Il sequestro preventivo di animali in condominio – indice:
Il giudice può disporre il sequestro preventivo degli animali se arrecano disturbo ai vicini: è quanto confermato da recente pronuncia della Corte di Cassazione dello scorso 20 ottobre 2016, con la quale viene ribadita la correttezza della sentenza del tribunale di Trieste, con la quale gli animali sono considerabili “cose pertinenti al reato” e, dunque, in grado di consentire alla loro proprietaria di continuare a commettere il reato di disturbo della quiete pubblica.
I cani in condominio che generano disturbo dello stabile
Per comprendere come si sia arrivati a tale pronuncia, val la pena cercare di ricostruire brevemente l’accaduto. Il caso riguarda infatti una donna indagata perché i suoi tre cani, tenuti in un cortile condominiale e in pessime condizioni igieniche, generavano disturbo alla quiete dello stabile, abbaiando e contribuendo ad alimentare dei cattivi odori che arrivavano alle finestre dei vicini. I condomini, spazientiti per il protrarsi di questa situazione, hanno così sporto denuncia, trascinando la fattispecie in tribunale.
Il giudice di primo grado, dopo aver esaminato la documentazione prodotta dalle autorità sanitarie, ha ammesso il sequestro preventivo onde evitare che gli stessi animali, intesi come “cose”, possano essere ulteriormente utilizzati per il reato commesso dalla proprietaria. La quale, ben inteso, si è immediatamente opposta alla decisione del tribunale ricorrendo in Cassazione, e lamentando che un simile distacco avrebbe provocato sofferenza negli animali.
La decisione della Cassazione: legittimo il sequestro preventivo di animali domestici
Giova a questo punto cercare di comprendere per quali motivi la Cassazione abbia rigettato il ricorso della proprietaria degli animali, ritenendolo infondato.
In primo luogo, la Corte ha ribadito di aver affermato più volte che gli animali sono considerati “cose”, assimilabili alla res anche ai fini della legge processuale e dunque, ricorrendone i presupposti, possono ben costituire oggetto di sequestro preventivo. A nulla vale il riconoscere ai cani lo status di “esseri senzienti”, visto e considerato che tale qualità (peraltro, di aleatorio inquadramento) non muta il loro regime giuridico, tenuto conto che l’uomo che “rispetto a determinate specie animali, l’uomo ha sempre riconosciuto una capacità, maggiore o minore, di comprendere e di relazionarsi con l’uomo stesso”.
Quanto sopra conduce poi ad un’ulteriore riflessione, ovvero all’affermazione degli ermellini secondo cui non sarebbe “proponibile qualsivoglia equiparazione tra le esigenze lecite dell’uomo e quelle dell’animale, così da giungere addirittura a ritenere la condotta umana sproporzionata per essere l’interesse che la muove meno importante della garanzia di benessere dell’animale”. Con un passaggio che ha determinato qualche malumore da parte di diversi commentatori, la Cassazione afferma che “gli uomini sono superiori agli animali, sono padroni degli animali e li utilizzano per le loro esigenze, sia pure tentando di evitare loro sofferenze superflue perché non collegate al soddisfacimento dell’interesse umano”.
L’interesse preminente dell’uomo rende il sequestro anche degli animali legittimo
Assodato che l’interesse dell’essere umano è superiore e preminente a quello dell’animale, la Corte sottolinea anche che la sofferenza del cane derivante dall’allontanamento del luogo in cui è custodito dalla proprietaria (sofferenza che i giudici affermano comunque non essere stata dimostrata), sarebbe priva di rilevanza rispetto alle esigenze umane tutelate dalle norme penali. Il sequestro, aggiunge ancora la Corte, “produce la non provata minore sofferenza possibile per gli animali interessati, che non sono né uccisi, né feriti o maltrattati, ma soltanto trasferiti in un diverso luogo di custodia”.
In aggiunta a ciò, la Cassazione sottolinea che anche il sentimento che la proprietaria ricorrente prova verso i propri animali, “non impedisce la loro sequestrabilità”, considerato che “il legislatore, infatti, pur riconoscendolo, non ha ritenuto di trarne un divieto di sequestro al fine di evitare una sofferenza al padrone degli animali; cosicché – in un bilanciamento questa volta possibile, trattandosi tutti di interessi umani – tale sentimento non può che cedere rispetto a quelli tutelati dalle norme penali già menzionate”.
Alla luce di quanto sopra, la Cassazione ritiene pertanto legittimo il sequestro preventivo dei cani, poiché trattasi di cose pertinenti ai reati contestati la cui disponibilità da parte dell’indagata può protrarre la loro consumazione.