo selettivo, distinguendo gli elementi procedurali che risultano effettivamente incompatibili con la disciplina del LBO da quelli che invece possono coesistere con essa. In particolare, quando il procedimento di fusione per incorporazione di società controllate (totalitariamente o al 90%) si realizza nel contesto di un’operazione di LBO, permangono alcuni obblighi procedurali inderogabili:
La relazione dell’organo amministrativo prevista dall’articolo 2501-quinquies non può essere omessa, in quanto nelle operazioni di LBO essa deve necessariamente contenere, oltre al suo contenuto tipico, le ragioni giustificatrici dell’operazione e un piano economico-finanziario dettagliato, comprensivo dell’indicazione delle risorse finanziarie e della descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.
Analogamente, il parere degli esperti ex articolo 2501-sexies risulta indispensabile, poiché nelle operazioni di LBO assume una funzione peculiare e distinta rispetto alla mera valutazione della congruità del rapporto di cambio. Gli esperti sono infatti chiamati ad attestare la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione relative alle risorse finanziarie previste per il soddisfacimento dei debiti della società risultante dall’operazione.
Inoltre, nelle operazioni di LBO non è ammissibile lo spostamento della competenza decisionale dall’assemblea all’organo amministrativo, data la particolare delicatezza dell’operazione e la necessità di garantire il massimo coinvolgimento della compagine sociale.
Le semplificazioni applicabili
Tuttavia, nel caso di controllo totalitario tra incorporante e incorporanda, anche nella fusione con leverage rimangono applicabili alcune semplificazioni. In particolare:
- È possibile disapplicare le regole in materia di determinazione e illustrazione del rapporto di cambio e di verifica esterna della sua congruità, in quanto in presenza di un controllo totalitario il rapporto di cambio non potrebbe comunque trovare espressione.
- Resta applicabile la disciplina dell’articolo 2505-bis che consente ai soci dissenzienti della incorporanda di esercitare il diritto di recesso, ottenendo l’acquisto delle proprie partecipazioni da parte dell’incorporante.
Un ulteriore profilo di particolare interesse pratico riguarda l’individuazione del momento in cui deve sussistere il possesso integrale del capitale della incorporanda da parte dell’incorporante. La questione può presentarsi in diverse configurazioni temporali:
- Il possesso integrale può sussistere fin dal momento della redazione del progetto di fusione;
- Può verificarsi dopo la redazione del progetto (che dovrà necessariamente menzionare tale eventualità) ma prima della decisione di approvazione;
- Può realizzarsi anche dopo la decisione di approvazione del progetto (sempre con necessaria menzione di tale eventualità) ma prima della stipula dell’atto di fusione.
Il ruolo del notaio
L’evoluzione del sistema di controllo di legalità degli atti societari ha influenzato l’interpretazione di questa problematica. Nel precedente regime dell’omologa giudiziaria, si riteneva necessaria la sussistenza del possesso integrale almeno al momento dell’assemblea di approvazione del progetto, per consentire la verifica giudiziale di tale requisito.
Nell’attuale sistema, dove il controllo di legalità è affidato primariamente al notaio, sia in sede di iscrizione della decisione di approvazione del progetto che di stipula dell’atto di fusione, appare sostenibile una interpretazione più flessibile. Considerando che l’atto di fusione è un atto pubblico necessitato e che il notaio esercita in tale sede il proprio controllo di legalità, si può ammettere la possibilità di posticipare l’acquisto dell’intero capitale della incorporanda fino al momento della stipula dell’atto di fusione.
La questione dell’ambito applicativo dell’articolo 2505 si pone anche in relazione a fattispecie analoghe a quella espressamente prevista dalla norma, in particolare nei casi in cui il rapporto di cambio risulti oggettivamente predeterminato e invariabile o comunque rinunciabile. Tale problematica, già emersa in passato, non ha trovato una espressa soluzione nella riforma del diritto societario, lasciando aperto il dibattito sull’applicabilità estensiva o analogica delle semplificazioni procedurali a situazioni simili ma non identiche a quella tipizzata dal legislatore.
Analisi delle fattispecie analoghe all’art. 2505 c.c.
La prassi societaria ha individuato diverse fattispecie che presentano analogie con la situazione tipizzata dall’articolo 2505 c.c., sollevando questioni interpretative circa l’applicabilità delle semplificazioni procedurali previste dalla norma. L’analisi di queste fattispecie risulta particolarmente rilevante per definire l’ambito di estensione della disciplina semplificata.
