La rilevabilità d’ufficio del tasso usurario – indice:
- Nullità del contratto
- Anatocismo rilevabile d’ufficio
- Invalidità della clausola di anatocismo
- Eccezione di usurarietà
La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sull’annoso tema dell’applicazione di condizioni usurarie da parte degli istituti di credito, sancendo che la rilevazione del tasso oltre soglia possa essere effettuata anche d’ufficio: a sostenerlo è la recente sentenza n. 17150 del 17 agosto 2016, con la quale la Cassazione civile ha fatto il punto sulla rilevabilità d’ufficio del tasso usurario.
La nullità del contratto di conto corrente
La vicenda arriva in Cassazione per ricorso di una signora correntista, contro la sentenza della Corte d’appello di Catania, che ha parzialmente accolto l’impugnazione a suo tempo proposta da un istituto di credito contro la stessa correntista, nei riguardi della sentenza del Tribunale di Catania che, decidendo dell’opposizione al decreto ingiuntivo che la signora aveva proposto, aveva accolto l’opposizione, revocato il monitorio e condannato la Banca al pagamento delle spese processuali. La Corte territoriale aveva dichiarato la nullità parziale del contratto di conto corrente – con rilevazione d’ufficio – in riferimento alla clausola di trimestralizzazione degli interessi passivi, disponendo il calcolo del saldaconto sulla base di un accertamento peritale.
In secondo grado, il giudice d’appello respingeva l’eccezione di nullità parziale della convenzione sugli interessi, poiché determinabile nella misura di 5 punti percentuali sopra il tasso ufficiale di sconto e non inferiore al 18%. Contro tale decisione la correntista proponeva ricorso per Cassazione.
L’anatocismo rilevabile d’ufficio: nullità parziale del contratto
La decisione della Suprema Corte è evidentemente in favore della correntista. Nella sua pronuncia, infatti, i giudici della Cassazione ricordano che in relazione a un conto corrente bancario “il rilievo d’ufficio della questione relativa alla nullità della clausola di computo degli interessi (per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c.), unitamente alla non contestazione (da parte della Banca) dell’avvenuta applicazione, su base annuale, degli interessi già computati dalla creditrice in via trimestrale e con anatocismo, in applicazione della clausola nulla esplicitati in un nuovo anatocismo sulla base della CTU affidata dal giudice, avrebbe dovuto portare la Corte territoriale ad applicare le rigorose conseguenze di quella declaratoria di nullità, in conformità del principio di diritto posto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte e dei quali, giustamente, la ricorrente invoca l’applicazione, escludendo ogni sorta di computo anatocistico”.
Invalidità della clausola di anatocismo
In altri termini, laddove il giudice abbia rilevato d’ufficio e accolto la questione dell’invalidità della clausola di anatocismo, dichiarando quindi la nullità parziale del contratto per l’invalidità di essa, egli deve altresì decidere delle conseguenti questioni che nascono dalla stessa nullità. Nella specie in esame, “la Corte territoriale, pur avendo dichiarato la nullità della clausola di trimestralizzazione degli interessi non ne ha tratto le dovute conseguenze ulteriori che (…) importavano anche l’eliminazione, nel calcolo degli interessi, di qualsivoglia capitalizzazione”.
Di qui, il principio di diritto enunciato dalla Cassazione, secondo cui “in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, una volta che il giudice abbia dichiarato la nullità della detta clausola egli non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi, perchè questi, in conseguenza di quella declaratoria, si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato”.
Rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di usurarietà
Per quanto concerne invece la rilevabilità (o meno) d’ufficio dell’eccezione di usurarietà del tasso di interesse, la sentenza rammenta il principio di diritto già posto dalla stessa Corte di Cassazione in alcune pronunce tra il 2005 e il 2013, secondo cui
“nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole del contratto di conto corrente bancario che rinviano alle condizioni usualmente praticate per la determinazione del tasso d’interesse o che prevedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., qualora vi sia contestazione, anche per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, in presenza di un’azione diretta a far valere l’invalidità di un contratto, il giudice possa rilevare d’ufficio la nullità per cause diverse da quelle dedotte dall’attore”.