Secondo quanto afferma la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza n. 27867/2017, le clausole claims made non sono vessatorie, visto e considerato che il loro unico fine è quello di circoscrivere l’oggetto della copertura assicurativa, descrivendo meglio il rischio assicurato all’interno del contratto di assicurazione.
In altri termini, precisano gli Ermellini, le clausole claims made non devono essere inquadrate nella categoria delle pattuizioni che hanno come obiettivo quello di limitare o di escludere la responsabilità del debitore (in questo caso, assicuratore), e di conseguenza, non assumendo carattere vessatorio, non devono essere approvate per iscritto.
Ma che cosa ha affermato esattamente la Corte di Cassazione? Cerchiamo di ricostruire brevemente la vicenda, e riportare alcuni stralci delle motivazioni della Suprema Corte.
La vicenda
Nel caso su cui si sono occupati gli Ermellini, la clausola claims made era contenuta all’interno di un contratto per l’assicurazione professionale stipulato da un notaio. Nella fattispecie, era una clausola claims made pura, nella quale si prescindeva dal momento di verificazione del fatto illecito, ma si teneva in considerazione solamente della circostanza che durante la vigenza del contratto fosse intervenuta la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato. Alla luce di tutto quanto sopra visto, la Corte di cassazione ne ha confermato la validità e la non vessatorietà.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
Come anticipato, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, rammentando come il giudice di appello abbia correttamente affermato che le parti, nella loro autonomia, possono ben stabilire una definizione convenzionale del sinistro che sia coincidente con la richiesta di risarcimento del danno, rimanendo così del tutto privo di rilievo il momento in cui tale danno si sia concretamente verificato.
La Corte territoriale ha poi specificato che, di contro, un’interpretazione sul fatto commesso rischierebbe di lasciare scoperti quegli eventi dannosi per i quali vi sia un divario temporale tra la condotta e l’insorgenza del pregiudizio.
Da quanto sopra, prosegue poi la lettura delle motivazioni da parte della Corte di Cassazione, la polizza assicurativa che contiene la clausola claims made viene a ricomprendere tutte le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di validità del contratto, garantendo in questo modo la copertura di tutti i danni che sono potenzialmente già in corso, sebbene siano determinati da errori professionali precedentemente commessi e non ancora conosciuti quanto alle conseguenze dal professionista.
Da quanto sopra ne consegue che, secondo la Corte, la clausola claims made non deve essere affatto inquadrata all’interno della categoria delle pattuizioni dirette a limitare oppure ad escludere la responsabilità del debitore, bensì all’interno della categoria di quelle clausole che sono dirette a meglio descrivere l’oggetto del contratto e, nello specifico del rischio assicurato.
In termini ancora più chiari, la Suprema Corte rammenta come di conseguenza possa assumere il carattere di clausola vessatoria, e non debba essere specificamente approvata per iscritto, la clausola claims made come sopra descritta e identificata. Si ricorda dunque come nella fattispecie in oggetto il notaio non poteva pretendere di essere manlevato per un sinistro verificatosi nell’anno 1997, ma denunciate in data 5 ottobre dopo 2004, ben oltre la scadenza naturale della polizza cui non era seguito alcuno rinnovo.
Ricordando le proprie precedenti sentenze in materia, la Corte di Cassazione ha poi rammentato come la decisione sia conforme alla giurisprudenza di legittimità quale risulta dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9140 del 06/05/2016. Su tale filone, la Corte rammenta che si tratta infatti di una condizione che può essere ricondotta alle ipotesi di clausole claims made di tipo puro, nelle quali si prescinde dal momento di verificazione del fatto illecito e si guarda solamente alla circostanza che durante la vigenza del contratto intervenga la richiesta risarcitoria da parte del terzo danneggiato.
A questo punto, la Corte ricorda infine come secondo il giudizio della Cassazione a Sezioni Unite le clausole claims made pure sono tendenzialmente meritevoli di tutela, poiché comportano vantaggi e svantaggi reciproci per il danneggiato e per l’assicurato. Se infatti è vero che le clausole claims made tendenzialmente non coprono i fatti illeciti verificatisi prima della scadenza del contratto la cui richiesta intervenga dopo la scadenza stessa (il che rappresenta un effetto di tipo svantaggioso), è anche vero che le clausole claims made possono coprire i fatti illeciti verificatisi prima della vigenza del contratto a patto che durante la vigenza dello stesso intervenga la richiesta risarcitoria (il che rappresenta invece un effetto vantaggioso).
Ne deriva in conclusione che la Cassazione ha sottolineato come la Corte di merito abbia eseguito lo scrutinio di meritevolezza della clausola in oggetto che ha ritenuto quindi valida e non vessatoria.
Va in tal modo arricchito il comparto delle pronunce che la Corte di merito e la Corte di legittimità hanno avuto modo di elaborare nei confronti delle clausole claims made, spesso protagoniste di sentenze piuttosto emblematiche negli ultimi anni. Anche alla luce della pronuncia che sopra abbiamo avuto modo di riassumere, almeno nei suoi termini principali, riteniamo però che stia emergendo in maniera sempre più chiara un’opinioni nettamente prevalente, che potrebbe essere consolidata nel corso delle prossime sentenze in attesa.