Il diritto d’opzione del soci – indice:
- Cosa è
- Come si esercita
- Le azioni non optate
- Limitazioni o esclusioni
- Azioni di nuova emissione su banche e dipendenti
- Spiegazione del diritto di opzione
Qualche giorno fa abbiamo affrontato il tema del diritto di opzione nel suo complesso e nella sua generalità, anticipando che a breve ci saremmo occupati anche del diritto di opzioni dei soci, ovvero del diritto di opzione che può essere esercitato in sede di aumento del capitale sociale a pagamento.
Vediamo dunque in cosa consiste tale diritto ex art. 2441 c.c., in cosa consiste, come si esercita, cosa accade alle azioni non optate e se e come si può escludere il diritto di opzione.
Cos’è il diritto d’opzione
Iniziamo con il precisare che il diritto di opzione è quel diritto che hanno i soci ad essere preferiti a terzi nella sottoscrizione di un aumento di capitale sociale a pagamento.
Come anticipato in sede di apertura del presente approfondimento, nel nostro codice civile il diritto di opzione dei soci è disciplinato all’art. 2441 (rubricato, appunto, “Diritto di opzione”), nel quale viene sancito che
Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
Stando al nostro codice, dunque, l’oggetto del diritto di opzione è costituito dalle azioni di nuova emissione e dalle obbligazioni convertibili in azioni, emesse dalla società. Il diritto di opzione è ricondotto ad ogni azionista sulla base del numero di azioni che egli possiede, creando così un principio di proporzionalità nell’esercizio di tale diritto.
Come si esercita il diritto d’opzione
Passando alle fasi più concrete dell’esercizio del diritto di opzione, è lo stesso art. 2441 c.c. a disciplinarne gli accadimenti, ricordando al comma 2 che
L’offerta di opzione deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione, o, in mancanza, mediante deposito presso la sede della società. Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a quindici giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
Pertanto, la società ha l’obbligo di concedere ai soci un termine per l’esercizio del diritto che non sia inferiore a 15 giorni, con decorrenza dal momento in cui l’offerta di opzione viene iscritta nel Registro delle imprese. Viene comunque fatta salva la possibilità che al termine si possa rinunciare, in caso di accordo unanime di tutti i soci.
Le azioni non optate
Come intuibile, non tutti i soci potrebbero avere l’interesse o la disponibilità a esercitare il proprio diritto di opzione. Nel caso in cui rimangano delle azioni non optate, gli amministratori dovranno collocarle secondo quanto previsto dalla legge, in un ordine procedurale che privilegia i soci che hanno esercitato il diritto di opzione o il pubblico indistinto sul mercato regolamentato.
Pertanto, se la società non è quotata sul mercato regolamentato, i primi soggetti a cui dovranno essere offerte le azioni non optate saranno proprio i soci che hanno esercitato il diritto di opzione, e che pertanto godranno del diritto di prelazione sulle società inoptate, a patto che il socio ne faccia richiesta nel momento in cui esercita il suo diritto di opzione.
Se invece la società è quotata sul mercato regolamentato, gli amministratori dovranno offrire i diritti di opzione residui sul mercato stesso (quello di Borsa italiana): il ricavato derivante da tale attività andrà a far parte del patrimonio sociale.
Se infine i soci che hanno esercitato il diritto di opzione non acquistano le azioni inoptate (per le società non quotate), o i diritti di opzione rimangono invenduti sul mercato regolamentato (per le società quotate), le azioni di nuova emissione potranno essere collocate liberamente, senza alcuna restrizione, dagli amministratori.
Esclusione del diritto d’opzione
Si può escludere il diritto di opzione? La risposta è positiva e, per poter venire a capo del tema, giova ancora una volta cominciare dalla lettura delle disposizione del codice, che stabilisce innanzitutto come
Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura. Nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati lo statuto può altresì escludere il diritto di opzione nei limiti del dieci per cento del capitale sociale preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione da un revisore legale o da una società di revisione legale. Quando l’interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la deliberazione di aumento di capitale.
Da quanto sopra ne deriva che sussistono alcune ipotesi utili per poter limitare o escludere il diritto di opzione:
- se le azioni di nuova emissione devono essere liberate con conferimenti in natura;
- nella misura del 10% per le società quotate, se il prezzo di emissione è corrispondente al valore di mercato delle azioni;
- nell’interesse della società.
In tutti i casi, è necessario che le nuove azioni siano emesse con un sovrapprezzo, che sia utile per poter ridurre il pregiudizio patrimoniale subito dagli azionisti attuali, che non potranno esercitare (o potranno farlo solo in parte) il diritto di opzione.
Limitazione del diritto d’opzione nell’articolo 2441 del codice civile
Chiarisce tutto ciò il successivo comma dell’art. 2441 c.c., ove si precisa che
Le proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, ai sensi del primo periodo del quarto comma o del quinto comma del presente articolo, devono essere illustrate dagli amministratori con apposita relazione, dalla quale devono risultare le ragioni dell’esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l’esclusione derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione.
La relazione deve essere comunicata dagli amministratori al collegio sindacale o al consiglio di sorveglianza e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. Il parere del collegio sindacale e, nell’ipotesi prevista dal quarto comma, la relazione giurata dell’esperto designato dal Tribunale ovvero la documentazione indicata dall’articolo 2343 ter, terzo comma, devono restare depositati nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l’assemblea e finché questa non abbia deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in mercati regolamentati, anche dell’andamento delle quotazioni nell’ultimo semestre.
Azioni di nuova emissione a banche o dipendenti
Gli ultimi commi dell’art. 2441 sono destinati a introdurre altri due particolari casi inerenti il diritto di opzione dei soci.
Il primo, all’ottavo comma, prevede che con deliberazione dell’assemblea a maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie, possa essere escluso il diritto di opzione per le azioni di nuova emissione. La previsione si applica solo se le azioni sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da essa controllate.
Il secondo, al settimo comma, è invece legato all’ipotesi in cui la delibera di aumento del capitale sociale preveda che le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da determinati soggetti. Fra questi sono individuati le banche, gli enti o le società finanziarie soggetti al controllo della Consob, o altri soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività di collocamento di strumenti finanziari. In questo caso il diritto di opzione non viene escluso, a patto che vi sia l’obbligo di offrire tali azioni agli azionisti nel rispetto della disciplina del diritto di opzione (ovvero, la c.d. opzione indiretta).
Spiegazione del diritto di opzione
Ma perché il nostro legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento il diritto di opzione? La ratio legis è certamente quella di mantenere inalterata la proporzione di ogni socio a partecipare al capitale e al patrimonio della società. Conseguentemente, inoltre, non alterare la formazione della volontà sociale, a cui il socio partecipa mediante il proprio voto.
Si tratta pertanto di un diritto che richiama le già viste caratteristiche dell’opzione, adattate al rapporto societario, e che fa sorgere in capo al socio un diritto potestativo a cui segue la posizione di soggezione della società.