La collazione ereditaria – indice:
- Cos’è
- I soggetti
- L’oggetto
- Un esempio
- Le donazioni indirette
- Le eccezioni
- Per imputazione
- Il conferimento
- L’imputazione
- La dispensa
- Dispensa da collazione e da imputazione
- La collazione volontaria
- Come evitarla
L’istituto della collazione ereditaria trova la propria fonte nell’articolo 737 del codice civile. La norma stabilisce che:
“I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.”
Si tratta di un’operazione preliminare alla divisione ereditaria a cui sono tenuti i prossimi congiunti del defunto: coniuge, figli e loro discendenti. Il significato della collazione è di riequilibrare in sede di apertura della successione gli assetti patrimoniali alterati dalle donazioni poste in vita dal de cuius. Vediamo in che modo.
Con questo istituto, pertanto, il legislatore vuole ripristinare l’uguaglianza di trattamento nella ripartizione del patrimonio ereditario fra i familiari. L’istituto va a beneficio degli eredi che durante la vita del de cuius non hanno ottenuto beni e diritti in donazione.
Che cos’è la collazione ereditaria: definizione ed il significato
Ai sensi dell’articolo 737 del codice civile la collazione ereditaria è l’atto con cui i figli, i loro discendenti e il coniuge del defunto, conferiscono alla massa ereditaria tutti i beni mobili e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando questi era in vita. Le donazioni che il defunto ha fatto in vita, infatti, possano incidere in maniera significativa sul complesso dei beni lasciati al momento del decesso. Conseguentemente, il legislatore ha previsto la non neutralità a tal fine sul calcolo delle porzioni di beni che spettano a ciascuno degli eredi.
La collazione è un istituto relativo alla divisione ereditaria, e serve a individuare la massa ereditaria che si deve dividere, facendovi rientrare anche quei beni che vi sono usciti per effetto delle donazioni che il defunto ha fatto in vita. La collazione è dunque l’atto giuridico con il quale colui che ha ricevuto i beni per donazione conferisce nell’asse ereditario quanto ha ricevuto, al fine di formare le “porzioni” nel momento antecedente alla divisione.
Solo taluni soggetti sono tenuti fra di loro a farla, per chi non è fra questi non sussiste alcun obbligo né alcun beneficio. Tali soggetti sono, in riferimento al defunto, i figli, i discendenti ed il coniuge dello stesso. Fra i requisiti soggettivi inoltre, è necessario sottolineare come soltanto queste categorie di soggetti che siano divenuti eredi (avendo accettato espressamente o tacitamente l’eredità) e non siano semplici chiamati all’eredità siano tenuti alla collazione. I semplici chiamati, chi rinunci all’eredità, colui a danno del quale si maturi la prescrizione al diritto di accettare l’eredità o la decadenza, non sono tenuti ad effettuarla. La rinuncia all’eredità determina quindi il venire meno di un presupposto.
I soggetti tenuti
I soggetti tenuti sono individuati all’articolo 737 del codice civile. Sono obbligati, fra loro, i figli e i discendenti ed il coniuge. Gli stessi devono però:
- Non essere stati dispensati da collazione;
- Non aver rinunciato all’eredità;
- Aver accettato espressamente o tacitamente l’eredità;
Cosa rientra nella collazione: l’oggetto e le donazioni soggette
Possono divenire oggetto della collazione tutte quelle donazioni (dirette e indirette, traslative e costitutive, liberatorie o remuneratorie) effettuate in vita dal de cuius. È tuttavia necessario, affinché possa configurarsi l’obbligo della collazione ereditaria, che di vera e propria donazione si tratti. Non deve dunque trattarsi solamente di un negozio giuridico non donativo come ad esempio il comodato o un mutuo infruttifero. In altri termini, per il legislatore deve trattarsi di un atto che possa determinare un impoverimento del donante e un volontario arricchimento del donatario per spirito di liberalità, anche laddove ciò avvenga indirettamente, come vedremo nel prossimo paragrafo.