Le principali configurazioni identificate dalla prassi includono:
- La fusione tra società interamente possedute da un unico socio, dove la comunanza della compagine sociale potrebbe suggerire l’inutilità di alcune formalità procedurali;
- La fusione tra società possedute dai medesimi soci in proporzioni identiche, situazione che presenta analogie strutturali con il controllo totalitario;
- Il caso in cui l’incorporante possiede una parte del capitale della incorporanda mentre la quota residua è detenuta dai soci dell’incorporante nelle medesime proporzioni;
- La fusione inversa, dove la società interamente controllata incorpora la controllante totalitaria;
- Le operazioni che coinvolgono tre o più società il cui capitale sia posseduto direttamente e indirettamente dalla incorporante;
- Le fusioni che interessano società possedute “a cascata”, dove l’incorporante controlla totalitariamente la prima incorporanda che, a sua volta, possiede l’intero capitale della seconda incorporanda.
L’analisi di queste fattispecie si concentra su due aspetti fondamentali: la possibilità di omettere gli adempimenti relativi al rapporto di cambio e l’eventuale trasferimento della competenza decisionale all’organo amministrativo.
Riguardo al primo aspetto, l’interpretazione prevalente propende per l’ammissibilità dell’omissione degli adempimenti concernenti il rapporto di cambio in tutte le ipotesi in cui la sua determinazione risulti oggettivamente superflua o quando tale omissione possa essere legittimamente decisa dal socio unico, non coinvolgendo interessi di terzi.
Le resistenze in dottrina
La posizione ha tuttavia incontrato alcune resistenze in dottrina. In particolare, è stata sostenuta la tesi secondo cui, anche in presenza di compagini sociali identiche, la decisione di mantenere invariato il capitale nominale dell’incorporante potrebbe pregiudicare gli interessi dei creditori sociali, riducendo il vincolo di destinazione del patrimonio sociale rappresentato dal capitale. Secondo questa impostazione, tale scelta richiederebbe un’adeguata motivazione nel progetto e nella delibera di fusione, con conseguente applicazione del termine per le opposizioni dei creditori.
Tale interpretazione restrittiva appare tuttavia criticabile per diverse ragioni:
- L’operazione non comporta immediate restituzioni di capitale ai soci;
- Il capitale della società incorporata viene appostato a riserva nel bilancio post-fusione dell’incorporante, con un regime di intangibilità analogo a quello del sovrapprezzo fino al raggiungimento del limite legale della riserva legale;
- La disciplina della fusione presenta carattere di specialità rispetto alla normativa sulla riduzione del capitale sociale.
Il trasferimento della competenza decisionale
Più complessa appare la questione relativa alla possibilità di estendere il trasferimento della competenza decisionale all’organo amministrativo nelle fattispecie analoghe. Il dibattito si articola su due questioni principali:
- La legittimità di una clausola statutaria che estenda espressamente l’applicazione dell’articolo 2505, secondo comma, a fattispecie diverse da quella prevista dal primo comma;
- La possibilità di interpretare una clausola statutaria meramente riproduttiva del dettato normativo nel senso di includervi anche le fattispecie analoghe precedentemente descritte.
- L’orientamento prevalente, condivisibile sul piano sistematico, propende per una risposta negativa ad entrambi i quesiti. Tale conclusione si fonda su due considerazioni fondamentali:
- Il carattere eccezionale della norma che attribuisce all’organo amministrativo la competenza decisionale in materia di fusione, tradizionalmente riservata all’assemblea;
- La persistenza di un rilevante interesse dei soci alla determinazione, anche solo potenziale, del rapporto di cambio nelle fattispecie analoghe.
Tale interpretazione restrittiva appare coerente con l’esigenza di garantire adeguata tutela agli interessi coinvolti nell’operazione di fusione, evitando un’eccessiva compressione dei diritti dei soci in situazioni non espressamente disciplinate dal legislatore.
La prassi notarile e societaria ha quindi sviluppato un approccio prudente nell’applicazione analogica delle semplificazioni procedurali, privilegiando un’interpretazione che bilanci le esigenze di snellimento procedurale con la necessaria tutela degli interessi coinvolti nell’operazione.
Applicazione dell’art. 2505 bis c.c.
