Condominio, nulla la delibera di nomina di amministratore privo di requisiti – guida rapida
- L’impugnazione della delibera assembleare
- La decisione della Corte di Cassazione: il motivo di ricorso è fondato
- La riforma del 2012
- La perdita dei requisiti
- La nullità del contratto
Con la sentenza n. 28195 del 31 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha sancito che la deliberazione dell’assemblea condominiale che nomini amministratore un soggetto privo dei requisiti di professionalità ed onorabilità prescritti dall’art. 71-bis delle disposizioni d’attuazione del codice civile è nulla per contrarietà a norma imperativa, considerato che si tratta di requisiti dettati a tutela degli interessi generali della collettività ed influenti, perciò, sulla capacità del contraente.
L’impugnazione della delibera del condominio
Un uomo ha proposto ricorso articolato in unico motivo contro una sentenza della Corte d’appello di Milano, che ha respinto l’appello proposto dallo stesso contro la sentenza resa dal Tribunale di Milano, con cui era stata rigettata l’impugnazione della deliberazione assembleare approvata da un condominio.
In particolare, l’uomo aveva dedotto la nullità di tale delibera, che aveva nominato amministratore condominiale una società a responsabilità limitata, per violazione dell’art. 71-bis disp. att. c.c., vista la carenza dei requisiti soggettivi in capo ai soggetti cui era stata affidata la gestione del Condominio per conto della indicata società.
La Corte d’appello ha confermato la decisione di primo grado affermando che la carenza dei requisiti di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c. in capo all’amministratore nominato determini soltanto la cessazione dall’incarico e non la nullità della nomina, che non è infatti espressamente prevista dalla legge.
Neppure, ad avviso della Corte d’appello, sussisterebbe la nullità di protezione “a tutela del condomino consumatore”, sempre per il difetto di una espressa previsione di legge.
L’unico motivo del ricorso dell’uomo denuncia così la violazione dell’art. 71-bis disp. att. c.c., nonché degli artt. 2 n. 2 lettere c) e c-bis), 21 lettera f), 22, 33 e 36 d.lgs. n. 206 del 2005. Il ricorrente espone infatti che nessuno dei due dipendenti della s.r.l. incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione del condominio possedesse i requisiti di cui al citato art. 71-bis e che tale situazione non potesse essere regolata al pari della sopravvenuta perdita degli stessi, ipotesi che per legge comporta “la cessazione dall’incarico”.
La rilevanza generale degli interessi pubblicistici tutelati dall’art. 71-bis disp. att. c.c., secondo il ricorrente, dovrebbe comportare la nullità della nomina di soggetto sprovvisto di detti requisiti.
La decisione della Corte di Cassazione: il motivo di ricorso è fondato
I giudici della Suprema Corte ricordano che l’art. 71-bis delle disposizioni d’attuazione del codice civile, introdotto dall’art. 25 della legge 11 dicembre 2012, n. 220 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici), ed entrato in vigore il 18 giugno 2013, dispone che
[I]. Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
[II]. I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.
[III]. Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
[IV]. La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
[V]. A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.
La riforma del 2012 sull’amministratore di condominio
Tutto ciò introdotto, la Corte ricorda che con legge n. 220 del 2012, e in particolare con gli artt. 1129, 1130 e 1130-bis del codice civile, la figura dell’amministratore di condominio sia stata rimodellata incrementandone gli obblighi, le attribuzioni e le connesse responsabilità, tanto nei confronti dei condomini, quanto nei confronti dei terzi.
In particolare, la formulazione dell’art. 71-bis disp. att. c.c. e i lavori preparatori rendono chiara l’intenzione del legislatore di assoggettare il contratto di amministrazione di condominio al possesso di requisiti di professionalità ed onorabilità in capo al soggetto nominato, disposti nell’interesse superiore della collettività ed influenti perciò sulla capacità del contraente.
“L’ art. 71-bis delimita, in sostanza, per ragioni di ordine pubblico, il novero delle persone che, giacché munite di tali requisiti, sono idonee al compimento delle attività inerenti alla complessa prestazione dell’amministratore di condominio, rivelandosi perciò norma imperativa ed inderogabile” – si legge ancora nella pronuncia di legittimità.
