Diffamazione a mezzo stampa – indice
La diffamazione è un reato disciplinato, nel nostro ordinamento, dall’art. 595 c.p., per il quale il delitto si configura quando si offende l’altrui reputazione, comunicando con più persone. Contrariamente al vecchio reato di ingiuria, nella diffamazione la persona offesa non è tuttavia presente o, per lo meno, la comunicazione non è ad essa diretta.
In tale ambito, la diffamazione a mezzo stampa costituisce una forma aggravata di diffamazione, punita più severamente del nostro codice penale. Mentre infatti la diffamazione è genericamente punita con la reclusione fino a 1 anno o con multa fino a 1.032 euro, la diffamazione a mezzo stampa viene punita con la pena della reclusione da sei mesi a 3 anni, o con multa non inferiore a 516 euro.
Gravità della diffamazione
Da quanto sopra si evince che il legislatore ha voluto attribuire alla diffamazione a mezzo stampa un livello di maggiore gravità. Ma perché?
La ratio è da ricercarsi nella diffusività del mezzo di comunicazione. La stampa (in senso lato) ha infatti di regola un’ampia diffusione e, in aggiunta a ciò, l’autorevolezza o il prestigio della fonte mediatica potrebbe incrementare la credibilità della dichiarazione diffamatoria. Ne deriva che ad aumentare è anche la gravità delle conseguenze dannose in caso di dichiarazioni offensive.
Si tenga anche conto che in questo scenario, costituisce una forma di ulteriore aggravamento – non prevista dal codice penale, bensì dalla legge sulla stampa – l’attribuzione di un fatto determinato alla persona diffamata. Anche in questo caso, la maggiore gravità deriva dal fatto che la specificità dell’attribuzione di norma è in grado di aumentarne la credibilità e dunque la carica denigratoria.
Leggi anche: Come sapere se si è stati denunciati o querelati o se si è indagati
Cos’è la stampa
Prima di procedere oltre, giova compiere un piccolo chiarimento sul concetto di stampa che, evidentemente, è oggi ben diverso da quello che fu introdotto dalla l. 47/1948, che all’articolo 1 dichiara che:
sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione.
Dunque, per la legge sulla stampa, la nozione finisce con l’abbracciare non solamente il giornale, quanto anche libri, volantini e altro ancora.
Oggi giorno, invece, il concetto di stampa sembra essere ancora più ampio, fino a ricomprendere anche le testate telematiche. Il tema è, invero, complesso e dibattuto: ci torneremo in un separato approfondimento.
Le vittime della diffamazione a mezzo stampa
Le vittime della diffamazione a mezzo stampa sono tutte le persone che vedono offesa la propria reputazione. Ne deriva che ad essere diffamate non sono solamente le persone fisiche, quanto anche le persone giuridiche e gli enti non riconosciuti.
Per quanto attiene il reato di diffamazione e la sua punizione, è fondamentale l’iniziativa della persona offesa. Il reato è infatti punibile a querela della persona diffamata.
E nel caso di una diffamazione nei confronti della reputazione di una persona deceduta? In questo caso, possono proporre querela i prossimi congiunti, l’adottante e l’adottato, al fine di tutelare la memoria del morto.
Infine, si tenga conto che non è necessario, per poter configurare il reato e la perseguibilità, che la persona offesa sia individuata. È invece sufficiente che sia individuabile. Ovvero, non è necessario che la persona sia nominata in maniera esplicita, ma è sufficiente che possa essere individuata mediante riferimenti univoci.
Compiendo un rapido esempio, non vi è diffamazione se si dichiara che
tutti gli avvocati sono dei truffatori
ma c’è diffamazione se si dichiara che
l’avvocato Tizio Rossi è un truffatore (persona individuata)
l’avvocato che ha l’ufficio in Piazza Italia, 1 in questa città è un truffatore (persona individuabile).
Chi viene punito
Risulta quindi di interesse cercare di comprendere chi possa essere punito per la diffamazione a mezzo stampa.
In linea generale, è colpevole di diffamazione chiunque offende l’altrui reputazione comunicando con più persone. Nel caso di comunicazione a mezzo stampa, rileverà in linea di massima il giornalista o l’autore dell’articolo.
Attenzione, però: per poter configurare la responsabilità di reato non è sufficiente che il fatto sia commesso, ma è anche necessaria la colpevolezza.
In altre parole, è necessario che si verifichi almeno la colpa o, preferibilmente, il dolo del giornalista / autore. In tal senso, è sufficiente un dolo generico: basta insomma che il giornalista preveda e voglia l’offesa alla reputazione altrui come conseguenza della propria condotta.
Anche in questo caso, occorre premettere come il tema sia ben più dibattuto e complesso, e meriti separati approfondimenti.
Per esempio, nell’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa sono frequenti i concorsi di reato, che si hanno quando una persona partecipa alla realizzazione o alla pubblicazione delle dichiarazioni offensive con la consapevolezza dell’offensività. Dunque, il direttore del giornale che ha autorizzato la pubblicazione pur conoscendo il carattere di diffamazione di uno scritto, può diventare colpevole ex art. 595 c.p.
Si tornerà sul tema parlando altresì della responsabilità a titolo di colpa, ovvero sul mancato o insufficiente controllo sulle pubblicazioni di cui un soggetto ha la responsabilità.
Leggi anche: Truffa online: cos’è e come denunciarla – guida rapida
Titolo di giornale e diffamazione a mezzo stampa
Considerato che l’argomento della diffamazione a mezzo stampa è ricco di declinazioni che meritano un focus specifico, chiudiamo il nostro approfondimento odierno con un caso studio, promettendo di tornare su questo tema nei prossimi giorni, con particolare riferimento alla contrapposizione tra diritto di cronaca e configurabilità del reato di diffamazione.
Domandiamoci dunque se sia sufficiente un solo titolo di giornale per poter diffamare a mezzo stampa. O se, di contro, sia necessario che la diffamazione sia contenuta nelle dichiarazioni rese nel testo dell’articolo.
Ebbene, secondo la giurisprudenza non vi sarebbero dubbi, considerato che anche il semplice titolo può essere ritenuto diffamatorio. E questo, si intende, anche quando il resto dell’articolo non lo è. Per poter configurare il reato è naturalmente importante che la diffamazione traspaia in maniera chiara dal titolo.
Si tratta di una posizione tutt’altro che irragionevole. I titoli stanno assumendo sempre più rilevanza e valenza comunicativa autonoma. E, spesso, sono anche l’unica porzione di giornale che vengono scorti dai lettori, che sfogliando magari con particolare rapidità le pagine, soffermandosi solo su di essi.
Proprio per questo motivo sempre più giornali hanno l’abitudine di eccedere nell’impatto comunicativo. Non vi è nulla di male, ovviamente. Tranne, in evidenza, il caso in cui si sfoci nell’illecito, ovvero nel caso in cui dal titolo emerga un’offesa chiara e univoca nei confronti di persona individuata o individuabile.