Un esempio di collazione ereditaria per imputazione e mediante conferimento in natura
Per comprendere bene la dinamica dell’istituto, può essere d’aiuto fare un esempio di collazione ereditaria sia attraverso il meccanismo dell’imputazione che attraverso quello del conferimento in natura.
Partiamo dal caso in cui un genitore, padre di due figli e non coniugato, deceda senza fare testamento e lasciando un patrimonio relitto del valore di 300. Il primo figlio ha ricevuto in vita una donazione senza dispensa da collazione del valore di 100, il secondo figlio, viceversa, non ha ricevuto alcunché, né a titolo di donazione diretta né di donazione indiretta.
All’apertura della successone il primo figlio sarà tenuto alla collazione di quanto ricevuto per donazione, portando la massa ereditaria così a 400. Il primo figlio avrà, a sua scelta, due possibilità:
- Collazionare per imputazione quanto ricevuto, imputandone il valore a quanto gli spetterebbe sulla massa complessiva di 400 (relictum di 300 oltre alla donazione collazionata del valore di 100). Così entrerà in comunione ereditaria con il fratello per 100 sui 300 di relictum, e non già per 150 su 300, avendo già ricevuto una donazione del valore di 100;
- Collazionare mediante conferimento in natura quanto ricevuto e quindi entrare in comunione ereditaria sulla massa così formata per una quota di un mezzo, quota del valore quindi di 200 sui 400 così formati.
Cosa accadrebbe invece in caso di dispensa da collazione?
In questo caso il primo figlio, donatario di 100, entrerebbe in comunione ereditaria (sui 300 di relictum) per una quota di un mezzo (ulteriori 150 oltre ai 100 già ricevuti per donazione), senza essere tenuto alla collazione e così conseguendo, con la donazione fatta in vita dal padre, un valore complessivo di 250 a fronte dei 150 del fratello.
Le donazioni indirette
Si tenga inoltre conto che sono soggette a collazione ereditaria anche le donazioni indirette, cioè quelle donazioni che risultano da schemi negoziali che hanno una causa tipica differente da quella delle donazioni. Si tratta per lo più di ipotesi in cui l’arricchimento del donatario non è dipeso direttamente da un contratto di donazione, bensì da atti o da negozi giuridici il cui scopo immediato non è quello di soddisfare il già ricordato spirito di liberalità.
L’esempio tipico di donazione indiretta è quello in cui in sede di compravendita immobiliare intervenga un padre per pagare al proprio figlio il prezzo dell’immobile ai sensi dell’articolo 1180 del codice civile (adempimento del terzo). È evidente come in questo caso non ci si trovi davanti a un contratto di donazione vero e proprio. Il bene immobile però, acquistato con il danaro del padre, entra nel patrimonio del figlio in conseguenza al pagamento effettuato comunque per spirito di liberalità.
Le eccezioni alla collazione
Ricordiamo infine che non sono soggette a collazione, per disposizioni di legge, le donazioni di valore modico in favore del coniuge. Allo stesso modo non lo sono le spese per il mantenimento e per l’educazione dei figli, quelle che vengono sostenute per malattia, quelle ordinarie che vengono effettuate per abbigliamento o per le nozze, e le spese ordinarie che vengono sostenute per l’istruzione.
I soggetti quindi generalmente tenuti alla collazione non saranno tenuti a collazionare fra di loro tutte le spese sostenute (solitamente dai propri ascendenti) per fare fronte agli oneri di questo tipo, come viceversa accade nel caso si tratti di donazioni.
La collazione per imputazione
Il codice civile prevede sostanzialmente due modalità attraverso le quali è possibile porre in essere l’operazione. Un primo modo è quello previsto dall’articolo 747 del codice civile (collazione per imputazione). La norma dà sempre la possibilità al donatario di imputare la donazione a lui fatta dal donante in vita. Il valore del bene o del diritto deve essere valutato con riferimento al momento dell’apertura della successione. La collazione per imputazione è tendenzialmente la via preferenziale ed è sempre possibile.
