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Home » Penale » Patrimonio » Autoriciclaggio e reimpiego, le differenze – una guida rapida

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Autoriciclaggio e reimpiego, le differenze – una guida rapida

Avv. Beatrice Bellato consulenzalegaleitalia.it Autoriciclaggio e reimpiego, le differenze – una guida rapida
reimpiego
Avv. Beatrice Bellato

L’autoriciclaggio e il reimpiego – indice

  • Cos’è il reimpiego
  • Cos’è l’autoriciclaggio
  • La clausola di riserva
  • La condotta
  • La destinazione dei proventi

Qualche giorno fa abbiamo avuto modo di apprezzare le sensibili differenze sussistenti tra il reato di autoriciclaggio e quello di riciclaggio.

Compiamo oggi un altro passo in avanti in tale ambito, scoprendo quali sono le differenze tra l’autoriciclaggio e il reimpiego, di cui all’art. 648 ter del codice penale.

Anche in questo caso, non possiamo non cominciare tale approfondimento da un riepilogo del dispositivo utilizzato dal legislatore.

Cos’è il reimpiego

Il delitto di reimpiego o, meglio, di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, è così descritto nel codice penale:

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 648. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Cos’è l’autoriciclaggio

Al fine di apprezzare le differenze sussistenti tra le due definizioni di reato, giova anche riassumere brevemente cosa intenda per autoriciclaggio il legislatore, evidenziandone i passaggi qui più significativi:

Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. (…)

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale. (…)

Clausola di riserva nei reati di reimpiego e autoriciclaggio

Introdotto quanto sopra, possiamo cercare di apprezzare quali siano le differenze tra i due reati, cominciando dalla clausola di riserva.

La clausola, contenuta nell’art. 648-ter c.p. è richiamata dal testo “fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis”, comportando che del reato di reimpiego non possa rispondere il soggetto che ha concorso nel commettere il reato presupposto, da cui poi derivino i proventi illeciti, o che abbia commesso, in relazione agli stessi beni, i reati di ricettazione e di riciclaggio.

In questo ambito, pertanto, il reato di reimpiego va ad integrarsi e ad agire come una specie di completamento di quanto sia è già avuto modo di commentare, negli scorsi giorni, sul fronte dell’art. 648-bis.

La condotta nei reati di reimpiego e autoriciclaggio

Un’altra differenza tra i reati di reimpiego e di autoriciclaggio è rappresentata dalla condotta.

Nel reato di cui si parla nell’art. 648-ter, infatti, la condotta è unicamente quella dell’impiego. Di contro, nell’autoriciclaggio la condotta è potenzialmente più varia, poiché può essere in maniera indifferente sia l’impiego che la sostituzione, o il trasferimento.

Secondo autorevole dottrina, non vi sono inoltre dubbi sul fatto che la condotta dissimulatoria deve esserci anche in relazione al reimpiego, atteso che il passaggio “in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa” utilizzato dal legislatore nel definire l’autoriciclaggio, può riferirsi indifferentemente alla sostituzione, al trasferimento e al reimpiego.

Tale opinione è peraltro ben supportata anche da diverse opinioni giurisprudenziali.

Di fatti, nonostante la norma di cui all’art. 648-ter non faccia alcun riferimento alla condotta dissimulatoria finalizzata a far perdere le tracce dell’origine illecita dei beni, i giudici di Cassazione hanno chiarito più volte che questa finalità dissimulatoria deve essere necessaria anche con riferimento al reato di impiego di denaro, beni e altre utilità.

Dunque, in realtà, sebbene ci sia una differenza sul dispositivo, in realtà le due norme di cui all’art. 648-ter e 648-ter.1 sarebbero praticamente identiche.

La destinazione dei proventi nei reati di reimpiego e autoriciclaggio

Concludiamo infine con un breve richiamo alla destinazione dei proventi illeciti.

Come emerge dalla lettura del dispositivo, nel reato di impiego questa deve essere circoscritta alle attività economiche e finanziarie. E a nulla rileva il fatto che si tratti di attività lecito o illecite.

Di contro, nel reato di autoriciclaggio le attività non sono solamente quelle economiche o finanziarie, ma in senso più ampio tutte quelle attività imprenditoriali o speculative.

Difficile, peraltro, arrivare a un’opinione univoca di sintesi su che cosa possa intendersi per attività imprenditoriali, fermo restando che appare chiaro il richiamo al materiale codicistico civile.

Possiamo infine individuare l’attività economica in senso particolarmente ampio, ricomprendendo tutte le attività che potrebbero avere caratteristiche finanziarie, imprenditoriali e speculative.

Avv. Filippo Martini – diritto penale

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