Il diritto di prelazione – indice:
Il diritto di prelazione è il diritto riconosciuto a un soggetto (prelazionario) di essere preferito ad altri, a parità di condizioni, nel momento in cui un soggetto si deve costituire un determinato negozio giuridico. Legale o volontaria, cerchiamo di comprendere quali siano le caratteristiche di questo particolare diritto, come si esercita e come si formula la sua rinuncia.
Cos’è il diritto di prelazione: il significato
Come abbiamo già rammentato in sede di apertura, il diritto di prelazione è il diritto che attribuisce al suo titolare una posizione di preferenza rispetto ad altri soggetti, a parità di condizioni, nel momento in cui si instaura un rapporto giuridico.
Già da questa definizione siamo in grado di trarre qualche valutazione di interesse su questo specifico diritto. In primo luogo, il fatto che esista una clausola di prelazione non determina necessariamente la conclusione di un negozio giuridico: il concedente è infatti lasciato libero di scegliere se stipulare o meno un contratto. Tuttavia, nel momento in cui decide di contrarre, sarà vincolato nella scelta del contraente dal diritto di prelazione.
In secondo luogo, si tenga conto che l’esistenza di un diritto di prelazione, ovvero del vincolo di cui abbiamo fatto appena cenno, si traduce nell’obbligo di denuntiatio, in virtù del quale il concedente deve comunicare al prelazionario – titolare del diritto di prelazione – la volontà di concludere il contratto, insieme alle condizioni e al termine per l’esercizio della prelazione.
In terzo luogo, nel caso in cui il concedente non provveda e formulare apposita comunicazione, o il contratto sia concluso con i terzi entro il termine per l’esercizio della prelazione, ovvero nonostante il prelazionario abbia esercitato il proprio diritto il contratto sia concluso con terzi, o ancora il contratto sia stato concluso a condizioni diverse, il prelazionario potrà agire secondo quanto previsto dalla legge per far valere il proprio diritto.
La prelazione volontaria
Come ribadito fin dalla sede di apertura del presente approfondimento, la prelazione può essere volontaria o legale a seconda della fonte di nascita di tale diritto.
In particolare, la prelazione si dice volontaria nel caso in cui venga convenzionalmente prevista dalle parti: il patto di prelazione potrà essere incluso nel contratto principale (cioè, in un negozio principale che fa derivare il diritto di prelazione) oppure in un contratto distinto.
In ogni caso, qual che sia la fonte contrattuale della prelazione volontaria, il patto ha un’efficacia meramente obbligatoria, vincolando solamente le parti. Questo significa, in termini concreti, che anche nell’ipotesi di inadempimento del patto di prelazione, il contratto rimarrà valido ed efficace nei confronti del terzo, ma il prelazionario potrà ovviamente agire contro il concedente per poter ottenere il risarcimento del danno.
Si tenga anche in considerazione come il diritto di prelazione non sia affatto previsto dal codice civile, ma dottrina e giurisprudenza ne riconducono una sorta di disciplina indiretta e di valenza generale nell’art. 1566 del codice civile, rubricato “Patto di preferenza” ma formalmente riconducibile alla sola somministrazione, secondo cui:
Il patto con cui l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni.
L’avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto di preferenza.
Il diritto di prelazione legale
Di diversa natura è la prelazione legale che, come ben intuibile, viene prevista da una norma di legge. In tale ipotesi, infatti, l’efficacia è reale, tanto che in caso di violazione del diritto di prelazione, il prelazionario può agire in retratto nei confronti del terzo, attraverso una dichiarazione unilaterale recettizia che determina la sostituzione del prelazionario al terzo.
In altri termini, per il solo esercizio della dichiarazione, il prelazionario retraente subentrerà al terzo nella medesima posizione che questi aveva nel negozio concluso: al terzo “sostituito” spetterà dunque esercitare il diritto al risarcimento dei danni subiti, verso il concedente. Trattandosi di diritto potestativo (quello prelazionario legale), l’eventuale pronuncia giudiziale che conferma il suo esercizio ha una natura di mero accertamento.
A sua volta, la prelazione legale può definirsi propria o impropria: nel primo caso tutela la proprietà del prelazionario ed è esercitabile a parità di condizioni rispetto agli eventuali terzi contraenti, mentre nel secondo caso tutela un interesse pubblico e prevede condizioni differenti, generalmente più favorevoli per il prelazionario.
Tra i più noti e ricorrenti esempi di prelazione legale, quella agraria in favore dei coltivatori diretti in caso di cessione della quota ereditaria, oppure quella del conduttore in caso di vendita dell’immobile locato per uso diverso da quello abitativo.
La prelazione ereditaria
Una delle forme “tipiche” di prelazione legale è quella ereditaria, riconosciuta ai coeredi che si trovano in una condizione di comunione ereditaria. In questo scenario, se uno dei coeredi vuole cedere la propria quota o una parte di essa, dovrà denunciare tale intenzione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali dovranno poi decidere – entro un termine di due mesi – se accettare o meno la proposta di vendita.
Se i coeredi accettano, la quota viene venduta ai coeredi in quanto titolari del diritto di prelazione ereditaria. Se i coeredi non accettano, la quota potrà dunque essere ceduta a un estraneo che non sia titolare del diritto di prelazione.
Nel caso in cui il coerede non effettui questa preventiva notificazione, procedendo direttamente alla vendita della quota a favore di un soggetto estraneo, avrà violato il diritto di prelazione legale, con la conseguenza che gli altri coeredi potranno far valere – entro 10 anni dalla conclusione del contratto – il retratto successorio di cui all’art. 732 c.c.
La prelazione agraria del confinante e dell’affittuario
Un’altra forma di prelazione legale, che abbiamo già individuato come una delle più note, è la prelazione agraria riconosciuta in favore del coltivatore diretto che ha preso in locazione un fondo rustico con l’obiettivo di poterlo coltivare con il proprio lavoro e con quello dei propri familiari, e in favore del coltivatore diretto del fondo confinante.
Ne consegue che il prelazionario ha il diritto di essere preferito ai terzi, a parità di condizioni, nel caso in cui il proprietario del fondo rustico decida di venderlo. Anche in tale scenario, rammentiamo che se il proprietario contravviene a questa disposizione, il prelazionario potrà riscattare la proprietà del fondo esercitando il retratto agrario.
La prelazione urbana nella locazione commerciale
Altra forma di prelazione legale è quella urbana, con la legge che riconosce, nell’ambito di un contratto di locazione commerciale al conduttore di un immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione il diritto di cui all’art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392.
Se dunque il locatore mette in vendita l’immobile locato, deve prima comunicare la proposta di vendita la conduttore, che è il titolare del diritto di prelazione. Nel caso in cui il locatore non effettui questa comunicazione, e vende l’immobile direttamente a un terzo, il conduttore potrà esercitare l’azione di riscatto facendo così valere il suo diritto di prelazione.
Rinuncia al diritto di prelazione
Trattandosi di un diritto, o non certamente di un obbligo, la prelazione può anche non essere esercitata da parte del prelazionario che, anche in questo frangente, dovrà darne comunicazione al concedente. Si discute ancora, in dottrina, se la rinuncia al diritto di prelazione possa essere esercitata solo dopo la denuntiatio del concedente, o anche prima.
Opinione prevalente, cui si aderisce, è che la rinuncia al diritto di prelazione possa essere esercitata sia prima che dopo la denuntiatio, con l’accortezza di interpretare come “rifiuto” della proposta ricevuta quella formulata dopo la denuntiatio del concedente.