I diritti dell’usufruttuario – indice:
- Diritti dell’usufruttuario
- Estensione usufrutto ad accessioni
- Frutti naturali e civili
- Miglioramenti
- Addizioni
- Locazioni concluse dall’usufruttuario
Come abbiamo avuto modo di vedere nel nostro ultimo approfondimento, l’usufrutto è un diritto reale di godimento che assicura a un soggetto, chiamato usufruttuario, l’utilizzo e il godimento di un bene che è di proprietà altrui.
L’usufrutto espone l’usufruttuario a una serie diritti e di obblighi. Dei primi parleremo oggi, mentre dei secondi parleremo in un successivo focus.
Diritti dell’usufruttuario
Iniziamo con il rammentare che l’usufruttuario ha il diritto di godere della cosa, pur rispettandone la destinazione economica. Dunque, l’usufruttuario può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare, fermi i limiti che saranno successivamente affrontati.
In tal senso, appare chiaro come il diritto vantato dall’usufruttuario non sia “illimitato”, incontrando come principale limite proprio quello di non modificare la destinazione economica del bene. Nel caso in cui questa limitazione dovesse essere superata, ciò implicherebbe la violazione del diritto di proprietà, fornendo dunque il diritto al titolare di domandare la decadenza dell’usufrutto per abuso, o la riduzione mediante azione negatoria.
Per quanto invece attiene il riferimento a ogni utilità, appare chiaro come questa definizione ricomprende non solamente i frutti, quanto anche ogni altra entità: si pensi, nel caso di usufrutto di un portafoglio di azioni, alla possibilità di poter fruire dei dividendi dei singoli titoli.
In ogni caso, giova certamente rammentare come l’usufrutto mantenga (ne abbiamo parlato nel successivo approfondimento) tutte le caratteristiche di un’adeguata personalizzazione della relazione tra le parti, ammettendo per esempio che i frutti della cosa siano di godimento di un terzo.
Estensione usufrutto ad accessioni
Stando a quanto chiarisce l’art. 983 c.c., l’usufrutto si estende anche alle accessioni della cosa. Pertanto, se il proprietario dopo l’inizio dell’usufrutto, con il consenso dell’usufruttuario, ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni, l’usufruttuario sarà tenuto a corrispondere gli interessi sulle somme impiegate.
La norma merita qualche approfondimento. In particolar modo, se le costruzioni o piantagioni sul fondo sono state eseguite da un terzo, e non dal proprietario, l’usufruttuario ha certamente diritto di pretendere la demolizione delle opere nei casi in cui tale diritto avrebbe il proprietario, non avendo alcun rilievo che vi sia stata o meno la conoscenza del proprietario, considerato che nell’usufrutto la cosa è nel potere esclusivo del titolare di esso, e il proprietario non può dunque pregiudicare o rendere più onerosa la posizione dell’usufruttuario.
Ancora, nel caso in cui le costruzioni siano state eseguite dal proprietario, dopo l’inizio dell’usufrutto, bisognerà distinguere se esse siano state fatte con o senza il consenso (sia espresso che tacito) dell’usufruttuario.
Nel caso di costruzioni con consenso dell’usufruttuario, come abbiamo visto, l’art. 983 c.c. obbliga lo stesso a corrispondere gli interessi sulle somme impiegate dal proprietario, indipendentemente dal fatto che le opere producano o meno un incremento del reddito.
Nel caso in cui invece le costruzioni siano state effettuate senza il consenso dell’usufruttuario, allora troverà applicazione la regola di cui all’art. 936 c.c., per cui quest’ultimo può costringere il proprietario a demolire le opere, salvo che preferisca tenerle, o che il proprietario le abbia eseguite in buona fede. Ipotesi nelle quali, peraltro, l’usufruttuario dovrà corrispondere gli interessi sulla somma risultante, a sua scelta, dal valore dei materiali e dal prezzo della manodopera, o dall’aumento di valore, se non preferisce anticipare la stessa somma, senza diritto a interessi.
Frutti naturali e civili
Stando all’art. 984 c.c., i frutti naturali e i frutti civili spettano all’usufruttuario per la durata del suo diritto.
