La natura dell’istituto dell’ACF/ABF – una guida rapida
La recente sentenza n. 3654/2022 del Tribunale di Roma afferma che l’istituto dell’ABF/ACF, sotto il profilo della natura giuridica, non è assimilabile a conciliazione, arbitraggio o arbitrato irrituale. È invece qualificabile come un meccanismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie di natura contenziosa e decisoria-aggiudicativa, le cui decisioni non possono tuttavia passare in giudicato o costituire un titolo esecutivo, nemmeno ricorrendo allo strumento del decreto ingiuntivo in caso di decisione non eseguita dall’intermediario.
È la banca condannata dai giudici territoriali a sollevare l’eccezione, sostenendo che la decisione dell’ACF non possa avere natura arbitrale e non fosse vincolante per l’istituto di credito in quanto non suscettibile di esecuzione forzata.
Dal canto suo, il cliente sosteneva invece che:
- l’ACF fosse una procedura arbitrale, essendo previsto un collegio giudicante che definisce una controversia con procedura motivata applicando le norme giuridiche che disciplinano la materia (artt. 5 e 15 Reg. ACF)
- la decisione presa dal Collegio giudicante avesse natura negoziale, in quanto le parti avevano deciso che sulla loro controversia decidesse secondo diritto un collegio nella veste non di giudice ma di privato compositore / comune mandatario
- la decisione dell’ACF, di conseguenza, integrasse la fattispecie di lodo arbitrale irrituale e costituisse dunque un contratto avente forza di legge tra le parti ex art. 1372 c.c..
Il cliente dell’istituto di credito aggiunge altresì che, stante la natura di lodo arbitrale irrituale, il foro competente era quello di Roma, poiché ivi era sorta l’obbligazione avendo l’ACF sede a Roma.
La natura giuridica dell’ABF/ACF
I giudici ricordano innanzitutto come la Corte Costituzionale abbia avuto modo di escludere l’ABF dal novero di quei soggetti che, dotati di giurisdizione, sono capaci di sollevare questioni di legittimità costituzionale. Sottolineano inoltre che la dottrina specialistica ha cercato a più riprese di delineare le coordinate di inquadramento dell’ABF/ACF, soggetto che ha innovato l’ordinamento.
Precisano ancora i giudici che negli anni non sono certo mancati i tentativi di riconduzione dell’Arbitro nelle categorie note. E non sono mancati gli sforzi finalizzati a mettere a sistema le relative caratteristiche.
Passando poi all’analisi della dottrina, si sono registrati diversi orientamenti finalizzati ad assimilare tale istituto a una conciliazione, a un arbitrato o a un arbitraggio.
Conciliazione
Soffermandosi su ciascuno di questi punti, i giudici si dichiarano non convinti dell’apparentamento con la conciliazione. La procedura dinanzi all’ABF culmina infatti in una decisione secondo diritto che definisce, anche se in modo non vincolante, regole di comportamento che valgono tra le parti in ordine alla situazione sostanziale dedotta, preconizzando così il risultato di un giudizio ordinario.
La pronuncia si intende rigidamente ancorata – si legge ancora – al principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato. Sicchè, è la domanda a definire il limite invalicabile della cognizione e della decisione, precludendo così soluzioni atipiche, concretizzandosi la decisione dell’ABF/ACF nella capacità di importi all’interno di un sistema che non va oltre l’irrogazione di sanzioni reputazionali o il possibile dispiego di poteri ispettivi da parte dell’organi di vigilanza, la Banca d’Italia.
La concicliazione, diversamente, rientra in quel novero di procedure che rendono prioritaria la ricerca di una composizione bonaria della lite, anche grazie all’intervento di un terzo mediatore, potendo dirsi di successo se conduce ad un accordo, ricercato tramite medoti che non possono essere aprioristicamente definibili.
Arbitraggio
E per quanto riguarda l’accostamento tra ABF/ACF e l’arbitraggio? Chi sostiene questa tesi supporta evidentemente il fatto che la pronuncia del collegio possa essere assimilata a determinazione rimessa ad apprezzamento di terzo, ai fini dell’integrazione del regolamento contrattuale in corso di formazione. Tuttavia, i giudici sostengono che in relatà questa tesi non sarebbe persuasiva. L’ABF, sia pure in forma semplificata, mima negli sviluppi e nel risultato il giudizio per la soluzione della controversia, inducendo così ad escludere l’ipotesi di cui sopra.
Arbitrato
Infine, vi sono stati dei tentativi di assimilazione dell’ABF/ACF alle procedure arbitrali. Il nomen iuris impiegato – si legge nella motivazione del giudice – è certamente fuorviante. La procedura attivabile dinanzi all’ABF/ACF ricalca la struttura dialettica che è tipicamente processuale secondo la semplificata articolazione che guida a un pronostico sulla distribuzione di torto e ragione, coinvolgendo le stesse parti nella cui sfera l’atto finale dovrebbe dispiegare gli effetti.
