Il licenziamento per ingiustificata assenza da lavoro – indice:
È legittimo il licenziamento del dipendente che non avvisa e giustifica tempestivamente il responsabile dell’azienda dell’infortunio o della malattia che lo costringe all’assenza da lavoro e, successivamente, in sede di chiarimenti, sottace tale omissione nonostante gli sia stata espressamente richiesta. A chiarirlo è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella pronuncia n. 795/2017, che ha rigettato il ricorso di un lavoratore licenziato dalla società nella quale prestava opera, considerata l’ingiustificata assenza dal lavoro senza aver comunicato l’infortunio che era occorso il giorno prima.
La legittimità del licenziamento per assenza ingiustificata
Per poter comprendere su quali motivazioni si sia basata la decisione della Corte di Cassazione, compiamo un piccolo passo indietro e cerchiamo di comprendere quale sia stato lo svolgimento del processo. Partiamo dalla sentenza del precedente 4 marzo 2014, con la quale la Corte d’Appello di Bologna, rigettava la domanda proposta dal lavoratore. Nel gravame si contestava la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato per l’assenza ingiustificata del 18 dicembre 2007, e per la mancata comunicazione dell’infortunio occorsogli il giorno prima.
La Corte d’Appello ha ritenuto sussistente e di per sè idoneo a integrare il notevole inadempimento, tenuto conto dall’essere stato il licenziamento intimato non per giusta causa, ma per giustificato motivo soggettivo, il comportamento del dipendente che ha violato gli obblighi di correttezza e di buona fede, e le specifiche prescrizioni contrattuali, oltre ad aver falsamente dichiarato di aver dato – come invece era tenuto – tempestiva informazione dell’infortunio occorsogli.
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La Cassazione ed il licenziamento per assenza ingiustificata
La Cassazione rammenta come il ricorrente abbia denunciato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. e degli artt. 76 e 77 del CCNL per gli addetti alle piccole e medie industrie per la lavorazione dei laterizi e manufatti in cemento, lamentando l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla proporzionalità della sanzione espulsiva, rispetto agli addebiti contestati.
Nella sua valutazione, la Corte evidenzia come si debba preliminarmente osservare come l’impugnazione proposta prescinda dal contenuto della sentenza. Il ricorso elude dunque il confronto con la ricostruzione che la sentenza stessa fa propria, cogliendola nella sua dimensione evolutiva, per potersi tarare e arroccare nella propria originaria prospettazione della medesima fattispecie. Questa è assunta nella sua staticità “ovvero fermata nel suo momento iniziale, così finendo per risultare, per così dire, scentrata rispetto alla finalità censoria cui era, viceversa, rivolta”.
La Corte ricorda inoltre come la pronuncia di legittimità del recesso dal contratto di lavoro è stata fondata dalla Corte territoriale sulla considerazione “di un atteggiamento subdolo e furbesco del lavoratore, che l’azienda datrice non aveva mancato di addebitare, nello sviluppo di una vicenda originata dalla contestazione al lavoratore medesimo di un’assenza dal lavoro per il giorno 18 dicembre 2007, poi da questi giustificata con una certificazione attestante un infortunio sul lavoro, con prognosi fino al 2 gennaio 2008, del cui verificarsi, peraltro, nessuno si era avveduto e del quale lo stesso lavoratore non aveva, come gli era imposto dal regolamento aziendale, dato comunicazione immediata al proprio responsabile, sottacendo poi, allorchè ne era stato formalmente richiesto, in di successiva audizione a chiarimenti, tale omissione”.
La proporzionalità della sanzione
Alla luce di ciò, il lavoratore sottolinea come la sanzione irrogata sia “sproporzionata” rispetto al regime sanzionatorio che è previsto per quell’addebito (assenza ingiustificata) dalla contrattazione collettiva, anche a motivo dell’irrilevanza di fatti ulteriori come l’atteggiamento reticente tenuto in sede di richiesta di chiarimenti, relativamente alla mancata comunicazione al proprio responsabile dell’infortunio occorsogli, che il lavoratore ritiene essere estranei alla contestazione.
I motivi di ricorso sono tuttavia ritenuti infondati dalla Cassazione, che premette come il giudizio espresso in appello superi il problema dell’ingiustificatezza dell’assenza, che non sarebbe più rilevante a motivo della comunicata certificazione, e va dunque a concentrasi sulla condotta omissiva del ricorrente, che non ha riferito di non avere avvisato dell’infortunio il proprio responsabile.
La Corte territoriale ha giustamente ritenuto per nulla estranea alla contestazione tale condotta, “dal momento che la lettera inviata dal ricorrente il 19 dicembre 2007 ad integrazione / correzione dell’iniziale contestazione, seppur necessariamente formulata in forma interrogativa, non manca di chiedere conto, così facendone oggetto di specifica contestazione, di quella condotta omissiva la cui rilevanza e gravità, ai fini della configurabilità nella specie di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, risulta poi avvalorata, come non ha mancato di rilevare la Corte territoriale, con argomentazione congrua sul piano logico e giuridico e, pertanto, insindacabile in questa sede, dal successivo contegno del lavoratore, il quale, con la lettera presentata alla società, a riscontro dei chiarimenti richiestigli il 19 dicembre precedente, indata 24 gennaio 2008, al termine del periodo di convalescenza (omissis) dichiara falsamente di aver dato tempestiva informazione dell’accaduto”.