La forma della costituzione in mora del debitore – indice:
La costituzione in mora del debitore è l’istituto giuridico previsto dal codice civile all’articolo 1219.
La norma suddetta stabilisce al primo comma che “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto“.
Non è prevista pertanto alcuna formula sacramentale per costituire il debitore in mora. È sufficiente l’espressione scritta dell’intimazione ad adempiere all’obbligazione.
Sulla forma della costituzione in mora del debitore si è espressa di recente la Corte di Cassazione con ordinanza 18631 dello scorso giugno 2021. La vicenda attiene alla costituzione in mora di un cliente da parte di un legale che aveva eseguito delle prestazioni non remunerate.
La costituzione in mora del debitore
L’effetto di costituzione in mora del debitore che dia origine alle relative conseguenze giuridiche si ottiene tradizionalmente mediante la stesura di una lettera di messa in mora.
Le conseguenze giuridiche della costituzione in mora del debitore sono le seguenti:
- il debitore deve risarcire il danno al creditore anche ove l’esecuzione della prestazione sia divenuta per lui impossibile anche per cause indipendenti dalla sua persona;
- il risarcimento a carico del debitore dei danni subiti dal creditore derivanti dal ritardo nell’adempimento o nell’inadempimento.
Ci sono dei casi tuttavia, previsti dall’articolo 1219 del codice civile, in cui non è necessaria la costituzione in mora del debitore. Le conseguenze della messa in mora operano automaticamente quando:
- il debito deriva da fatto illecito;
- il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione;
- è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta.
I fatti di causa e la costituzione in mora del debitore
Un avvocato deposita ricorso in tribunale nell’anno 2018 per chiedere la condanna di un cliente al pagamento dei compensi spettanti per la prestazione resa antecedentemente. La prestazione, consistente in attività giudiziali e stragiudiziali, era stata resa da un altro legale fino all’anno 2008 e dal 2008 al 2010 dallo studio associato di cui era socio l’attore. Nel ricorso l’attore deduce che a seguito del decesso del primo legale che aveva svolto la prestazione il credito in capo a quest’ultimo era stato ceduto dagli eredi a sé medesimo.
Il cliente chiamato in causa si costituisce ed eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto al pagamento della prestazione ex articolo 2956, primo comma, n. 2 del codice civile.
Ai sensi dell’articolo 2959 del codice civile “L’eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi indicati dagli articoli 2954, 2955 e 2956 ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta”. Riguardo a tale disposizione il tribunale adito negava che i convenuti avessero ammesso di non aver estinto l’obbligazione.
Nel 2012, nel 2013 e nel 2015 inoltre erano stati inviati al debitore degli atti scritti di intimazione al pagamento. Nello specifico si trattava di una missiva inviata nel 2012, di una lettera nel 2013 ed un’altra lettera nel 2015. Il tribunale ha riconosciuto efficacia di costituzione in mora soltanto all’ultima lettera inviata nel 2015 dall’attore che tuttavia risultava tardiva per produrre gli effetti desiderati.
Il tribunale dunque ha accolto le eccezioni sollevate dai convenuti e ha rigettato il ricorso dell’avvocato. Contro il provvedimento del tribunale ricorre perciò in cassazione con ricorso straordinario ex articolo 111 della Costituzione l’avvocato.
I motivi del ricorso
Il ricorso in cassazione dell’avvocato si basa su due motivi.
Il primo
Con il primo motivo di ricorso, ritenuto infondato dalla Corte, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 2956 e 2957 del codice civile. Tali norme disciplinano la prescrizione prevedendo, la prima, che il diritto alla riscossione del compenso dei professionisti ed al rimborso delle spese per l’opera prestata si estingue in tre anni. La seconda prevede che “Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione. Per le competenze dovute agli avvocati e ai patrocinatori legali il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall’ultima prestazione”.
In particolare l’avvocato ritiene che il tribunale abbia erratamente valutato che i convenuti non avessero ammesso che l’obbligazione non era stata estinta. A parere del ricorrente i convenuti avevano implicitamente ammesso la mancata estinzione dell’obbligazione avendo:
- dedotto la carenza di legittimazione attiva dell’attore in considerazione del fatto che l’incarico professionale era stato affidato solo al primo avvocato titolare dello studio e non allo studio associato in cui era socio il ricorrente;
- sostenuto che la cessione del credito all’avvocato ricorrente non fosse loro opponibile.
Il secondo
Denunciando violazione o falsa applicazione degli articoli 1219, 2934 e 2943, quarto comma, del codice civile, la ricorrente lamenta la ritenuta insussistenza da parte del tribunale dei requisiti per l’effetto di costituzione in mora della raccomandata spedita dall’originario avvocato incaricato di svolgere l’attività legale. Negando l’esistenza di tali requisiti l’atto non avrebbe prodotto l’effetto interruttivo della prescrizione ex articolo 2943, quarto comma, del codice civile.
La raccomandata tuttavia conteneva, oltre alla quantificazione delle competenze del professionista, la dicitura “Attendo pertanto il pagamento di quanto sopra“.
Secondo la Corte, in particolare su proposta del relatore, il secondo motivo è manifestamente fondato. Ai sensi degli articoli 375, primo comma, n. 5 e 380-bis del codice di procedura civile pertanto la Corte si riunisce in camera di consiglio per valutare l’accoglimento del ricorso.
Le ragioni della decisione
Come accennato, la Corte ritiene infondato il primo motivo di ricorso.
I convenuti avevano eccepito nel giudizio di merito la carenza di legittimazione attiva dell’attore rispetto al credito azionato. Tale eccezione, secondo il giudice del merito, non costituiva ammissione della mancata estinzione dell’obbligazione. La Corte di Cassazione lo conferma affermando che “D’altro canto, a norma dell’art. 2959 c.c., la eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, sia pure implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta. In tal senso, la difesa del debitore che, come nella specie, contesti la legittimazione attiva della controparte rispetto al credito azionato (ma non l’esistenza dello stesso, in forza di rapporto obbligatorio che si assume intrattenuto solo con altro professionista), non costituisce ammissione di mancata estinzione dell’obbligazione”.
Inoltre, avendo il giudice di merito congruamente motivato un’affermazione in tal senso è impedito al giudice di legittimità esprimere un apprezzamento circa il comportamento processuale delle parti in sede di giudizio di merito. Nel caso di specie relativamente alla valutazione sull’avvenuta o meno ammissione della mancata estinzione del debito.
Conclusioni della Corte sulla forma della costituzione in mora del debitore
Infine la Corte accoglie il ricorso in quanto ritiene manifestamente fondato il secondo motivo. Prende atto del mancato riconoscimento del tribunale dell’efficacia interruttiva della prescrizione della raccomandata spedita al cliente contente la frase “Attendo pertanto il pagamento di quanto sopra”. Rileva tuttavia che il Tribunale non avrebbe spiegato perché tale affermazione non abbia valore di atto di costituzione in mora ma soltanto di “semplice sollecitazione priva di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento rivolta ai debitori”.
La Corte pertanto riporta e si uniforma al seguente consolidato orientamento secondo cui “l’atto di costituzione in mora di cui all’art. 1219 c.c., idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, ultimo comma, c.c., non è soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e quindi non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, occorrendo soltanto che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Sulla base di tali principi, perché un atto possa valere come costituzione in mora, deve contenere unicamente la chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), nonché l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto nei confronti del soggetto indicato (elemento oggettivo)”.