Abuso del diritto in materia tributaria – guida rapida
- Operazioni prive di sostanza economica
- I motivi della decisione
- L’accoglimento del ricorso
- L’interesse economico dell’iniziativa
- L’abuso del diritto
Per l’accertamento dell’abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 212/2000, l’operazione oggetto di contestazione non deve essere valutata solo in relazione a un determinato periodo di imposta, ma nel suo complesso e nel contesto temporale di più anni.
Ad affermarlo è la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia che, nel respingere l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto come le attività svolte dalla società contribuente, nel complesso considerate, fossero dotate di una sostanzia economica ab origine.
Vediamo insieme come si è svolto il processo e quali sono state le motivazioni della Corte.
Operazioni prive di sostanza economica
Il caso trae origine dall’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ritiene che le operazioni poste in essere dalla società S, relative:
- all’acquisto nel 2010 di una partecipazione nella società V,
- nella concessione di un finanziamento fruttifero alla stessa società,
- nell’acquisizione da parte di V di una partecipazione del 70% nella società A nel 2015
- nello stesso anno alla rinuncia al finanziamento,
- nella cessione della partecipazione in V ad un corrispettivo simbolico, con conseguente realizzazione di ampia minusvalenza,
siano operazioni “prive di sostanza economica” fin dall’origine, essendo la contribuente al corrente delle pregresse difficoltà finanziarie e, dunque, qualificabili nella prospettiva dell’abuso del diritto previsto dall’art. 10-bis, comma 1, della Legge n. 212/2000, in quanto
l’unica logica economica rinvenibile nella sequenza delle operazioni poste in essere dal contribuente è quella di creare una minusvalenza ad hoc da dedurre ai fini delle imposte sui redditi.
Con ricorso/reclamo, la società S impugna l’avviso di accertamento eccependo la corretta deduzione della minusvalenza, che l’Ufficio non avesse assolto l’onere di provare la natura abusiva del comportamento tenuto dalla ricorrente, né avesse indicato l’operazione alternativa che la contribuente avrebbe dovuto effettuare per evitare la contestazione del comportamento abusivo. Domanda pertanto l’annullamento dell’atto impugnato.
I motivi della decisione
La Corte ricorda come i giudici delle prime cure avessero affermato che l’investimento effettuato dalla S appare un’operazione posta in essere con la finalità di partecipare ad un progetto di rilevante significato economico. Il fatto che successivamente la cessione della partecipazione, avvenuta a seguito del fallimento del progetto industriale intrapreso, abbia determinato la realizzazione di una minusvalenza significativa, non porta a qualificare l’intera operazione come abusiva ed elusiva, finalizzata a realizzare indebiti vantaggi fiscali.
Per i giudici, si rinvengono le ragioni economiche che hanno giustificato le operazioni poste in essere dal contribuente, che ha effettuato diverse operazioni finanziarie, sopra descritte, che hanno determinato un risultato negativo, legittimamente ritenuto deducibile anche sotto il profilo fiscale.
Per i giudici, ancora, il corrispettivo simbolico ottenuto per la cessione della partecipazione al capitale della società V, appare congruo considerando la situazione patrimoniale ed economica in quel momento della società partecipata e di conseguenza della controllante V, che evidenziano entrambe un patrimonio netto negativo, provato dai bilanci e dalle perizie allegate.
Si palesano dunque come regolari le ragioni economiche che hanno giustificato le operazioni poste in essere dal contribuente. Né si sarebbe realizzato alcun abuso del diritto avendo il contribuente effettuato operazioni finanziarie che hanno determinato un risultato negativo, che è stato legittimamente ritenuto deducibile anche sotto il profilo fiscale.
Il Collegio ha poi verificato che la ricorrente ha dimostrato, allegando numerosa decisiva documentazione probatoria, che le operazioni oggetto di contestazione siano state effettuate nell’ambito della propria normale attività di impresa e che hanno avuto un imprevedibile ed imprevisto esito sfavorevole, determinando una perdita legittimamente deducibile fiscalmente.
L’accoglimento del ricorso
Dall’analisi dei bilanci e delle perizie allegate si conferma inoltre la congruità del prezzo di cessione della partecipazione, considerando la situazione patrimoniale ed economica in quel momento della società partecipata e di conseguenza della controllante V. G. P. s.r.l, che evidenziano entrambe un patrimonio netto negativo.
Alla luce di ciò, il ricorso viene accolto.
Sul punto, sostiene ancora la pronuncia, i Giudici di primo grado hanno correttamente ricostruito le operazioni poste in essere dalla S. srl., concludendo che
nella fattispecie si rinvengono le ragioni economiche che hanno giustificato le operazioni poste in essere dal contribuente, il quale ha effettuato operazioni finanziarie (acquisto di partecipazione in una società, finanziamento della medesima società e a distanza di 5 anni disinvestimento mediante cessione della intera partecipazione acquisita) che hanno determinato un risultato negativo, che è stato legittimamente ritenuto deducibile anche sotto il profilo fiscale.
