Commissione massimo scoperto e usura – indice
- Cos’è la commissione di massimo scoperto
- Gli oneri connessi all’uso del credito
- La commissione ai fini TEG prima del 2010
- Il principio di diritto
Negli ultimi giorni ci siamo lungamente occupati del tema dell’usura e degli interessi usurari. Abbiamo in questo ambito rammentato che uno dei modi (non l’unico) per poter configurare il reato di usura, è legato alla verifica del tasso applicato in contratto, e al successivo confronto con il tasso soglia stabilito dal legislatore, e aggiornato trimestralmente.
Ma quali sono i rapporti tra commissione di massimo scoperto e usura? Questa commissione deve o meno rientrare nel calcolo del tasso ai fini del confronto del limite usurario?
Cos’è la commissione di massimo scoperto
Prima di saperne di più, è certamente utile compiere un primo passaggio preliminare e cercare di definire la commissione di massimo scoperto.
Con commissione di massimo scoperto si intende una commissione pagata dal cliente per poter compensare la banca dall’onere di dover esser sempre in grado di fronteggiare una “rapida espansione” dell’utilizzo dello scoperto di conto. Il compenso, applicato se il saldo del cliente risulta a debito, viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento.
Anche se questa voce di onerosità ha spesso cambiato nome e forma (per esempio, in “commissione di disponibilità fondi”), il senso della sua presenza è piuttosto chiaro: la banca vuole essere ricompensata per l’impegno di mettere a disposizione del cliente dei fondi, anche se costui non li utilizza.
Ma la commissione di massimo scoperto rientra o no all’interno del calcolo del tasso ai fini usura?
Considerato che il tema non è sempre stato caratterizzato da omogeneità, cerchiamo di fare il punto sugli orientamenti volta per volta concretizzatisi.
Commissione di massimo scoperto e oneri connessi all’uso del credito
Già con la sentenza Cass. pen. n. 12028/2010, i giudici esprimevano un parere positivo nell’inclusione della commissione di massimo scoperto ai fini del calcolo del tasso effettivo.
Per sostenere tale tesi, i giudici richiamavano alla memoria il tenore letterale del quarto comma dell’articolo 644 cod. pen., secondo cui per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito.
Dunque, partendo da tale valutazione, devono essere considerati rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporta in connessione con il suo uso del credito. Tra di essi non può che rientrare anche la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del credito, valutato che la sua applicazione ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente.
Alla luce di quanto sopra, “nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata”.
A margine di ciò, i giudici richiamano alla memoria altresì quanto disposto dall’art. 2 bis, commi 1 e 2, d.l. n. 185 del 2008, che prevede che “gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108”.
Commissione di massimo scoperto prima del 2010
La più recente sentenza Cass. n. 16303/2018 è nuovamente intervenuta sull’annoso tema, risolvendo la questione della rilevanza della commissione di massimo scoperto per il calcolo del TEG (tasso effettivo globale) per il periodo precedente al 1 gennaio 2010, fornendo pertanto una interpretazione risolutiva nel contrasto giurisprudenziale creato tra la Seconda sezione penale, con la sentenza sopra commentata, e che ammetteva l’applicazione retroattiva del d.l. 185/2008 in quanto norma di interpretazione autentica dell’art. 644 cod. pen. e la Prima sezione civile, che con sentenze nn. 12965/2016 e 22270/2016, in contrasto con il primo orientamento, escludeva la natura di interpretazione autentica della norma da parte del d. l. 185/2008 e, dunque, di fatto ne impediva l’applicazione retroattiva.
In tale contesto, le Sezioni Unite hanno cercato di fornire un’interpretazione coerente e conforme alla normativa in vigore prima del 1 gennaio 2010, con un principio uniforme.
L’esclusione del carattere interpretativo dell’art. 2 bis d.l. 185/2008
In primo luogo, la suprema Corte esclude la qualificazione dell’art. 2 bis d.l. 185/2008 come norma di interpretazione autentica, a causa del suo carattere innovativo e interpretativo, non riferibile al solo quarto comma dell’art. 644 cod. pen. Per i giudici, non solo la norma in questione non conterrebbe alcuna espressione che evochi la natura di interpretazione autentica, ma contiene invece chiari indizi in senso contrario.
L’esclusione della rilevanza dei decreti ministeriali
I giudici procedono poi a escludere la rilevanza dei decreti ministeriali. Dapprima la Corte rammenta che
la commissione di massimo scoperto […] non può non rientrare tra le commissioni o remunerazioni del credito menzionate sia dall’art. 644, comma quarto, cod. pen. (determinazione del tasso praticato in concreto) che dall’art. 2, comma 1, legge n. 108 del 1996 (determinazione del TEGM), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca.
Secondariamente, precisa che i decreti ministeriali di rilevazione del TEGM, come provvedimenti amministrativi, hanno la funzione essenziale di rilevare i dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, e che anche la rilevazione delle commissioni di massimo scoperto era contenuta nei decreti ante art. 2 bis d.l. 185/2008.
Dunque, il solo fatto che l’entità sia riportata a parte, e non sia inclusa nel TEGM strettamente inteso, è dato formale che non incide sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge. In ogni caso risulta possibile la comparazione delle quantità ai fini del superamento del tasso soglia usura.
Il bollettino di vigilanza n. 12/2005 della Banca d’Italia
Infine, prima di esprimere il proprio principio, i giudici delle Sezioni Unite richiamano anche il bollettino di vigilanza n. 12/2005 della Banca d’Italia, che indica le modalità di comparazione invitando a non trascurare l’incidenza delle commissioni di massimo scoperto.
Il bollettino afferma infatti che bisogna confrontare, oltre che il tasso concretamente applicato, con la relativa soglia di legge,
l’ammontare della percentuale dalla CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (cd CMS soglia), desunta aumentando del 50% l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle
Lo stesso bollettino precisa poi che
l’applicazione di sommissioni che superano l’entità della CMS soglia non determina, di per sé, l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori a quelli in concreto applicati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti “margine”).[8]Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla “CMS soglia” sia inferiore a tale “margine” è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge.
Quindi, i giudici ritengono rispettose del dettato normativo le modalità richiamate nel bollettino. Modalità che consentono una piena comparazione tra tassi applicati e tassi soglia, individuando in modo preciso il superamento della stessa se il tasso concretamente applicato sia eccedente la stessa.
Il principio di diritto
Si giunge così alla formulazione del seguente principio di diritto
Con riferimento ai rapporti svoltisi all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’articolo 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996,
va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108,
compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.
In altre parole, le Sezioni Unite invitano a effettuare una doppia comparazione:
- la prima è tra il TEG e il tasso soglia;
- la seconda è tra la commissione di massimo scoperto concretamente applicata e quella soglia.
Svolte tali operazioni, si dovrà compensare l’importo dell’eventuale eccedenza della commissione di massimo scoperto con il margine degli interessi che eventualmente residua, sottraendo il TEG alla soglia di legge. Sussisterà usura se dopo tale compensazione dovesse sussistere ancora un importo residuale.