L’assegno di mantenimento – indice:
- Cos’è
- Dei figli
- I presupposti
- Del coniuge
- Il calcolo dell’assegno
- La decorrenza
- La perdita dell’assegno
- Cosa fare se non è versato
- L’assegno divorzile
Il diritto del coniuge economicamente più debole e dei figli non autosufficienti a percepire l’assegno di mantenimento trova fonte in diverse disposizioni del codice civile. Tali diritti, distinti, sono trattati in modo unitario in sede di separazione coniugale. Quanto al coniuge, il diritto al mantenimento è stabilito agli articoli 143 e 156 del codice civile. Il correlativo diritto dei figli è stabilito agli articoli 147 e 315-bis del codice civile.
Cos’è l’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento è quell’obbligazione a cui sono tenuti i genitori a beneficio dei figli non economicamente autosufficienti nonché i coniugi fra loro. In sede di separazione il contributo al mantenimento ha luogo solitamente a carico del coniuge non collocatario dei figli a beneficio degli stessi, e a carico del coniuge economicamente più forte a beneficio del coniuge economicamente più debole. L’assegno di mantenimento non va confuso con l’assegno divorzile: quest’ultimo è un istituto posto a tutela dell’ex coniuge economicamente più debole in determinate circostanze, dopo lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio.
L’assegno di mantenimento dei figli minorenni e maggiorenni in sede di separazione e divorzio
Quanto ai figli il diritto è sancito all’articolo 147 del codice civile. Lo stesso stabilisce:
“Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”.
L’art. 315-bis del codice civile, rubricato “Diritti e doveri del figlio”, statuisce:
“I. Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita’, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
II. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
III. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
IV. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacita’, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”
I presupposti: quando spetta l’assegno di mantenimento e quanto dura
Il figlio, quindi, ha il diritto di essere mantenuto dai genitori, finché non raggiunga l’autosufficienza economica. Di tale circostanza il giudice tiene conto nel parametrare l’assegno di mantenimento.
I figli maggiorenni e minorenni
Pertanto, detto assegno spetta anche al figlio maggiorenne, sino alla sua indipendenza economica e considerato altresì il percorso di studi svolto. Il genitore gravato dall’obbligo di versare l’assegno di mantenimento non potrà cessare di versare lo stesso solo perché il figlio sarebbe astrattamente in grado di trovare un’occupazione.
La Suprema Corte di Cassazione è recentemente intervenuta (Cass. civile 30.1.2019 n. 2735). Ha infatti statuito che
“la mancata frequentazione tra il genitore e il proprio figlio, causata da una decisione del figlio, non comporta per il genitore il venir meno dell’obbligo di mantenimento economico”.
Pertanto, quest’ultimo sarà tenuto a versare l’assegno di mantenimento al figlio anche se costui ha deciso di non frequentarlo”.
Cosa non è incluso nell’assegno di mantenimento: le spese straordinarie per i figli
Per quanto concerne l’ammontare di detto assegno di mantenimento, il genitore su cui grava l’obbligo di corresponsione, che corrisponde generalmente al genitore non collocatario del figlio, deve sostenere le spese ordinarie e il 50% di quelle straordinarie.
A titolo esemplificativo e stando all’orientamento della giurisprudenza maggioritaria, relativamente alle spese attinenti al profilo scolastico/educativo, occorre rilevare che rientrano tra le “spese ordinarie” quelle effettuate per l’acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, dell’abbigliamento per lo svolgimento dell’attività fisica a scuola. Tutto ciò, ovviamente, basandosi sulla considerazione che la frequenza scolastica da parte del minore non è qualcosa di eccezionale ed imprevedibile.
Al contrario, si tratta di spese dal carattere obbligatorio e fondamentale. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto sono considerate “spesa ordinaria” . Per quanto riguarda, invece, i viaggi studio all’estero, la partecipazione alle gite scolastiche e le ripetizioni scolastiche o gli sport, esse debbono essere ricondotte alla categoria delle “spese straordinarie”. Le eventuali e future spese per la formazione universitaria (tasse e libri scolastici) dovranno intendersi quali “spese ordinarie”.
Le esigenze sanitarie dei figli
Relativamente alle esigenze sanitarie della prole, le stesse, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle “spese ordinarie” ed altre volte qualificate come “spese straordinarie”. Si deve ritenere che rientrino tra le prime le c.d. “cure ordinarie”, come le visite pediatriche, l’acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente, nonché le visite di controllo routinarie. Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi “spesa ordinaria” essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione.
Diversamente, sono qualificate come “straordinarie” le spese concernenti un improvviso intervento chirurgico. Allo stesso modo sono tali quelle dei trattamenti psicoterapeutici, dei cicli di fisioterapia necessari in seguito ad un incidente stradale od altro. Anche l’acquisto di un paio di occhiali da vista per il figlio o l’apparecchio ortodontico rientrano tra le “spese straordinarie” . Infine, la vita del figlio si compone anche di essenziali momenti ludici e di svago. I genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico – reddituale, sono chiamati a soddisfarli. Così l’acquisto di un computer o quello di un motorino dovrà essere qualificato come “spesa straordinaria”. Saranno tali anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli.