Un esempio di collazione per imputazione può essere fatto nell’ipotesi in cui, il de cuius, sposato e con due figli, abbia un patrimonio di centoventi, ed abbia donato in vita alla propria coniuge diritti del valore di venti, senza dispensa. All’apertura della successione, in assenza di testamento, la coniuge sarà tenuta alla collazione, e potrà farlo senza conferire materialmente quanto donato alla massa ereditaria, ma semplicemente “imputando” quanto ricevuto a quanto le spetta all’apertura della successione. I diritti spettanti a ciascuno degli eredi summenzionati secondo le norme della successione legittima saranno di un terzo (articolo 581 del codice civile), pari a quaranta. La coniuge dovrà però collazionare per imputazione quanto donatole, del valore di venti, conseguendo sul patrimonio ereditario soltanto venti (120/3 – 20).
La collazione mediante conferimento in natura
Un secondo tipo di collazione è quello mediante conferimento in natura alla massa ereditaria. L’articolo 746 del codice civile prevede questa possibilità per i beni immobili che non siano stati ipotecati. L’erede donatario potrà dunque optare per il conferimento del bene alla massa ereditaria prima di addivenire alla divisione ereditaria. In questo secondo caso il bene conferito entrerà a far parte della massa ereditaria in forza di un atto traslativo.
Imputazione ex se e riunione fittizia
Attenzione altresì a non confondere l’istituto in esame con quello dell’imputazione ex se, anche se la collazione può avvenire – appunto – per imputazione. Confusione terminologica a parte, la collazione non deve mai essere ricondotta all’imputazione di cui all’articolo 564 del codice civile, II comma, che è un onere per il legittimario che agisce con l’azione di riduzione. Un onere che prevede per il legittimario l’imputazione alla sua porzione legittima delle donazioni e dei legati a lui fatti, con lo scopo di evitare che esso faccia valere la sua legittima anche nei confronti della parte che è soddisfatta dal defunto con le donazioni e con quei legati.
L’imputazione ex se, come istituto connesso alla legittima, ha come presupposto di calcolo la cosiddetta riunione fittizia dei beni ereditari. La riunione fittizia dei beni ereditari è quel meccanismo di calcolo che, all’apertura della successione, somma i valori patrimoniali di quanto è stato oggetto di donazione da parte del defunto, al netto dei debiti ereditari, al “relictum” ereditario. Il relictum è quindi quanto residua nel patrimonio ereditario del defunto, al netto delle donazioni diretto o indirette.
L‘affinità tra collazione e riunione fittizia è limitata esclusivamente al fatto che anche l’imputazione in tema di collazione ereditaria è un’operazione contabile che non produce alcun trasferimento del bene. Tra i vari punti in comune tra i due istituti, rammentiamo in questa sede la possibilità che, al pari della collazione, anche l’imputazione di cui all’articolo 564 del codice civile, II comma, possa essere oggetto di dispensa ad opera del donante.
Dispensa da collazione ereditaria: cosa vuol dire
Quella della collazione è una procedura prevista dal codice civile, a meno che il donatario ne sia dispensato dal donante, nei limiti della quota disponibile. Il presupposto giuridico è quello di essere coeredi rispetto al soggetto verso il quale si è tenuti ad effettuarla. Nell’ipotesi in cui il defunto abbia invece dispensato dall’obbligo di collazione il soggetto che ha ricevuto in donazione, la successione e la divisione si svolgeranno come se il bene oggetto di donazione dispensata non vi fosse mai stato.
Il de cuius può dunque esonerare il donatario dalla collazione attraverso una espressa dichiarazione di dispensa da collazione, che agisce nei limiti della quota disponibile. Per la parte eccedente la dispensa determinerà una lesione dei diritti di legittima.
