La convalida del contratto annullabile – indice:
L’articolo 1444 del codice civile disciplina l’istituto della convalida affermando che:
“Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo.
Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità.
La convalida non ha effetto, se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto.”
Cos’è la convalida
La convalida è un istituto giuridico che consente a chi ha concluso un contratto invalido, nello specifico annullabile, di sanare tale patologia che rende incerto il negozio giuridico concluso. Con la convalida, infatti, il contraente decide di dare certezza e stabilità ad un atto che è nato “malato” e dalla cui malattia è derivata l’incertezza della produzione degli effetti. Colui che esercita il diritto alla convalida perde pertanto il diritto all’azione di annullamento ed esprime la volontà che si producano gli effetti del negozio.
È disciplinata dall’articolo 1444 del codice civile e spetta a colui che è legittimato ad esercitare l’azione di annullamento del contratto annullabile. Non è ammessa convalida invece, come si vedrà, per le altre due forme di patologia del contratto ovvero la nullità e la rescindibilità.
La convalida può essere espressa o tacita. Chi la pone in essere deve trovarsi in condizioni “normali” ovvero nelle condizioni di poter concludere validamente il negozio. L’ultimo comma dell’articolo 1444 del codice civile sopra riportato lo conferma. Se ad esempio un soggetto ha concluso un contratto sotto la pressione di una violenza morale oppure in stato di alterazione psicofisica tali condizioni devono essere cessate. Il soggetto dunque deve aver riacquistato la piena capacità di concludere liberamente e consapevolmente il negozio giuridico.
L’annullabilità del contratto
Prima di illustrare come può avvenire l’esercizio della convalida bisogna avere ben chiara la patologia negoziale dell’annullabilità.
L’annullabilità del contratto è una forma di invalidità negoziale meno grave della nullità e che a differenza di questa ammette appunto una sanatoria. Quando si parla di minor gravità rispetto alla nullità questa dev’essere intesa in relazione agli interessi coinvolti dall’atto che non sono di natura pubblicistica bensì privatistica.
La convalida non comporta l’inefficacia dell’atto dall’origine ma soltanto quando viene esercitata l’azione di annullamento a discrezione del soggetto interessato a farla valere. L’essere un atto produttivo di efficacia sebbene invalido tuttavia non comporta la certezza dell’esistenza e della produttività degli effetti dell’atto. Questo infatti può essere eliminato tramite l’azione di annullamento esercitabile fin dall’origine da chi ha posto in essere l’atto annullabile o i suoi aventi causa. L’azione di annullamento comporta una statuizione del giudice di natura costitutiva. Questa elimina gli effetti del negozio annullato con efficacia retroattiva. Deve inoltre essere restituito oppure rimborsato, salvo eccezioni e se possibile, quanto percepito in esecuzione del contratto invalido.
Il contratto è annullabile per incapacità delle parti contraenti ai sensi dell’articolo 1425 del codice civile. Lo è inoltre per vizi della volontà individuati nell’errore, violenza e dolo ai sensi dell’articolo 1427 del codice civile.
Se l’annullabilità è assoluta
Si parla di annullabilità assoluta quando l’azione di annullamento può essere promossa non solo da chi ha posto in essere l’atto annullabile e dai suoi aventi causa ma anche da ulteriori soggetti aventi un interesse all’azione. Si parla in questo caso di eccezioni alla regola generale di cui all’articolo 1441 del codice civile secondo cui “L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge”.
Il secondo comma della norma costituisce un esempio di eccezione. Infatti questa afferma che può agire in annullamento per far valere l’incapacità dell’interdetto giudiziale chiunque vi abbia interesse.
In queste ipotesi di nullità assoluta è ammessa la convalida? È intervenuta di recente la Cassazione nel 2017 con la sentenza n. 15268 affermando che: “laddove si verta in un’ipotesi di annullabilità assoluta, così come evidenziato dalla più accorta dottrina, la convalida risulta impedita, non solo e non tanto per la necessità che la convalida sia attuata da tutti i soggetti investiti della legittimazione a far valere l’annullabilità, ma altresì in ragione della finalità della sanzione che è posta a tutela di interessi di natura diversa da quelli dei soli contraenti, essendo quindi preclusa la possibilità di valutare la conformità dell’assetto programmato al proprio interesse reale, in funzione del quale è appunto conferito il potere di convalida”.