Come previsto dal secondo comma della norma, se il proprietario e l’usufruttuario si succedono nel godimento della cosa entro l’anno agrario o nel corso di un periodo produttivo di maggiore durata, l’insieme di tutti i frutti si ripartisce fra l’uno e l’altro in proporzione della durata del rispettivo diritto nel periodo stesso.
Al terzo comma è invece chiarito che le spese per la produzione e il raccolto sono a carico del proprietario e dell’usufruttuario nella proporzione indicata dal comma precedente ed entro i limiti del valore dei frutti.
In altri termini, spettano all’usufruttuario i frutti naturali separati durante l’usufrutto e i frutti civili maturati giorno per giorno, sino al termine dello stesso usufrutto.
Miglioramenti
L’usufruttuario ha anche il diritto a ricevere un’indennità per i miglioramenti che sussistono nel momento in cui restituisce la cosa. Secondo il Codice, l’indennità si deve calcolare come minore somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto degli stessi miglioramenti. È inoltre ammesso che il giudice stabilisca che il pagamento dell’indennità avvenga ratealmente.
Anche in questo caso, giova però ricordare come il contratto di usufrutto sia facilmente piegabile alle esigenze delle parti. Pertanto, se l’usufrutto è in essere in seguito a un atto tra vivi, può essere deciso che l’usufruttuario non possa essere compensato in alcun modo per le migliorie che ha apportato sul fondo, contrariamente a quanto disposto dalla norma in questione.
Ma che cosa si intende per miglioramenti?
In primo luogo, è bene affermare il concetto secondo cui, ai fini meramente pratici, i miglioramenti non danno luogo ad un’addizione, ovvero a una nuova entità, ma solamente una miglioria degli elementi originali.
In altre parole, il miglioramento è da intendersi come un potenzialmente qualitativo della cosa (si pensi alla bonifica di un fondo paludoso). È intrinseco alla cosa e non suscettibile di separazione o rimozione, considerato che non può essere individuato negli elementi originari mediante il cui impiego è stato posto in essere.
Peraltro, non su tutti i miglioramenti l’usufruttuario può domandare l’esercizio del diritto all’indennità, considerato che solamente i miglioramenti che vengono fatti nell’ambito della stessa destinazione economica aprono margini di indennità.
Dunque, se l’usufruttuario pone in essere delle opere che sono utili, ma che modificano o possono modificare la destinazione economica della cosa, egli sarà responsabile verso il proprietario e non avrà diritto ad alcuna indennità.
Addizioni
Quando abbiamo parlato di miglioramenti, abbiamo brevemente introdotto anche il concetto di addizione. Ebbene, giova rammentare come l’usufruttuario abbia il diritto di eseguire addizioni, purché non alterino la destinazione economica della cosa.
Peraltro, non trattandosi di “potenziamenti qualitativi della cosa”, l’usufruttuario ha anche il diritto di togliere le addizioni alla fine dell’usufrutto, se ciò può farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le stesse addizioni. In questo caso però deve corrispondere all’usufruttuario delle indennità, da calcolarsi come minore somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Nel caso in cui le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa, e costituiscono un miglioramento della stessa, si applicheranno invece le disposizioni di cui allo scorso paragrafo.
Si tenga comunque conto che quanto sopra abbiamo appena accennato non si applica alle cose che l’usufruttuario aveva destinato in modo durevole al servizio o all’ornamento della cosa che è oggetto di usufrutto, ovvero alle pertinenze.
In altre parole, la cessazione dell’usufrutto comporta l’estinzione del rapporto pertinenziale che è stato creato dall’usufruttuario in relazione alla durata del suo diritto. Non si può dunque applicare la disposizione di cui all’art. 986 c.c.
Locazioni concluse dall’usufruttuario
Un diritto molto particolare è inerente le locazioni concluse dall’usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell’usufrutto. Ebbene, a patto che derivino da atto pubblico o da scrittura privata con data certa anteriore, le locazioni continuano per la durata stabilita, ma non più di 5 anni dalla cessazione dell’usufrutto.
Se la cessazione dell’usufrutto avviene per scadenza del termine stabilito, le locazioni non durano in ogni caso se non per l’anno, e trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale, se non per il biennio o per il triennio che si trova in corso al tempo in cui cessa l’usufrutto.