La Cautela Sociniana – indice:
A sostegno del principio della tutela dei legittimari, la cautela sociniana è disciplinata dal nostro art. 550 c.c.. La norma introduce nel nostro ordinamento una sorta di “contenimento” di quanto sancito dal precedente art. 549 c.c., secondo cui in capo ad alcuni soggetti (appunto, i legittimari), in ragione dei particolari legami di parentela o di coniugio con il de cuius, viene a costituirsi un diritto a succedere nei rapporti del testatore.
L’art. 549 c.c. afferma infatti che “il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari (…)”, intendendo per pesi e oneri tutte le disposizioni che incidono negativamente sulle quote dei legittimari o che possano modificare o incidere sulla posizione giuridica degli stessi rispetto alla medesima (si pensi all’obbligo imposto di assumere una determinata persona).
Cos’è la cautela sociniana
Il principio di cui sopra subisce un’attenuazione nell’istituto della cautela sociniana. La definizione dell’istituto richiama il nome del noto giurista Mariano Socino, il quale ammise la validità di una simile eccezione in un suo parere.
Il legislatore ha assorbito tale parere nell’art. 550 c.c., secondo cui:
Quando il testatore dispone di un usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile, i legittimari, ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o di parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di erede.
La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile.
Se i legittimari sono più, occorre l’accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia esecuzione.
Le stesse norme si applicano anche se dell’usufrutto, della rendita o della nuda proprietà è stato disposto con donazione.
Cerchiamo ora di esaminare in un livello di maggiore dettaglio le introduzioni contenute nei quattro commi dell’articolo.
Le ipotesi di cautela sociniana
Da un primo esame del tenore letterale dell’articolo del codice civile, emerge come la norma interessi due principali ipotesi.
La prima è che il testatore assegni al legittimario, attraverso un testamento o una donazione, dei beni in nuda proprietà, e a terzi (non rileva, in questo caso, che siano o meno legittimari) un diritto di usufrutto o una rendita vitalizia, il cui reddito superi quello della quota disponibile. Si pensi, ad esempio, al fatto che il testatore può lasciare al figlio la nuda proprietà sul proprio intero patrimonio, e a un terzo l’usufrutto di tale patrimonio.
La seconda ipotesi è invece quella per la quale il testatore può assegnare al legittimario un diritto di usufrutto, mentre a terzi dispone una nuda proprietà che eccede la quota disponibile. Anche in questo caso, può giovare riassumere un breve esempio: il testatore può lasciare al figlio l’usufrutto del proprio patrimonio e a un terzo la nuda proprietà.
Contenuto ed effetti della cautela sociniana
Le due ipotesi di cui sopra hanno in comune quello che è il “perno” intorno al quale ruota la cautela sociniana. Si tratta dell’eccedenza di un diritto di usufrutto o di una rendita vitalizia, in favore di terzi legatari, rispetto alla quota effettivamente disponibile.
In tali casi, il legittimario può scegliere se dare regolare esecuzione alla disposizione testamentaria, oppure conseguire integra la porzione di legittima, abbandonando al terzo l’usufrutto o la nuda proprietà, ma limitatamente alla quota disponibile. Il legatario usufruttuario consegue in questo modo la piena proprietà della quota disponibile, ma non la qualità di erede.
La norma permette pertanto al legittimario di poter tutelare le proprie ragioni, senza essere costretto ad esperire un’azione di riduzione. La scelta di cui sopra dovrà essere effettuata in forma libera, ma entro il termine ordinario di prescrizione, pari a 10 anni (cioè, lo stesso termine che viene disposto per l’azione di riduzione).
Interpretazione della cautela sociniana
Gli studiosi evidenziano come la cautela sociniana ponga in essere un problema teorico. La stessa infatti nega la posizione ereditaria a chi consegue una parte del patrimonio del de cuius. Alcuni osservatori sostengono che ciò determini il sostegno “forte” di una teoria secondo cui la qualità ereditaria non può dunque discendere dall’acquisto del patrimonio ereditario.
In realtà, per poter superare questo problema è emersa la tesi che intende l’abbandono non come una vera rinuncia, bensì come uno specifico atto di cessione dei beni ereditari, nel senso in cui la scelta non deve essere identificata in una rinuncia all’eredità, bensì in un’opzione di cui la legge non determina alcuna forma, con la conseguenza che – come abbiamo introdotto qualche riga fa – la scelta può avvenire sia in modo espresso che tacito, e può anche essere provata con il ricorso a testimoni, o mediante presunzione.
Opposta a questa tesi vi è invece coloro che vogliono ricondurre quanto il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 550 c.c., con il concetto di azione di riduzione. La riduzione infatti presuppone una constatazione oggettiva della lesione, e qualifica la facoltà di scelta del legittimario alla stregua di un diritto potestativo, da attuarsi con un negozio giuridico unilaterale recettizio, e che produce il mutamente oggettivo del legato.
Esempio di esercizio della cautela sociniana
Cerchiamo di integrare le riflessioni di cui sopra con un breve esempio chiarificatore del funzionamento della cautela sociniana.
Immaginiamo che Mario muoia lasciando un solo figlio, Paolo, in qualità di erede legittimario.
Il patrimonio del de cuius è di 1.000.000 euro, con Mario che ha disposto in favore di Carlo, un amico, un usufrutto su un immobile del valore di 800.000 euro. il diritto alla quota di legittima di Paolo, che sarebbe pari a 500.000 euro, viene così leso. Cosa può fare Paolo?
Il figlio di Mario può agire in due modi. Con una prima azione può dare attuazione alla volontà espressa dal padre, testatore, conseguendo così la nuda proprietà dell’intero immobile oggetto di usufrutto (mentre come legittimario avrebbe diritto solamente alla metà di esso). Con la seconda azione può invece abbandonare la nuda proprietà della quota disponibile, che diverrà di Carlo (legatario), senza assunzione da parte di questo della qualità di erede.
Così facendo, la cautela sociniana permette all’erede legittimo, in questo caso Paolo, di poter tutelare le proprie ragioni senza per questo dover ricorrere a un’azione di riduzione.
Si tenga naturalmente in considerazione che – in virtù di quanto sopra abbiamo avuto modo di riassumere – che le stesse valutazioni possono ben dirsi nei confronti in cui al posto dell’usufrutto vi sia una rendita vitalizia, ovvero un contratto con cui il vitaliziante si obbliga a corrispondere al vitaliziato o a un terzo una prestazione economica periodica, per l’intera durata della vita del beneficiato, in cambio della cessione di un bene immobile o di un capitale.