Come funziona: espressa o tacita
I primi due commi dell’articolo 1444 del codice civile stabiliscono le modalità in cui può avvenire la convalida. Si tratta in ogni caso di un negozio giuridico unilaterale.
Il primo comma descrive la convalida espressa individuabile nell’ “atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo”. Stando alla lettera della norma parte della dottrina ritiene che tale negozio giuridico debba essere stipulato necessariamente in forma scritta in quanto la norma richiede la menzione del contratto nell’atto stesso. Autori di altre scuole invece sono dell’opinione che la forma sia libera non essendone espressamente prevista una. Altri ragionano per relationem ovvero ritenendo che, trattandosi di negozio accessorio di un altro, il secondo debba avere la stessa forma del primo. Altra questione nata in dottrina sulla convalida espressa è se la stessa configuri un atto recettizio. La dottrina è divisa ma è più propensa ad affermare la negatività della questione allo scopo di evitare di ritardare gli effetti dell’efficacia del negozio al momento dell’avvenuta conoscenza da parte del destinatario.
Il secondo comma della norma invece individua la convalida tacita. Questa si attua mediante l’esecuzione spontanea della prestazione oggetto del negozio da parte del soggetto conscio del vizio al quale spetta l’esercizio dell’azione di annullamento. La dottrina più autorevole ritiene che si tratti di un negozio unilaterale posto in essere con la consapevolezza e la volontà di convalidare l’atto “malato” e di accettarne gli effetti prodotti. Affinché vi sia convalida tacita dev’essere si adempiuta la propria obbligazione contrattuale ma dev’essere anche accettata la prestazione dell’altra parte. L’adempimento, secondo la dottrina maggioritaria, può avvenire anche parzialmente per dare esecuzione alla convalida.
Convalida e contratto nullo
L’articolo 1423 del codice civile stabilisce che: “Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente”. La legge pertanto, in generale, non ammette una sanatoria del contratto nullo mentre ammette la possibilità di convertirlo o rinnovarlo.
Non sarebbe infatti sostenibile ammettere la sanatoria di un contratto affetto dalla patologia più grave lasciando alle parti la possibilità di fare come se il vizio non ci fosse.
Ci sono delle ipotesi invece in cui la legge ammette una sanatoria del contratto nullo. Non si tratta di convalida ma di negozi affini.
La rescissione del contratto e la convalida
L’articolo 1451 del codice civile afferma che: “Il contratto rescindibile non può essere convalidato”.
Sebbene la rescindibilità mostri qualche analogia con l’annullabilità, la legge non ammette la convalida del contratto rescisso.
Si rammenta che la rescindibilità è una forma di invalidità che si ha quando il contratto viene concluso in uno stato di pericolo o di bisogno. In entrambi i casi, come nel contratto annullabile, manca in tutto o in parte la libertà del contraente di scegliere. Le ipotesi tuttavia non rientrano nelle fattispecie di errore violenza o dolo. Si genera piuttosto una condizione di disparità tra i contraenti che viene tutelata dalla legge con l’azione di rescissione e negando la possibilità dei privati di disporre di un mezzo di sanatoria. È fatto salvo il caso in cui il contenuto del contratto venga modificato riportando una situazione di equità tra le posizioni dei contraenti.
Differenze tra convalida e rettifica
Da non confondere con la convalida, è la rettifica del contratto annullabile disciplinata dall’articolo 1432 del codice civile. Questo recita: “La parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere”.
Anche la rettifica è un negozio giuridico unilaterale ma in esso la volontà di sanare il vizio del contratto nasce ed è voluto dalla controparte. Quest’ultima, in tal modo, impedisce l’esercizio dell’azione di annullamento ovvero vanifica la convalida. La sua logica si fonda sul principio di conservazione del contratto previsto dal nostro ordinamento all’articolo 1367 del codice civile. Con la rettifica infatti non si dà vita ad un nuovo contratto bensì si modifica l’esecuzione della prestazione dell’originario.
La rettifica, a differenza della convalida, è un negozio unilaterale recettizio. Deve dunque giungere a conoscenza del suo destinatario per produrre effetti.