Peraltro, la sentenza delle Sezioni Unite civili della stessa Corte n. 9839 del 2021 ha ribadito che sono nulle, e perciò sottratte al termine perentorio di impugnazione di trenta giorni stabilito dal secondo comma dell’art. 1137 c.c., le deliberazioni dell’assemblea di condominio illecite, essendo tali quelle che, seppur adottate nell’ambito delle attribuzioni dell’assemblea, risultano contrarie a “norme imperative”, all’ “ordine pubblico” o al “buon costume”. L’art. 71-bis disp. att. c.c. è una norma imperativa, poiché è non è derogabile dalla volontà dei privati ed è posta a tutela degli interessi generali della collettività.
La perdita dei requisiti
Integrando quanto sopra delineato, si noti come la circostanza che l’art. 71-bis disp. att. c.c. regoli espressamente, al quarto comma, la fattispecie della “perdita dei requisiti” (di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma), indicandola come causa di “cessazione dall’incarico” (della quale l’assemblea, convocata “senza formalità”, si limita a prendere atto), non significa affatto che identica soluzione debba prescegliersi per l’ipotesi del difetto originario dei requisiti stessi.
“Sarebbe anzi manifestamente irragionevole una disposizione che parificasse nel trattamento normativo la perdita sopravvenuta dei requisiti di professionalità ed onorabilità necessari per lo svolgimento di un incarico, la quale logicamente riveste un effetto ex nunc, alla ipotesi dell’accertamento dell’insussistenza ab initio dei requisiti legittimanti, vicenda che non può che produrre i suoi effetti ex tunc” – precisa ancora la pronuncia.
Per i giudici di legittimità non assume rilievo nemmeno l’argomento che l’art. 71-bis disp. att. c.c. non preveda espressamente la nullità della delibera di nomina di un soggetto sprovvisto dei requisiti in esame. L’art. 1418, comma 1, c.c., che si ritiene applicabile anche in materia, prevede infatti la nullità dell’atto di autonomia privata “contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente”.
Le nullità testuali e virtuali
Considerare l’art. 71- bis disp. att. c.c. come una norma proibitiva “imperfetta”, che non abbina al divieto di svolgimento dell’incarico di amministratore di condominio senza i requisiti una esplicita sanzione civilistica, non vale a smentire la nullità della delibera di nomina.
A conferma di ciò, prosegue la pronuncia, sia la sentenza n. 8472 del 2022 pronunciata dalle Sezioni Unite civili, quanto la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2024, hanno ripreso la distinzione dogmatica tra
- “nullità testuali”, quelle che prevedono espressamente la sanzione della nullità, quale conseguenza della violazione di una norma imperativa. e
- “nullità virtuali” (quelle che, pur in mancanza di tal espressa previsione, derivano comunque dalla contrarietà a norme imperative ai sensi del primo comma dell’art. 1418 c.c. «salvo che la legge disponga diversamente»),
spiegando che queste ultime richiedono all’interprete di accertare se il legislatore, con la prescrizione di norme imperative, abbia anche inteso far discendere, dalla contrarietà dell’atto negoziale ad esse, la sua nullità.
La nullità del contratto
Riepilogato quanto precede, si ritiene dunque che la violazione della norma imperativa di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c. determina la nullità non soltanto della delibera di nomina, ma anche del contratto di amministrazione condominiale stipulato con il soggetto privo dei requisiti normativi di capacità, che non ha dunque azione per il pagamento del compenso corrispondente all’attività illegalmente prestata.
Per i giudici di legittimità, la soluzione che depone per la nullità della delibera di nomina di un amministratore di condominio sprovvisto dei requisiti ex art. 71-bis disp. att. c.c. è in linea “anche con l’interpretazione prevalente che si dà dell’art. 2387 c.c. in tema di società per azioni, ritenendosi, appunto, radicalmente nulla, in forza del rinvio all’art. 2382 c.c., la nomina dell’amministratore che sia ab origine non in possesso degli speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, cui lo statuto subordini l’assunzione della carica (comportando invece la decadenza il venir meno di detti requisiti in corso del mandato)”.
Si enuncia così il seguente principio di diritto:
la deliberazione dell’assemblea condominiale che nomini amministratore un soggetto privo dei requisiti di professionalità ed onorabilità prescritti dall’art. 71-bis delle disposizioni d’attuazione del codice civile è nulla per contrarietà a norma imperativa, trattandosi di requisiti dettati a tutela degli interessi generali della collettività ed influenti, perciò, sulla capacità del contraente.