L’articolo 2505-bis del codice civile disciplina l’ipotesi di fusione per incorporazione di società possedute al 90% o più dall’incorporante, introducendo un regime di semplificazione procedurale che, pur presentando analogie con quello previsto dall’articolo 2505, se ne differenzia sotto diversi profili significativi.
In primo luogo, anche per questa fattispecie vale il principio di flessibilità temporale circa il momento di realizzazione del presupposto del controllo qualificato. Il possesso del 90% o più del capitale dell’incorporanda non deve necessariamente sussistere al momento della redazione del progetto di fusione, ma può realizzarsi anche in una fase successiva del procedimento.
Una differenza sostanziale rispetto alla disciplina dell’incorporazione di società interamente possedute riguarda la deroga alla competenza assembleare. Nel caso dell’articolo 2505-bis, tale deroga è limitata alla sola società incorporante, mentre per le società incorporande permane inderogabile la competenza dei soci. L’asimmetria trova la sua ragione giustificatrice nella necessità di tutelare i soci di minoranza dell’incorporanda, portatori di una partecipazione pari o inferiore al 10% del capitale.
Il trasferimento della competenza decisionale all’organo amministrativo dell’incorporante è subordinato a specifiche condizioni:
– Deve essere previsto espressamente dallo statuto o dall’atto costitutivo;
– Devono essere rispettate le disposizioni dell’articolo 2501-septies, primo comma, numeri 1 e 2;
– L’iscrizione del progetto di fusione ex articolo 2501-ter, terzo comma, deve essere effettuata, per l’incorporante, almeno trenta giorni prima della data fissata per la decisione di fusione dell’incorporanda.
Per tutelare gli eventuali soci “esterni” dell’incorporante dissenzienti rispetto alla fusione infragruppo, viene mantenuta la facoltà di richiedere la convocazione dell’assemblea, analogamente a quanto previsto dall’articolo 2505, qualora rappresentino almeno il 5% del capitale sociale.
La differenza dall’incorporazione totalitaria
Una differenza significativa rispetto alla disciplina dell’incorporazione totalitaria riguarda l’impossibilità di disapplicare automaticamente le regole relative alla determinazione, illustrazione e verifica del rapporto di cambio. Tale differenza è giustificata dalla presenza di soci esterni nelle incorporande e dal potenziale conflitto di interessi tra socio di controllo e minoranze circa la determinazione del rapporto di cambio.
Tuttavia, la norma prevede una significativa semplificazione procedurale, consentendo la disapplicazione dell’articolo 2501-sexies (relativo alla relazione degli esperti) a condizione che venga riconosciuto ai soci “esterni” dell’incorporanda il diritto di far acquistare le proprie partecipazioni dall’incorporante. Il prezzo di acquisto deve essere determinato secondo i criteri previsti per la liquidazione della quota del socio recedente.
La previsione ha sollevato alcune questioni interpretative. In primo luogo, si ritiene necessario che l’attribuzione del diritto di far acquistare le proprie partecipazioni sia espressamente prevista nel progetto di fusione. Inoltre, è dibattuto se tale attribuzione comporti la disapplicazione dell’intera disciplina del rapporto di cambio o solo dell’obbligo di redazione della relazione degli esperti sulla sua congruità.
L’interpretazione prevalente propende per la seconda soluzione, ritenendo necessario che un rapporto di cambio sia comunque fissato e indicato nel progetto, pur potendo essere considerato non congruo dai soci minoritari dell’incorporanda, ai quali viene riconosciuta la facoltà di disinvestimento.
Il rinvio alla normativa sul recesso
Un aspetto critico della disciplina riguarda il rinvio alla normativa sul recesso per la determinazione del valore della partecipazione del socio dissenziente. L’articolo 2505-bis non prevede espressamente la possibilità di fissare statutariamente criteri di determinazione del valore di liquidazione diversi da quelli legali, a differenza di quanto previsto dall’articolo 2437-ter. La lacuna normativa è stata oggetto di critiche, in quanto sarebbe stata preferibile una maggiore flessibilità nella determinazione dei criteri di valutazione, analogamente a quanto previsto per il recesso.
La disciplina dell’articolo 2505-bis rappresenta quindi un equilibrato contemperamento tra le esigenze di semplificazione procedurale e la necessaria tutela degli interessi dei soci di minoranza, introducendo meccanismi di protezione specifici per questi ultimi pur mantenendo alcuni elementi di flessibilità operativa per la realizzazione dell’operazione straordinaria.
