Il diritto d’opzione – indice:
Il diritto di opzione è un particolare diritto contemplato nel nostro ordinamento all’art. 2441 c.c. (rubricato, appunto, “Diritto di opzione” e consistente in un’apposita formulazione che introduce termini di libera accettazione in una delle parti coinvolte in un contratto.
Cos’è il diritto di opzione: il diritto di opzione nel codice civile
Per poter discutere in maggiore profondità sul diritto di opzione, giova partire proprio dall’art. 2441 c.c. succitato, la cui ampia formulazione concerne le modificazioni dello statuto delle società per azioni e, in particolar modo, l’esercizio del diritto di opzione in caso di emissione di nuove azioni nella S.p.a.
Più largamente, però, il diritto di opzione è ben richiamato dall’art. 1331 c.c., rubricato “Opzione”, e riferito più genericamente agli accordi tra le parti, secondo cui
Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’articolo 1329.
Se per l’accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice.
Di qui, la previsione normativa di una clausola ben più generica, in cui il destinatario della proposta (il soggetto opzionario) può vantare il diritto potestativo di concludere il contratto. In questa circostanza il proponente è invece in posizione di soggezione. Vedremo, tra poche righe, per quali motivi tuttavia non si può accomunare la previsione introdotta con l’opzione con una fattispecie (pur in certi casi analoga) quale quella della proposta irrevocabile o della prelazione.
A cosa serve il diritto di opzione
Prima di procedere oltre, è certamente opportuno cercare di capire quale sia l’utilità del diritto di opzione (nella sua concezione più ampia) e quale sia la ratio che ha spinto il legislatore a disciplinare in tal modo l’opzione.
In termini più chiari di quanto sopra sinteticamente rammentato, l’opzione va ad “arricchire” di possibilità un contratto che lega le parti in una proposta irrevocabile, con la conseguenza che una delle parti avanzerà la proposta, e l’altra parte sarà libera di accettarla o meno.
La ratio sottesa alla norma è la stessa che si rinviene nella proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c., ed è lo stesso legislatore a dircelo nel primo comma dell’art. 1331 c.c. Dunque, anche l’opzione serve a permettere al destinatario di una proposta di valutare la convenienza dell’affare. A questi è possibile scegliere se stipulare o meno il contratto. La sicurezza consisterà però nel fatto che nel periodo in cui compie queste libere valutazioni, la proposta rimarrà comunque ferma.
A completezza di informazioni, rileviamo inoltre che l’art. 1329 c.c. come:
Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto.
Nell’ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
Diritto di opzione, proposta irrevocabile e prelazione
Come abbiamo ricordato brevemente non troppe righe fa, il diritto di opzione è spesso “confuso” con altri strumenti analoghi come la proposta irrevocabile e la prelazione.
Tuttavia, attenzione a non saltare a frettolose considerazioni.
L’opzione si differenzia dalla proposta irrevocabile perché è parte di un contratto che generalmente viene sottoscritto mediante compenso in favore di chi vincola. L’opzione è di fatti una sorta di limitazione della libertà contrattuale del proponente. È anche per questo che viene sottoposto a termine di efficacia, eventualmente stabilito dal giudice in sua mancanza contrattuale. Di contro, la proposta irrevocabile è un atto di natura unilaterale.
Ancora, l’opzione si differenzia dalla prelazione perché la prima pone il proponente in una posizione di soggezione, essendo il proponente vincolato alla decisione dell’opzionario, mentre la prelazione vincola solamente alla scelta del destinatario della proposta, ma lascia comunque il proponente libero di fare o non fare la stessa proposta.
Ulteriormente, l’opzione non può essere assimilata nemmeno al contratto preliminare. Nel contratto preliminare entrambe le parti sono obbligate alla stipula del contratto definitivo. L’opzione invece obbliga chi la concede a mantenere ferma la proposta, mentre l’opzionario può concludere o meno il contratto.
Natura giuridica dell’opzione
Rimandando l’analisi del diritto di opzione in un nostro prossimo approfondimento, cerchiamo di comprendere quali sono i contenuti, gli effetti, i termini e la natura giuridica dell’opzione, partendo proprio da quest’ultima.
In realtà, non è facile cercare di qualificare la natura giuridica dell’opzione ex art. 1331 c.c.. Secondo una parte prevalente della dottrina, tuttavia, il patto di opzione si inserirebbe tra i contratti preparatori di fianco al contratto preliminare e al contratto normativo. Il contratto preparatorio dunque stabilisce in tutto o in parte il contenuto di un contratto successivo, vincolando le parti (in questo caso, una). La conseguenza è che per la definizione del contratto definitivo non occorre nuovamente il consenso delle stesse. Il consenso non è infatti necessario per quelle clausole presenti nel contratto preparatorio.
Come tutti gli accordi preparatori, anche il patto di opzione ex art. 1331 c.c. trova la sua funzione nella predisposizione al contratto successivo, ovvero il contratto definitivo. Qui si produce la semplice dichiarazione di accettazione della parte obbligata, la cui proposta era già stata manifestata.
Più dettagliatamente, nel patto di opzione è dunque possibile individuare due distinte dichiarazioni di volontà. La prima è essenziale e dà luogo al patto di opzione, la seconda è irrevocabile e dà luogo al contratto definitivo. Ricordiamo in ogni caso che il patto di opzione può essere sia a titolo gratuito che a titolo oneroso, oltre che a titolo di corrispettivo (premio) acquisito tramite il patto di opzione. Nella prassi, chi acquista l’opzione paga al concedente un prezzo in virtù del sacrificio che il proponente l’opzione deve sopportare per poter mantenere gli impegni assunti.
Termine per l’opzione
L’opzione è un sacrificio per chi la concede poiché, ad esempio, implica l’indisponibilità del bene che è oggetto della promessa dell’obbligato. Di qui la necessità che l’opzione sia concessa per un periodo di tempo determinato e in particolar modo per un periodo di tempo che non possa essere ritenuto eccessivamente limitativo della libertà.
D’altronde, come qui si ritiene, la necessità che l’opzione possa essere concessa per un tempo indeterminato o non breve, indurrebbe l’invalidità del negozio, poiché ostacolerebbe la circolazione del bene cui si riferisce. In ogni caso, come sopra abbiamo avuto modo di introdurre, la mancanza di un termine per l’accettazione non è indeterminatezza di durata del vincolo e, dunque, non spingerebbe verso la sua nullità. Il giudice potrà stabilire il termine secondo le circostanze.