Il collocamento dei figli – indice:
Tra i provvedimenti riguardo i figli in caso di separazione e divorzio oppure in caso di cessazione della convivenza di fatto per i figli nati fuori dal matrimonio c’è quello, non meno importante dell’affidamento, del collocamento. Si tratta della scelta in ordine alla residenza abituale del figlio che può essere presa di comune accordo tra i coniugi o, in mancanza di accordo, dal giudice.
Tale scelta riguarderà soltanto i figli minori non in grado di poter operare una scelta per la loro incapacità di discernere. I figli che si avvicinano alla maggiore età o che comunque hanno più di 12 anni o sono capaci di discernere hanno diritto di essere ascoltati dal giudice e di scegliere il genitore con il quale condividere la propria residenza.
L’accordo o il provvedimento di collocamento dei figli può essere modificato in un secondo momento qualora la residenza abituale prestabilita debba essere mutata per vari motivi.
Cos’è il collocamento dei figli
Il collocamento dei figli è la scelta effettuata dai genitori di comune accordo o in mancanza dal giudice sulla residenza abituale del figlio minore dopo la separazione o il divorzio. Può avvenire presso il padre o presso la madre e si tratta di un provvedimento unico che prescinde dall’eventuale affidamento condiviso. Il genitore presso il quale il figlio viene collocato assume la qualità di genitore collocatario e sarà il genitore che si occuperà prevalentemente del minore. Tale problematica riguardo i figli nasce anche in caso di cessazione della convivenza di fatto se ci sono figli minori.
Si tratta di una scelta che ha notevoli ripercussioni sulla vita del figlio, di cui in primo luogo si tutelano gli interessi. Discendono da essa infatti una serie di conseguenze che verranno trattate a breve. Ad esempio, il collocamento del figlio presso il genitore è presupposto di assegnazione della casa familiare.
Il provvedimento di collocamento dei figli a seguito delle cause di separazione e divorzio discende dalle norme cardine sulla responsabilità genitoriale e i diritti dei figli presenti nel codice civile. Nel dettaglio ci si riferisce agli articoli 337-bis e ter-del codice. L’articolo 337-ter in particolare stabilisce che “Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice”.
I principali effetti del collocamento dei figli: l’assegnazione della casa familiare e l’assegno di mantenimento
Il collocamento dei figli è presupposto per due ulteriori provvedimenti del giudice:
- l’assegnazione della casa familiare;
- l’assegno di mantenimento a favore del genitore collocatario per il mantenimento del figlio in caso di separazione o divorzio.
L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento con cui il giudice assegna al coniuge collocatario la casa coniugale. Per casa coniugale si intende quella al cui interno si svolge la vita familiare. L’assegnazione avviene ai sensi dell’articolo 337-sexies del codice civile secondo cui “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
L’assegno di mantenimento per i figli minori o non autosufficienti economicamente invece viene stabilito nella maggior parte dei casi a carico del coniuge non collocatario. Trova la sua fonte normativa nell’articolo 315-bis del codice civile, primo comma, secondo cui “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.
La modifica del collocamento del figlio
Possono intervenire in un momento successivo agli accordi originariamente intrapresi sul collocamento del figlio delle modifiche sulle condizioni di separazione o divorzio. Il giudice in tali occasioni può mutare il collocamento del figlio minore: quali conseguenze ne derivano? In primo luogo la Corte di Cassazione ritiene che debba essere ricalcolato l’assegno di mantenimento. Ai sensi dell’articolo 337-ter quarto comma infatti “ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito“. Il nuovo coniuge collocatario pertanto non è detto abbia lo stesso reddito del precedente e che dunque debba corrispondere il medesimo importo.
Un esempio di modifica delle condizioni di separazione giudiziale che può incidere sul collocamento dei figli è stato discusso dalla giurisprudenza nella sentenza n. 9633 del 2015. Si tratta del caso in cui il genitore collocatario trasferisce la propria residenza lontano da quella del padre. Circostanza che può, con il tempo, deteriorare una serie di vincoli affettivi.
