La nascita indesiderata – indice:
- La responsabilità della struttura
- La responsabilità verso terzi
- La determinazione equitativa del danno
- Il risarcimento al padre
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10812/2019, si è occupata del delicato tema del risarcimento dei danni in caso di nascita indesiderata. Cogliendo lo spunto per poter decretare il diritto al risarcimento del padre che non avrebbe voluto la nascita del figlio, i giudici della Suprema Corte hanno anche condiviso diversi altri principi molto interessanti sul tema della responsabilità medica da nascita indesiderata, che andremo ora a riepilogare brevemente negli aspetti di maggiore rilievo.
Responsabilità della struttura sanitaria
In primo luogo, la sentenza della Suprema Corte sottolinea come giurisprudenza di legittimità abbia più volte sottolineato come la struttura sanitaria risponda a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente sia per fatto proprio ex art. 1218 c.c., se tali danni sono dipesi dall’inadeguatezza della struttura, sia per fatto altrui ex art. 1228 c.c., se sono dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale.
In particolare, giurisprudenza ha chiarito in modo evidente e univoco come la struttura sanitaria risponda direttamente delle ingerenze dannose del dipendente o del terzo preposto (medico), della cui opera si è avvalsa.
Responsabilità nei confronti di soggetti terzi
Chiarito ciò, la Suprema Corte ha rammentato che, come peraltro si è già avuto modo di affermare in stessa sede, la responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria oltre che nei confronti del paziente è configurabile anche relativamente ai soggetti terzi cui si estendono gli effetti protettivi del contratto. E, dunque, anche nei confronti particolari dei prossimi congiunti, come il padre, nel caso di contratto tra la gestante e la struttura sanitaria / medico, avente ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza.
Il perno della vicenda interpretativa è dunque quello di delineare quali criteri sono meritevoli di delimitare la rilevanza giuridica delle conseguenze dannose che derivano dal danno evento, costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta dolosa o colposa del danneggiante / debitore, e non anche sul danneggiato / creditore.
Quando scatta il risarcimento
Da quanto sopra viene così stabilito che in caso di danni conseguenza (aggravamento / morte) che sono effetto di eccezionali condizioni personali del danneggiato o fatto successivo del terzo e in particolare del medico (si pensi alla cura errata), non si può ridurre o escludere il relativo risarcimento in favore della vittima.
Il danneggiato rimane infatti esposto agli effetti in conseguenza di un antecedente causale che è stato determinato da condotta colposa o dolosa da parte del debitore / danneggiante. Dunque, il debitore / danneggiante non potrà che essere esposto anche ai risarcimenti.
È evidentemente diverso il caso in cui un pregresso fattore naturale sia elevabile a causa del danno, senza connessioni con la condotta colposa.
Determinazione equitativa del danno
Se infatti viene individuato un antecedente fattore naturale, che pur privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, è dotato di efficacia concausale nel determinare la situazione patologica, ad esso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell’illecito, e in particolar modo dell’elemento del nesso di causalità tra la condotta il danno, appartenendo invece a una serie causale autonoma rispetto a quella in cui quest’ultima si inserisce. Allo stesso si può unicamente dare rilevanza sul piano della determinazione equitativa del danno.
Al solo esito dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità, sulla base del criterio del più probabile che non, tra condotta e danno, la considerazione dello stato pregresso patologico del creditore / danneggiato può valere a condurre una limitazione dell’ammontare dovuto dal debitore / danneggiante, in occasione del diverso e successivo momento della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e della determinazione del quantum di risarcimento.
Risarcimento del danno al padre
Peraltro, giova rammentare come quella ora in commento non sia certamente l’unica sentenza che ha riconosciuto il risarcimento del danno al padre.
Già con la sentenza n. 2675/2018, infatti, la Corte di Cassazione chiarisce che sul tema il risarcimento spetta non solo alla madre nel caso di diagnosi errata concernente il feto.
Per gli Ermellini, infatti, è necessario valutare i diritti e i doveri che si incentrano sulla procreazione cosciente e responsabile. E, di conseguenza, considerare che il padre non può ritenersi estraneo agli effetti negativi della condotta del medico. Né, si intende, alla responsabilità della struttura in cui il medico opera.
Dunque, per i giudici anche il padre non può che considerarsi tra i soggetti ‘protetti’. E, pertanto, tra coloro la cui prestazione mancata o inesatta è qualificabile come inadempimento.
Proprio dalla considerazione del padre come soggetto protetto dall’ordinamento, e dalla tutela della procreazione cosciente e consapevole, discende il suo diritto a essere risarcito. Il risarcimento verterà sui danni, immediati e diretti, che derivano dalla condotta medica. Tra di essi, anche il pregiudizio di carattere patrimoniale che evidentemente deriva dai doveri di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli.