Con una crescente attesa da parte di una varia platea di interessati, proseguono i lavori del governo M5S + Lega per poter arrivare alla promessa abolizione della legge Fornero, e la conseguente riforma pensioni che dovrebbe (il condizionale è ancora d’obbligo) la quota 100, la quota 41 e l’opzione donna.
Ma cosa è bene attendersi? Che cosa è previsto nel contratto di governo? E che cosa potrebbe venire alla luce nei prossimi mesi?
Riforma pensioni nel contratto del governo
Andiamo con ordine, e cerchiamo di partire dalle promesse contenute nel contratto del governo del cambiamento M5S + Lega.
Al suo interno, come noto, un capitolo è dedicato al sistema previdenziale, con superamento della riforma delle pensioni della legge Fornero, mediante stanziamento di 5 miliardi di euro: tanti dovrebbero bastare per poter agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie oggi escluse.
Il contratto è in questo caso piuttosto esplicito. Tra le righe del documento si legge infatti la volontà di consentire l’uscita dal mondo del lavoro
quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti.
Oltre a ciò, gli auspici del contratto prevedono un riordino del welfare con la sospirata separazione tra servizi di previdenza e di assistenza, e la proroga dell’opzione donna, che dovrebbe consentire alle lavoratrici con 57 – 58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi di poter andare subito in pensione, con opzione per il regime contributivo.
Legge Fornero e abolizione parziale
Naturalmente e come era prevedibile, il fatto che il governo vada a intaccare il quadro normativo della legge Fornero non sta a significare che il sistema previdenziale debba essere riscritto dal punto di partenza. Tra i punti che non dovrebbero essere interessati dalla riforma spicca ad esempio il mantenimento delle pensioni di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi, o ancora la possibilità di poter fruire di una pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi.
Come da previsioni, tali soglie anagrafiche dovrebbero essere gradualmente spostate in avanti, in linea con il miglioramento delle speranze di vita. La pensione di vecchiaia passerà così da 66 anni e 7 mesi a 67 anni, mentre la pensione anticipata passerà da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi di contributi.
Quota 100
Chiarito quanto sopra, appare evidente come il punto di maggiore interesse sia rappresentato dalla c.d. “quota 100” o “quota 41” (a seconda che si guardi al totale dell’età anagrafica + contributiva, o alla sola età contributiva per la pensione anticipata).
In particolare, la quota 100 consente di andare in pensione se la somma tra l’età pensionabile e gli anni di contributi versati restituisce almeno il risultato di 100. Considerato che in molti casi non si potrà effettuare un calcolo in termini unitari (si pensi ai lavoratori che hanno lavorato 40 anni e 6 mesi), i mesi andranno trasformati in decimali (40 anni e 6 mesi diventano così 40,5 anni di contributi).
Quota 41
Diverso discorso per la quota 41, che invece consente di andare in pensione se il lavoratore ha versato almeno 41 anni di contributi.
Si tratta pertanto di un meccanismo alternativo alla quota 100, che consente la possibilità di andare in pensione se il lavoratore ha versato 41 anni di contributi, senza che debba rilevare l’età anagrafica del contribuente. Il sistema prevede un adeguamento alla speranza di vita, con incrementi di 3 mesi ogni due anni.
Proroga opzione donna
Un altro aspetto della riforma pensioni riguarda la proroga dell’opzione donna, una strada di uscita agevolata dal mondo del lavoro, nel caso in cui la lavoratrice accetti il ricalcolo contributivo della pensione.
Trattandosi di una proroga… possiamo fare riferimento al quadro odierno, che consente alle donne che desiderano andare in pensione in anticipo di farlo se hanno almeno 57 anni di anzianità anagrafica (lavoratrici dipendenti) o 58 anni (lavoratrici autonome, se hanno anche 35 anni di contributi). Anche tali soglie dovrebbero essere gradualmente adattate alla speranza di vita.
La salvaguardia
Tra le altre proroghe promesse dal governo Conte, anche quella della nona salvaguardia, che dovrebbe permettere ai lavoratori che hanno beneficiato dei precedenti decreti di mantenere i propri benefit. Si parla pertanto di una platea di lavoratori in mobilità, che hanno ottenuto l’autorizzazione a versare i contributi volontari, cessati dal servizio, in congedo per potersi occupare dei figli disabili o a termine.