Qualora pertanto venga richiesta la modifica del collocamento del figlio per tale motivo il giudice opererà il seguente ragionamento. Nella sentenza si legge che: “di fronte alle scelte insindacabili sulla propria residenza compiute dei coniugi separati, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell’altro coniuge, l’idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò incida negativamente sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario...”.
I criteri di collocamento dei figli
Sui criteri utilizzati dal giudice in ordine al provvedimento di collocamento del figlio minore qualora i genitori non abbiano trovato un comune accordo si fa un cenno alla sentenza n. 18817/2015 della Corte di Cassazione.
Si legge nella sentenza che “Le disposizioni impartite dal decreto impugnato in ordine alla collocazione del figlio nato dall’unione tra le parti e la disciplina adottata con riguardo alla permanenza del minore presso ciascun genitore costituiscono infatti puntuale applicazione del principio, costantemente ribadito da questa Corte, tanto in tema di separazione e divorzio quanto in tema di cessazione della convivenza di fatto, secondo cui il criterio fondamentale al quale il giudice deve attenersi nell’adozione dei provvedimenti riguardanti i figli minori è rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale impone di privilegiare, tra più soluzioni eventualmente possibili, quella che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore”.
Nella stessa sentenza inoltre si legge come il giudice nella scelta del genitore collocatario debba comunque tenere sempre conto della cosiddetta bigenitorialità. Tale aspetto è definito come “presenza comune di entrambe le figure parentali nella vita del figlio e cooperazione delle stesse nell’adempimento dei doveri di assistenza, educazione ed istruzione, per la cui realizzazione non è strettamente necessaria una determinazione paritetica del tempo da trascorrere con il minore, risultando invece sufficiente la previsione di modalità di frequentazione tali da garantire il mantenimento di una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con il genitore”.
Collocamento paritario
A differenza del collocamento presso uno dei due genitori chiamato anche collocamento prevalente in giurisprudenza si è parlato anche di collocamento paritario del figlio minore. Nel primo caso il figlio ha la propria residenza abituale presso uno dei due genitori. Vengono tuttavia concordati tempi di visita e di frequentazione con l’altro genitore. Ai sensi dell’articolo 337-ter, primo comma, del codice civile infatti “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
Del secondo caso è stato trattato in sede di giudizio da parte del Tribunale di Catanzaro nel decreto del 28/02/2019. Il giudice ha parlato di collocamento paritario e custodia condivisa proprio partendo dalla citazione di tale suddetta disposizione. Ha ritenuto tuttavia che in Italia solo legalmente è prevista una custodia condivisa del figlio minore. Ritiene infatti che resti, dal punto di vista fisico, un collocamento prevalente presso uno dei due genitori ed in particolare presso la madre.
Collocamento presso il padre: giurisprudenza
Sebbene l’orientamento prevalente dei giudici sia quello di collocare il figlio presso la madre, ci sono dei casi in cui tale tendenza si inverte. Citando qualche esempio la giurisprudenza ha individuato il padre come genitore collocatario quando, sempre tenendo conto dei criteri sopra menzionati:
- la madre assume un atteggiamento ostruzionistico nella coltivazione del rapporto tra padre e figlio (ordinanza 9143/2020 Corte di Cassazione);
- se il padre è fonte di stabilità e sicurezza. Ovvero è in grado di assicurare un’adeguata e migliore educazione del figlio rispetto alla madre (ordinanza 30191/2019 Corte di Cassazione).
Si riporta invece il riferimento ad alcuna letteratura scientifica americana operata dai giudici del Tribunale di Catanzaro nel decreto del 28/02/2019 con riguardo ai tempi di vita del figlio condivisi con il padre. Si legge nella sentenza che “Gli studi più recenti dimostrano che il figlio, la cui figura paterna è coinvolta nella crescita attraverso una frequentazione fisica costante, trae dei benefici a livello psicologico rispetto al figlio che frequenta il padre solo per poche ore a settimana o nel fine settimana e che il tempo speso con il padre non residente è strettamente correlato al miglioramento della qualità e della solidità della relazione parentale oltre che con una serie di effetti benefici influenti sulla crescita e sulla vita da adulti dei minori”.