Applicazione dell’art. 2505 quater c.c.
L’articolo 2505-quater del codice civile introduce un regime di significative semplificazioni per le operazioni di fusione che coinvolgono esclusivamente società di persone, società a responsabilità limitata o cooperative il cui capitale non sia rappresentato da azioni. È importante sottolineare che, secondo il dettato normativo, la presenza anche di una sola società con capitale rappresentato da azioni è sufficiente ad escludere l’applicabilità di questo regime semplificato.
Le semplificazioni introdotte dalla norma possono essere sistematicamente organizzate in tre categorie principali, ciascuna caratterizzata da una specifica ratio e da peculiari profili applicativi.
La prima categoria riguarda la disapplicazione di due importanti limitazioni previste per le fusioni ordinarie:
- Il divieto di partecipazione alla fusione per le società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo (art. 2501, comma 2);
- Il limite del 10% del valore nominale delle quote assegnate per il conguaglio in denaro attribuibile in sede di fusione (art. 2501-ter, comma 2).
L’interpretazione di queste deroghe ha generato un dibattito dottrinale significativo. L’orientamento prevalente, definito “estensivo”, ritiene che la norma intenda ampliare le possibilità operative delle società non azionarie, consentendo loro di partecipare alla fusione anche dopo l’inizio della ripartizione dell’attivo sociale e di prevedere conguagli in denaro superiori al limite del 10%. Un’interpretazione che appare più coerente con la ratio della norma, volta a facilitare le operazioni di fusione tra società di minori dimensioni.
La seconda categoria di semplificazioni riguarda la possibilità di omettere, con il consenso unanime dei soci, la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio prevista dall’articolo 2501-sexies. La semplificazione risponde a concrete esigenze operative, permettendo di evitare costi e tempistiche della verifica esterna quando questa risulti superflua per l’unanimità dei consensi delle compagini sociali coinvolte.
Il consenso dei soci
Particolare attenzione merita la questione procedurale relativa alle modalità e al momento di rilevazione del consenso dei soci. Sebbene sia stato sollevato il dubbio circa la necessità di una rinuncia preventiva rispetto alla decisione di fusione, la prassi ha ritenuto sufficiente che il consenso unanime emerga in occasione della riunione dei soci ex art. 2502, purché:
- Il progetto di fusione menzioni espressamente questa possibilità;
- Il verbale dia atto dell’esistenza del consenso unanime di tutti i soci, non solo dei presenti;
- Gli amministratori abbiano predisposto adeguate modalità per raccogliere il consenso dei soci assenti.
La terza categoria di semplificazioni riguarda la riduzione alla metà di alcuni termini procedimentali fondamentali:
- Il termine tra l’iscrizione del progetto nel Registro Imprese e la decisione di approvazione viene ridotto a quindici giorni;
- Il termine tra il deposito dei documenti presso la sede e la decisione si riduce a quindici giorni;
- Il termine per le opposizioni dei creditori viene ridotto a trenta giorni.
L’applicabilità della deroga nelle fusioni di società di persone e capitali
Un aspetto particolare riguarda l’applicabilità della deroga alla relazione degli esperti anche nelle fusioni che coinvolgono società di persone e società di capitali. In questi casi, la relazione di stima del patrimonio della società di persone prevista dall’articolo 2501-sexies, settimo comma, non può essere oggetto di rinuncia, in quanto tutela interessi dei terzi non disponibili da parte dei soci, specialmente quando il patrimonio della società di persone viene imputato al capitale della società di capitali.
La disciplina dell’articolo 2505-quater rappresenta quindi un importante strumento di semplificazione per le operazioni di fusione tra società di minori dimensioni, bilanciando l’esigenza di snellimento procedurale con la necessaria tutela degli interessi coinvolti. La prassi applicativa ha dimostrato l’efficacia di queste semplificazioni nel facilitare i processi di riorganizzazione societaria, particolarmente rilevanti nel contesto delle piccole e medie imprese italiane.
L’interpretazione sistematica della norma suggerisce che le semplificazioni introdotte non compromettono la tutela degli interessi essenziali coinvolti nell’operazione, ma piuttosto eliminano formalità superflue in contesti caratterizzati da maggiore omogeneità e semplificazione della struttura societaria.
