L’avviso di accertamento – indice:
- Cosa fare
- L’annullamento in autotutela
- Il ricorso giurisdizionale
- L’acquiescienza
- L’accertamento con adesione
- La rateizzazione
Attraverso l’avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria comunica al cittadino che, in base all’attività di verifica svolta, quest’ultimo è debitore di una somma dovuta e non versata (o versata in misura minore a quanto dovuto) a titolo di imposta. Può emettere un avviso di accertamento l’ente statale che sia legittimato a riscuotere un tributo. Può fare ciò ad esempio il Comune per la riscossione dell’IMU, la Regione per la riscossione del bollo auto e l’Agenzia delle Entrate per la riscossione di altre imposte.
Cosa fare quando si riceve un avviso di accertamento e come riconoscerlo
È notificato al contribuente attraverso la classica “busta verde”, di cui è sempre consigliabile prendere cognizione piena, per evitare brutte sorprese in futuro. L’avviso di accertamento fa riferimento all’attività di verifica svolta dall’Amministrazione ed al tipo di tributo che la stessa deve riscuotere. Nell’avviso di accertamento è chiarito come ed entro che termini è possibile ricorrere per contestare gli addebiti contenuti. Di questi è opportuno prendere visione per capire se ed in che misura siano legittimi o contestabili.
Come difendersi in caso di addebiti contestati
Una volta compiuta la notifica dell’avviso di accertamento, il contribuente ha a disposizione il termine di sessanta giorni per ricorrere o per richiedere l’annullamento del provvedimento. Naturalmente, ove non ci siano contestazioni, al contribuente è data la possibilità di adempiere al pagamento entro lo stesso termine, evitando di incorrere nel pagamento di ulteriori sanzioni nonché di interessi.
L’annullamento in via di autotutela
Il diritto amministrativo, prevede in primo luogo che il cittadino possa richiedere l’annullamento dell’accertamento in via di autotutela. L’annullamento in autotutela del provvedimento è disposto, solitamente, per quei vizi che siano manifesti e che l’Amministrazione ritenga sufficienti per rendere annullabile o nullo il provvedimento. Alcuni esempi possono essere costituiti da un avviso di accertamento notificato ad un soggetto sbagliato od un avviso difettante della motivazione. Il contribuente potrà dunque presentare un’istanza, solitamente priva di stringenti requisiti di forma, ove fare presente i vizi che affliggono il provvedimento e dunqe chiederne l’annullamento in via di autotutela.
Il ricorso giurisdizionale
Il contribuente, nel caso in cui gli sia stato negato l’annullamento in via di autotutela od anche direttamente, ha la possibilità di ricorrere al giudice competente. Il ricorso per la tutela giurisdizionale è un’istanza da presentarsi all’autorità giudiziaria competente (Commissione Tribuaria Provinciale) indicata nel provvedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla data di notifica dell’avviso. Il contribuente, con l’aiuto di un professionista di fiducia, potrà valutare la sussistenza di vizi sia di carattere sostanziale che formale e porli all’attenzione della Commissione Tributaria territorialmente competente. Nel caso di soccombenza il contribuente sarà però tenuto a rifondere le spese della lite all’Amministrazione, oltre a dover versare un terzo in più del tributo per il quale è stato compiuto l’accertamento.
L’acquiescienza
L’acquiescienza è un istituto che, a fronte della rinuncia all’impugnazione da parte del contribuente, dà allo stesso la possibilità di beneficiare di una riduzione degli importi da versare. Queste riduzioni vanno da un terzo ad un sesto dell’importo contestato. In questo caso però il contribuente dovrà versare dette somme entro e non oltre il termine previsto per l’impugnazione dell’atto e dunque entro i sessanta giorni dalla data in cui lo stesso è stato notificato.
L’accertamento con adesione
Dà la possibilità al contribuente di evitare una lite con l’Amministrazione finanziaria e dunque di definire pattiziamente con la stessa gli importi che siano dovuti a titolo di imposta. L’accertamento con adesione è un accordo che può avvenire anche prima dell’emissione dell’avviso di accertamento. Il contribuente però non deve instaurare una lite tributaria presentando ricorso davanti al giudice competente. La procedura può essere attivata sia dal contribuente che dall’Amministrazione finanziaria. Il vantaggio per il contribuente è costituito in questo caso dal potere usufruire di una riduzione delle sanzioni contenute nell’avviso di accertamento, che saranno contenute nella misura di un terzo del minimo. In questo caso dunque il contribuente dovrà soltanto versare il 100% delle maggiori imposte contestate allo stesso (che corrisponde appunto ad un terzo del minimo).
La rateizzazioe del pagamento delle imposte
Il contribuente, in seguito ad acquiescienza od accertamento per adesione, avrà la possibilità di rateizzare le somme da versare all’Amministrazione. Nel caso gli importi dovuti siano inferiori a 50000€ il contribuente potrà suddividere i versamenti in otto rate trimestrali. Se invece il contribuente abbia un debito con l’Amministrazione per importi superiori a 50000€ ci sarà la possibilità di suddividere il versamento in fino a sedici rate trimestrali.
Nel caso i versamenti attengano imposte dirette, IVA, Irap ed imposte sui redditi i suindicati versamenti potranno essere effettuati attraverso il modello F24, ove invece si tratti di imposte indirette i versamenti dovranno essere effettuati attraverso il modello F23.
Il contribuente avrà l’onere di far pervenire all’Amministrazione la quietanza dell’avvenuto pagamento della prima rata, che costituirà accettazione del pagamento rateale di quanto dovuto.