La clausola claims made – indice:
Con la sentenza Cassazione n. 24645 del 2 dicembre 2016, la Suprema Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale già espresso nel recente passato, affermando che la clausola claims made (di tipo misto) non è vessatoria.
Ad ogni modo, aggiunge la Corte, questo non toglie che il giudice di merito possa valutare se dichiararla nulla per difetto di meritevolezza o perché determina un significativo squilibrio nei diritti e negli obblighi che derivano dal contratto, in danno del consumatore.
Ma cosa è la clausola claims made? E come si è giunti a tale pronuncia?
Che cosa è la clausola claims made
La clausola claims made, tradotta più o meno correttamente nell’esperienza italiana come “a richiesta fatta“, è una particolare clausola assicurativa a cui può essere assoggettata una polizza di responsabilità civile verso terzi (non auto), per la quale il sinistro è attivato dalla richiesta di risarcimento che l’assicuratore riceve, con la conseguenza che le relative garanzie operano solamente dal momento in cui la richiesta è ricevuta.
Per avere una migliore comprensione delle differenze tra le polizze in regime claims made e quella in regime loss occurrence, si prenda in considerazione una tradizionale polizza di responsabilità professionale, in cui tra il momento in cui il professionista commette l’errore professionale e il momento in cui il cliente ha percezione dell’errore professionale, potrebbe trascorrere molto tempo.
Con la polizza loss occurrence, affinchè vi sia una copertura assicurativa è necessario che il danneggiante sia assicurato già al momento della commissione dell’errore. Con la polizza claims made “pura”, il professionista potrebbe avere copertura assicurativa anche senza essere assicurato al momento della commissione dell’errore, purchè sia comunque assicurato al momento della richiesta di risarcimento danni.
Nella prassi assicurativa, la clausola claims made è altresì inserita in un sistema di tipo misto. Tale ipotesi ricorre laddove la clausola claims made mista sia utilizzata congiuntamente con una diversa clausola – come quella che introduce il regime loss occurrence sopra delineato – al fine, di solito, di limitare l’estensione della garanzia della claims made pura.
Si verifica infatti spesso l’ipotesi in cui la clausola possa escludere dalla copetura assicurativa i rischi verificatisi oltre un periodo di tempo (di norma tre anni) precedenti alla stipulazione della polizza, fermo restando che la denuncia del terzo deve comunque pervenire all’assicuratore durante il periodo di vigenza della stessa.
La sentenza della Cassazione
Nel caso in esame in Cassazione, la questione prende origine dalla richiesta di risarcimento che è stata avanzata da un uomo a fronte di un’ipotesi di responsabilità medica per il decesso della moglie. Dopo iniziale accoglimento, in sede di gravame la domanda di manleva proposta nei confronti della compagnia di assicurazione dell’ospedale è rigettata in applicazione della clausola claims made. Questa non è considerata dal giudice dell’appello come vessatoria né per altra ragione invalida o inefficace.
Dunque, considerato che la clausola nella formulazione mista di cui alla fattispecie era stata giudicata meritevole dalla Corte territoriale, dopo il suo esame la Cassazione non ha potuto far altro che confermare l’orientamento giurisprudenziale da tempo espresso, dichiarando non vessatoria la clausola, ma precisando che il giudice di merito può comunque dichiararla nulla per difetto di meritevolezza o se determinare uno squilibrio tra diritti e obblighi del consumatore.
In precedenza, con sentenza Cassazione n. 9140 del 6 maggio 2016, la stessa Corte ha definito non vessatoria la clausola che nel contratto di assicurazione di responsabilità civile subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che il fatto illecito e la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o entro periodi determinati di tempo preventivamente individuati (ovvero, come da clausola claims made mista).