Gli altri articoli
Il legislatore della riforma ha introdotto una serie di importanti semplificazioni procedurali che interessano diversi aspetti del procedimento di fusione. Le innovazioni hanno risolto alcune questioni interpretative emerse nella prassi e hanno contribuito a rendere più efficiente il procedimento di fusione.
La rinuncia ai termini di pubblicità e deposito
Gli articoli 2501-ter, ultimo comma, e 2501-septies, primo comma, hanno risolto positivamente la questione della rinunciabilità dei termini procedimentali, tema dibattuto fin dall’attuazione della direttiva comunitaria in materia di fusioni. In particolare, la norma consente ai soci di rinunciare, con consenso unanime, a due termini fondamentali:
- Il termine di trenta giorni tra l’iscrizione del progetto nel registro delle imprese e la data fissata per la decisione sulla fusione;
- Il termine di trenta giorni durante il quale il progetto e gli altri documenti devono restare depositati presso la sede delle società partecipanti.
È importante sottolineare che tale rinuncia riguarda esclusivamente la durata del periodo di pubblicazione e consultazione, mentre resta fermo il diritto dei soci di essere informati sulle condizioni dell’operazione attraverso il progetto di fusione, la cui redazione rimane obbligatoria. Analogamente, non può essere oggetto di rinuncia il diritto di accesso agli altri documenti elencati nell’articolo 2501-septies.
La questione si è posta anche in relazione alla rinunciabilità dei termini nel caso di competenza degli organi amministrativi a deliberare la fusione ex articoli 2505 e 2505-bis. L’interpretazione prevalente propende per l’ammissibilità della rinuncia anche in questi casi, con modalità analoghe a quelle previste per la rinuncia alla relazione degli esperti nelle fusioni di società non azionarie.
La semplificazione nella nomina degli esperti
L’articolo 2501-sexies, terzo comma, introduce una significativa semplificazione per le fusioni in cui né la società incorporante né quella risultante dalla fusione siano società per azioni o in accomandita per azioni. In questi casi, l’esperto o gli esperti incaricati di formulare il parere sulla congruità del rapporto di cambio possono essere scelti direttamente dalle società partecipanti tra i soggetti iscritti nell’albo dei revisori contabili o le società di revisione, senza necessità di ricorrere alla nomina giudiziale.
La procedura, analoga a quella prevista per i conferimenti in natura nelle S.r.l., comporta un notevole risparmio di tempo ed una maggiore flessibilità operativa, pur mantenendo le necessarie garanzie di professionalità e indipendenza dell’esperto.
L’attuazione immediata della fusione
L’articolo 2503, primo comma, ha introdotto un’ulteriore ipotesi di attuazione immediata della fusione. Oltre ai casi già previsti dalla normativa precedente, la fusione può essere attuata immediatamente dopo la deliberazione dei soci quando la relazione sul rapporto di cambio sia stata redatta, per tutte le società partecipanti, da un’unica società di revisione che asseveri, sotto la propria responsabilità, che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società rende non necessarie garanzie a tutela dei creditori.
La semplificazione appare applicabile anche nei casi in cui la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio non sia necessaria per legge o per interpretazione estensiva. In tali ipotesi, le società partecipanti possono volontariamente richiedere la relazione alla società di revisione al solo fine di abbreviare il termine per le opposizioni creditorie.
In tema di opposizioni, rimane aperta la questione, non espressamente risolta dalla riforma, della possibilità di considerare la fideiussione come strumento equipollente al deposito di somme ai fini dell’abbreviazione del termine di sessanta giorni. L’orientamento prevalente propende per l’ammissibilità di tale soluzione, considerandola una ulteriore modalità di semplificazione procedurale della fusione.
Le semplificazioni procedurali rappresentano un importante strumento di efficientamento delle operazioni di fusione, consentendo una significativa riduzione dei tempi e dei costi del procedimento, pur nel rispetto delle necessarie garanzie per i soggetti coinvolti. La prassi applicativa ha dimostrato l’utilità di questi strumenti, che hanno contribuito a rendere più agevole la realizzazione delle operazioni straordinarie, particolarmente nel contesto delle piccole e medie imprese.
La disciplina così delineata realizza un equilibrato contemperamento tra le esigenze di snellimento procedurale e la necessaria tutela degli interessi coinvolti nell’operazione, fornendo agli operatori strumenti flessibili ed efficaci per la realizzazione delle operazioni di fusione.