Per i giudici, ciò che induce a escludere l’assimilazione tra ABF e arbitrato, è la constatazione che non è ravvisabile tra le parti alcun accordo vagamento assimilabile a un compromesso, né alla volontà devolutiva dell’intermediario. Per cui, di contro, l’adesione obbligatoria costituisce una pre-condizione per lo svolgimento di attività bancaria e finanziaria. Senza contare che – ferma l’assenza di pregiudizio sulla possibilità di instaurare un ordinario di cognizione – non è ravvisabile alcun meccanismo di tipo impugnatorio rispetto alla fase arbitrale, sussistendo piuttosto la possibilità per il giudice adito di esaminare ex novo la controversia.
Da ultimo, se il procedimento può essere instaurato solo su iniziativa del cliente, non si registrano i caratteri di simmetrica e compiuta attribuzione di prerogative, poteri di reazione e controlli che ne costituisce la peculiarità, poteri di reazione e di controllo che ne costituisce la peculiarità, in quanto le sanzioni irrogabili sono a carico del solo intermediario, a dispetto dell’arbitrato, ove iniziativa e esposizione a conseguenze giuridiche non discriminano le due parti coinvolte. La decisione del Collegio non è inoltre vincolante.
Ancora, sostengono i giudici, non può ritenersi che la libera scelta di adire il collegio arbitrale poggi sull’opportunità di concludere un contratto di contenuto transattivo, che potrebbe essere suscettibile di divenire definitivo se non impugnato.
Le caratteristiche dell’istituto
In questo contesto, considerato che l’arbitrato finanziario è riconducibile a fatica negli schemi tradizionali, è sicuramente preferibile:
- da un lato non incorrere in tentazioni classificatorie, considerata la peculiarità dell’istituto
- dall’altro lato constatare l’indubitabile intenzione del legislatore di rendere disponibile uno strumento stragiudiziale di composizione della lite, rapido ed economico.
Peraltro, è lo stesso strumento dell’ABF/ACF a non fornire chiarezza sulla sua natura.
Il procedimento dell’ABF/ACF presenta di fatti le seguenti caratteristiche:
- una struttura a parti fisse: l’atto introduttivo è costituito dal ricorso, che può essere proposto solamente da clienti e solo nei confronti degli intermediari
- il ricorso può essere accolto o rigettato, in esito all’instaurazione del contraddittorio e all’esame della controversia da parte del Collegio
- nel caso di non accoglimento non è possibile adottare una pronuncia di condanna nei confronti del cliente né l’intermediario può proporre domande riconvenzionali.
Da quanto sopra dovrebbe risultare palese come il procedimento dinanzi all’ABF/ACF sia improntato a un favor nei confronti dei ricorrenti. E che la sua limitazione è relativa alla struttura del giudizio. Il merito delle controversie è invece deciso sulla base delle considerazioni di diritto.
Si rammenta poi come le decisioni del Collegio ABF non siano vincolati né abbiano idoneità a passare in giudicato o a costituire titolo esecutivo. L’adozione del sistema ADR, che si conclude con l’accoglimento o il rigetto, non preclude dunque in alcun modo il diritto di ricorrere ad altri mezzi di tutela. Cosa che, peraltro, è ben prevista dal nostro ordinamento.
Le decisioni del Collegio
Ora, non sfugge come la conformazione da parte degli intermediari alle indicazioni del Collegio dovrebbe essere assicurata dalla c.d. sanzione reputazionale. Vale a dire, la prevista pubblicazione della notizia dell’eventuale inadempimento sul sito internet dell’ABF/ACF.
Quindi, integrano i giudici nelle loro valutazioni, ci si può limitare ad affermare che si tratta di un meccanismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie. La sua natura è doppia: contenziosa e decisoria-aggiudicativa. L’esperimento del procedimento è dunque idoneo ad assolvere al requisito di procedibilità di cui al d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 a cui gli intermediari sono tenuti per legge ad aderire.
L’esito del procedimento è una decisione strutturalmente simile a una sentenza. Non è dunque un accordo tra le parti. Pur non essendo vincolante, però, è dotato di alcuni presidi di cogenza indiretta che rendono funzionale ed efficace il meccanismo.
Ora, tali elementi finalizzati alla ricostruzione dell’istituto, complessivamente intesi, hanno portato il giudice a respingere la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività. Si esclude dunque che l’ACF dia luogo a un lodo arbitrale e costituisca un contratto stipulato ex art. 1372 c.c. avente forza di legge tra le parti.