L’annullabilità del contratto – indice:
L’istituto dell’annullamento del contratto trova la propria fonte principale agli articoli 1441 e seguenti del codice civile. Il primo comma dell’articolo 1441 del codice civile dispone che:
“L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.”
L’annullamento ha infatti quale propria caratteristica distintiva quella di poter essere richiesto, generalmente, solo da una parte del contratto. Si tratta di un vizio di invalidità del contratto meno grave rispetto alla diversa ipotesi della nullità.
Quando un contratto è annullabile
Il codice civile individua fondamentalmente due categorie di vizi che portano il contratto od altri atti ad essere annullabili. L’annullabilità del contratto può dipendere da incapacità di una delle parti o da vizi della volontà. Questi ultimi possono essere determinati da errore, violenza o dolo.
L’azione di annullamento ha natura costitutiva: il contratto viene annullato con pronuncia del giudice, non “ex lege” (automaticamente). Può essere generalmente attivata soltanto dalla parte a favore della quale è prevista o dai suoi aventi causa (eredi, legatari ecc.), ma ci sono delle eccezioni, identificate in “annullabilità assoluta”.
Una eccezione alla relatività dell’azione di annullamento è ad esempio rappresentata dall’articolo 1441 del codice civile. “L’incapacità del condannato in stato di interdizione legale può essera fatta valere da chiunque vi abbia interesse”. Nella quasi totalità dei casi non è invece così.
L’annullabilità per incapacità di una delle parti
L’articolo 1425 del codice civile stabilisce che il contratto possa essere annullato “per incapacità delle parti”. Cosa significa essere incapaci?
Precisiamo in primo luogo come il codice si riferisca in questo caso ad “incapacità di agire”. La definizione dell’incapacità di agire è data dal codice civile in due articoli: il 414 ed il 404. Si tratta dell’“incapacità a provvedere ai propri interessi”.
La legge distingue due categorie di incapacità: quella legale e quella naturale.
Annullamento per incapacità legale
In caso di incapacità legale, la legge fa operare una cosiddetta “presunzione assoluta”: non è possibile dare prova contraria alla circostanza che uno di questi soggetti sia incapace. L’incapacità legale è prevista per i minorenni, per gli interdetti sottoposti a tutela, per in condannati interdetti legali, per gli inabilitati e per i beneficiari di amministrazione di sostegno. Questi soggetti non possono perfezionare qualsiasi tipo di atto autonomamente. Un contratto ad esempio stipulato da un minorenne senza l’autorizzazione del giudice tutelare e la legale rappresentanza dei genitori sarà annullabile. Allo stesso modo il beneficiario di amministratore di sostegno non potrà perfezionare autonomamente gli atti rispetto ai quali sia dichiarato incapace nel decreto di nomina.
Il termine di prescrizione per attivare l’azione di annullamento per incapacità legale è di cinque anni. Tale termine decorre, ai sendi dell’articolo 1442 del codice civile, dalla cessazione di interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno o dal raggiungimento della maggiore età o infine dalla morte dell’incapace legale.
Annullamento per incapacità naturale
L’incapacità naturale è invece disciplinata all’articolo 428 del codice civile. Questa può essere provata dai soggetti che, sebbene non incapaci legali, dimostrino in giudizio la propria incapacità nel momento in cui abbiano compiuto un determinato atto. L’incapacità deve essere dunque provata da questi soggetti. Non opera quindi alcuna presunzione come per l’incapacità legale. Oltre ad avere l’onere della prova, questi soggetti hanno un termine prescrizionale meno favorevole. Il termine di prescrizione per l’azione di annullamento per incapacità naturale è sempre di cinque anni, ma decorre dalla data di compimento dell’atto viziato.
L’annullabilità per vizi della volontà: errore, violenza e dolo
Gli articoli 1427 disciplinano l’annullabilità del contratto per vizi della volontà: errore, violenza e dolo. L’azione di annullamento in questi casi è prevista a favore del soggetto in errore, di chi sia stato vittima di violenza e di chi sia stato raggirato (dolo).
Annullabilità per errore
Per determinare l’annullabilità del contratto l’articolo 1428 stabilisce come l’errore debba essere “essenziale” e “riconoscibile” agli altri contraenti. L’errore che non sia essenziale sarà incidente e non determinerà invece l’annullabilità del contratto.
Per essere essenziale l’errore deve, ai sensi dell’articolo 1429 del codice civile:
- Cadere sulla natura o sull’oggetto del contratto.
- Cadere sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso.
- Avere come oggetto la qualità o qualità dell’altro contraente ove le stesse siano state determinanti del consenso.
- Se errore di diritto, essere la ragione principale del contratto.
Il termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione è di cinque anni e decorre dalla data in cui è stato scoperto l’errore.
Annullabilità per violenza
Ai sensi dell’articolo 1434 del codice civile, la violenza causa l’annullamento del contratto anche se esercitata da un terzo. La violenza deve “far temere una persona sensata di esporre sé o i suoi beni ad un male ingiusto e notevole”.
L’articolo 1436 del codice civile stabilisce come la violenza possa determinare l’annullabilità del contratto anche quando diretta contro a terzi o a loro beni, ove tali terzi siano ascendenti, discendenti o il coniuge del contraente.
Il termine prescrizionale in caso di violenza è di cinque anni che decorrono dal giorno in cui la violenza è cessata.
Annullabilità per dolo
Ai sensi dell’articolo 1439 del codice civile il dolo è causa di annullamento quando “i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato. In questo caso il dolo viene definito “determinante”. Il dolo non causa l’annullamento del contratto quando “incidente”. L’articolo 1440 del codice civile definisce il dolo incidente come raggiri che non siano stati tali “da determinare il consenso”. In questo caso la condotta del contraente “raggirante” dà luogo soltanto al risarcimento del danno.
Il termine per l’esercizio dell’azione dell’annullamento per dolo è di cinque anni e decorre dalla data in cui il raggiro è stato scoperto.