Per quanto ecceda la disponibile quindi, ad avviso di parte della dottrina la dispensa sarebbe nulla, per altra parte della dottrina sarebbe assoggettabile all’azione di riduzione (Discusso il senso del secondo comma dell’articolo 737 del codice civile in tema di dispensa nei limiti della disponibile).
La dispensa, come ha osservato più volte la Corte di Cassazione, genera un rafforzamento dell’attribuzione patrimoniale che viene disposta in favore del donatario, fino al limite – non superabile – che è rappresentato dall’intangibilità della quota di riserva che spetta ai legittimari.
Per quanto attiene alla revocabilità della dispensa, ricordiamo che nell’ipotesi in cui essa sia contenuta nell’atto stesso di donazione, per parte della giurisprudenza e della dottrina è revocabile solamente con l’accordo del donatario (se invece è contenuta in un testamento, sarà sempre revocabile), mentre, l’opinione forse ad oggi prevalente è che, anche se contenuta in un atto di donazione si tratti sempre di una disposizione mortis causa e quindi revocabile secondo il principio di libertà testamentaria.
Differenze fra dispensa da collazione e da imputazione ex se
Le differenze fra gli istituti della collazione e dell’imputazione ex se hanno il loro peso anche in tema di dispensa. La dispensa da collazione, infatti, opera su un piano concretamente diverso dalla dispensa dall’imputazione ex se.
Per fare un esempio sulla differenza fra i due istituti, prendiamo come riferimento un patrimonio ereditario del valore di cento, in presenza di una coniuge e due figli del de cuius: Tizio e Caio. La coniuge riceve in donazione un immobile del valore di venticinque, con dispensa da collazione. All’apertura della successione, in assenza di un testamento, su un patrimonio relitto di settantacinque, in assenza dei debiti, succederanno Tizio, Caio e la coniuge del de cuius per un terzo ciascuno, del valore di venticinque. Così facendo la coniuge dispensata da collazione conseguirà un patrimonio complessivo di cinquanta, mentre Tizio e Caio di venticinque ciascuno. Ciò accade in ragione del fatto che la coniuge non è tenuta a conferire alla massa ereditaria la donazione ricevuta quando il proprio defunto marito era in vita.
Poniamo invece il caso in cui la coniuge, fermo restando il patrimonio ereditario di cento, sia stata donataria di venticinque, con dispensa da imputazione ex se. In questo caso il de cuius ha fatto testamento, nominando solo i due figli in parti uguali (del valore di trentasette e mezzo ciascuno per complessivi settantacinque). Qui la coniuge avrà diritto a conseguire venticinque della propria legittima: i venticinque donati graveranno infatti sulla disponibile. Potrà quindi richiederli con azione di riduzione ai figli del de cuius (dodici e mezzo per ciascuno). Laddove la dispensa fosse stata da collazione e non da imputazione ex se, la coniuge avrebbe avuto il diritto a conseguire soltanto i venticinque donati.
La collazione volontaria
La collazione volontaria è il conferimento che viene imposto dalla volontà del de cuius, al di fuori dei casi che sono previsti dalla legge. Non è un istituto previsto dal legislatore, quanto un’evidenza della dottrina. Gli studiosi sono ormai concordi nell’assumere nella “collazione volontaria” tutte quelle fattispecie in cui l’imposizione del conferimento avviene in rapporto ad attribuzioni patrimoniali che il legislatore dichiara espressamente esenti da collazione legale. Quella volontaria ha luogo dunque fra soggetti concorrenti alla successione del donante, ma non legati allo stesso da vincolo di parentela.
Come evitare la collazione
È possibile evitare la collazione? Come visto nei precedenti paragrafi, evitare la collazione è possibile laddove si facciano venire meno i presupposti necessari per la sua verifica.
La collazione ereditaria può dunque essere evitata, in primo luogo, rinunciando all’eredità. Non c’è inoltre obbligo di collazione laddove il defunto abbia con testamento dispensato gli eredi che vi sarebbero stati tenuti.