I giudici di legittimità ribadiscono infatti, come già riconosciuto dai Giudici di primo grado, “che la contestazione dell’Ufficio appare infondata e immotivata sia in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 per affermare l’esistenza di una condotta abusiva che giustifichi la non opponibilità all’Amministrazione Finanziaria delle operazioni poste in essere, sia, conseguentemente, in ordine alla contestata indeducibilità della minusvalenza di € 151.501 realizzata nel 2015 in quanto basata su una ricostruzione delle operazioni di investimento e disinvestimento operate dalla S. s.r.l. nel 2010 e nel 2015 (quindi in un lasso temporale non certo limitato) come operazioni collegate e finalizzate unicamente al conseguimento di un indebito risparmio d’imposta e, pertanto, asseritamente non opponibili all’Amministrazione Finanziaria”.
Si evidenzia ancora come le operazioni contestate siano operazioni finanziarie poste in essere dalla S. s.r.l. nell’ambito della propria normale attività di impresa, che non hanno avuto un esito favorevole determinato una “perdita” legittimamente deducibile anche fiscalmente.
L’interesse economico dell’iniziativa
Ancora, i giudici sono concordi nell’accettare che l’iniziativa rivestiva un particolare e significativo interesse economico. La società P. s.r.l. era infatti detentrice di alcuni brevetti per la trasformazione di rifiuti in materie prime/manufatti, supportata altresì da studi universitari e da un forte interesse di società del settore.
Sulla base delle ricostruzioni svolte, appare dunque evidente che l’operazione di investimento effettuata dalla S. s.r.l. fosse un’operazione posta in essere con la finalità di partecipare ad un progetto ritenuto di rilevante significato economico e non per una mera finalità di vantaggio fiscale.
Peraltro, a dimostrazione del fatto che l’operazione originariamente intrapresa era dotata di una effettiva sostanza economica, nel giudizio di primo grado è stata prodotta ampia documentazione che dimostra che la ABM V. s.r.l. (poi SBS V. s.r.l.) fosse società patrimonialmente strutturata in quanto proprietaria dei terreni e fabbricati destinati al progetto industriale in essere e che era soggetto in possesso di tutte le autorizzazioni e il know how necessario all’esecuzione dell’investimento programmato.
Congruità del prezzo di cessione della partecipazione
Per quanto concerne il tema della congruità del prezzo di cessione della partecipazione, l’Ufficio afferma che la rinuncia al finanziamento per 150.000 e la vendita in breve tempo della partecipazione per il prezzo di € 500 configurano nel complesso un’operazione che non è solo antieconomica per la società S e priva di qualsiasi potenziale idoneità ad incidere positivamente sulla sua capacità di produrre utili alla società partecipata, bensì finalizzata ad ottenere anche un risparmio d’imposta realizzato con la contabilizzazione della plusvalenza.
Sul punto appare tuttavia che il corrispettivo di 500, ottenuto per la cessione della partecipazione al capitale della società VGS sia congruo, considerando la situazione patrimoniale ed economica in quel momento della società partecipata SBS V e di conseguenza della controllante VGS, che evidenziano entrambe un patrimonio netto negativo, come dimostrato dalla documentazione prodotta in primo grado dalla ricorrente.
Ribadisce dunque il giudice che il richiamo da parte dell’Ufficio alla previsione dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 come modificata dal d.lgs. n. 128/2015 per affermare la natura abusiva delle operazioni esaminate appare errato e comunque non conforme alla previsione normativa che impone all’Ufficio l’onere di provare la natura abusiva del comportamento tenuto dal contribuente.
Si considera inoltre che l’art. 10-bis Legge n. 212/2000 individua tre presupposti per l’esistenza dell’abuso del diritto inteso come operazione priva di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizza essenzialmente vantaggi fiscali indebiti:
- l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
- la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
- la circostanza che il vantaggio fiscale risulti l’effetto essenziale dell’operazione.
L’abuso del diritto
Ancora, l’Ufficio ha ritenuto come il comportamento tenuto dalla contribuente, oltre ad integrare la fattispecie dell’abuso del diritto, configura nel suo complesso un’operazione che è giocoforza carente del nesso di inerenza richiesto dall’art. 109, comma 5, del TUIR essendo priva di qualsiasi potenziale idoneità ad incidere positivamente sulla sua capacità di produrre utili.
Per l’Ufficio, appare infatti che le operazioni poste in essere dall’appellata, ovvero la rinuncia al finanziamento e la subitanea cessione della partecipazione ad un prezzo irrisorio, fossero operazioni prive di sostanza economica ab origine.
Per la Corte, però, sono plausibili le giustificazioni fornite dalla Società Parte Appellata relative alla situazione di crisi in cui versava le società S.b.s. – V, proprio perché, già prima dell’ingresso nel capitale della società V. gren power da parte di Tre-v e S, tale situazione di crisi era nota, così come dichiarato anche nella risposta al questionario.
La Corte ritiene quindi che nella fattispecie in esame non si ravvisino i presupposti per la qualificazione della intera operazione alla luce dell’art. 10-bis Legge n. 212/2000, considerando che l’operazione va vista nel suo complesso e nel contesto temporale di più anni e non solo con contestualizzazione alle operazioni svolte concentrate nell’anno di imposta 2015.
La Corte ritiene quindi corretto quanto deciso dai primi giudici.