L’assegno di mantenimento a favore del coniuge in sede di separazione: i presupposti e la durata
Mentre, in costanza di matrimonio, l’obbligo “all’assistenza morale e materiale” è sancito all’articolo 143 del codice civile, in sede di separazione, l’articolo 156 del codice civile stabilisce:
“Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.
Il presupposto dell’erogazione dell’assegno di mantenimento, come stabilito dall’articolo 156, è innanzi tutto la circostanza che non sia stata pronunciata separazione con addebito.
L’assegno è riconosciuto “in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.
Il giudice quindi terrà conto della capacità reddituale dell’obbligato e dell’avente diritto, di eventuali ed ulteriori oneri a carico di questi e della capacità del coniuge avente diritto all’assegno di produrre reddito. Nel caso il coniuge avente diritto sia disoccupato l’assegno, ad esempio, sarà di importo maggiore.
L’assegno di mantenimento è commisurato al tenore di vita avuto in costanza di matrimonio. Quanto dura il diritto del coniuge a percepire l’assegno di mantenimento? Come vedremo nei successivi paragrafi il diritto viene meno quando non sussistono più i presupposti per percepirlo.
Il calcolo dell’assegno di mantenimento
I criteri di calcolo per l’assegno di mantenimento a beneficio degli aventi diritto in sede di separazione e divorzio non hanno regole scientifiche. Tendenzialmente il coniuge non collocatario, laddove percepisca un reddito compreso fra i 1000 e i 2000 euro al mese, sarà tenuto a versare al coniuge collocatario un importo compreso fra i 250 e i 300 euro per ciascun figlio.
In sede di separazione l’assegno di mantenimento a beneficio del coniuge economicamente più debole è riconosciuto laddove le distanze reddituali siano significanti, nella misura del 50% in più dell’uno rispetto all’altro. Quando il coniuge collocatario dei figli e assegnatario della casa familiare sia privo di reddito, l’assegno di mantenimento a beneficio del coniuge collocatario dei figli sarà chiaramente maggiorato.
Non esistono tuttavia dei parametri ufficiali di calcolo rispetto al reddito percepito da ciascun coniuge.
La decorrenza del diritto a percepire l’assegno di mantenimento
Da quale momento decorre il diritto per coniuge economicamente più debole e per i figli a percepire l’assegno di mantenimento? A stabilirlo è (anche) la Corte di Cassazione con la sentenza numero 2960 del 2017. La Corte di Cassazione, facendo propri i principi generali dell’ordinamento, ha stabilito che il diritto a percepire l’assegno di mantenimento decorra dalla data in cui la domanda è stata depositata. Il diritto a percepirlo infatti, secondo i principi generali non deve “essere pregiudicato al tempo necessario per farlo valere in giudizio”. Nei procedimenti di separazione giudiziale la domanda si attiva mediante il deposito del correlativo ricorso, a far corso da tale data si matura dunque il diritto.
Il giudice tuttavia può stabilire date di decorrenza diverse in relazione al diritto a percepirlo.
La cessazione e perdita del diritto all’assegno di mantenimento
La cessazione dell’assegno di mantenimento ha presupposti differenti a seconda che il beneficiario sia il coniuge o i figli.
Il coniuge perde il diritto a percepire l’assegno di mantenimento laddove:
- Inizi a convivere con altra persona;
- Passi a nuove nozze;
- Muoia il coniuge obbligato;
- Si modifichino per circostanze sopravvenute le capacità reddituali o patrimoniali dell’obbligato o del beneficiario;
- Sopravvenga un diverso accordo fra i coniugi.
Per quanto attiene al diritto a percepire l’assegno di mantenimento da parte dei figli, l’obbligo cessa per il genitore obbligato laddove:
- Il figlio raggiunga l’autosufficienza economica in modo tale da poter provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita;
- Il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica per colpa imputabile al beneficiario;
- Il protrarsi dell’obbligo oltre a ragionevoli limiti di tempo (Così Cassazione con ordinanza 19135 del 2019).
Cosa fare se il coniuge obbligato non versa l’assegno di mantenimento?
L’obbligo a corrispondere l’assegno di mantenimento ha il proprio titolo esecutivo in una sentenza, in un’ordinanza con i provvedimenti provvisori del Presidente del Tribunale oppure in un accordo di negoziazione assistita. In tutti questi tre casi siamo in presenza di un titolo esecutivo. Quest’ultimo dà modo al beneficiario dell’obbligo di poter agire esecutivamente su tutti i beni presenti e futuri del debitore (il coniuge obbligato). Il coniuge beneficiario o i figli beneficiari avranno dunque un titolo per promuovere un pignoramento o un pignoramento presso terzi a carico del coniuge obbligato.
L’assegno divorzile
Di diversa natura è invece l’assegno divorzile. L’assegno divorzile è sicuramente un “minus” rispetto a quello di mantenimento in sede di separazione. È previsto all’articolo 5 della legge numero 898 del 1970 (la legge sul divorzio).
La Corte di Cassazione, con sentenza numero 18287 del 2018, ha analiticamente stabilito i parametri per il calcolo dello stesso.
Fra questi si annoverano:
Le condizioni economiche dei coniugi;
Il tenore di vita avuto nel corso del matrimonio;
Il contributo dei coniugi alla vita coniugale;
Le potenzialità reddituali di ciascun coniuge;
La durata del rapporto matrimoniale.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio