Diseredare: quando è possibile – indice:
Con il termine diseredazione si intende quella disposizione testamentaria in base alla quale il de cuius può dichiarare di escludere un determinato soggetto dalla propria successione. Si tratta di un tema abbastanza complesso, sui cui margini e sulle cui specificità ancora oggi dottrina e giurisprudenza dibattono con vivacità.
Diseredazione nel Codice Civile
Al fine di semplificare l’annoso dibattito intorno a questo tema, possiamo comunque riassumere almeno sinteticamente come la posizione prevalente sia certamente quella di poter riconoscere l’ammissibilità della clausola di diseredazione, distaccandosi gradualmente da una vecchia interpretazione del tenore letterale dell’art. 587 c.c., secondo cui
Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.
In altri termini, in tempi non troppo recenti una parte della dottrina sosteneva che sulla base di tale norma il testamento potesse contenere esclusivamente delle disposizioni di natura patrimoniale. Considerando che la clausola di diseredazione non ha contenuto”direttamente” patrimoniale, autorevoli studiosi avevano intuito che questa clausola non potesse essere apposta su un testamento.
Gli effetti del diseredare
Tuttavia, con il tempo è andata ad affermarsi un’altra posizione, secondo cui – sebbene sia vero che la diseredazione non attribuisce direttamente del patrimonio – tale clausola avrebbe comunque un effetto dispositivo indiretto. La quota di successione della quale infatti il diseredato non è beneficiato, si devolverebbe poi agli altri chiamati.
Sul tema è naturalmente intervenuta più volte la Corte di Cassazione, che già dagli anni ’80 del secolo scorso ebbe modo di riconoscere come la clausola di diseredazione di alcuni soggetti potesse valere a fare riconoscere una contestuale clausola di volontà istitutiva degli altri successibili (non diseredati) solamente quando, dal tenore della scheda testamentaria, risulti effettiva l’esistenza della volontà del testatore, come sopra valutato.
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Veniva inoltre rammentato in alcune successive pronunce come l’assunto sulla base del quale si basa la teoria negativa in merito all’ammissibilità di una clausola di diseredazione, non tiene conto del fatto che l’attuale quadro normativo dispone la possibilità di inserire, all’interno delle volontà del testatore, anche di disposizioni che non hanno carattere patrimoniale (esattamente come la clausola di diseredazione): tra i vari esempi si può pensare alle disposizioni in merito alla propria sepoltura.
Clausola di diseredazione e limiti
Considerando che la clausola di diseredazione è ben ammissibile all’interno di un testamento, ci si pone il conseguente problema di tracciarne i limiti e gli effetti. In particolare, quali soggetti è possibile diseredare?
Cominciando con le valutazioni di più facile effettuazione, è possibile rammentare come è sicuramente possibile diseredare quei soggetti che sono estranei al proprio nucleo familiare (e che sono di norma estranei a una “tradizionale” successione). Risulta inoltre possibile diseredare anche i propri eredi legittimi. Più dubbia invece la possibilità di diseredare i legittimari, come vedremo qui di seguito.
Sul tema è poi intervenuta anche la Corte di Cassazione con la relativamente recente sent. n. 8352 del 25/5/2012, secondo cui “è valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la propria volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei successibili”.
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I tre orientamenti sulla clausola per diseredare
Anche alla luce di quanto sopra, risulta comunque evidente l’esistenza di almeno tre diversi orientamenti principali, su cui ancora si discute con vivacità. Il primo di questi orientamenti, che possiamo definire quello più “positivo”, ovvero riconducibile all’ammissibilità di una diseredazione espressa, è legato all’affermazione della libera volontà testamentaria del testatore. Questi può dunque ben scegliere le sorti del proprio patrimonio, potendosi ammettere anche un testamento contenente la sola clausola di diseredazione.
Un secondo orientamento è quello negativo, che mira a escludere la possibilità di una diseredazione espressa. La tesi è svolta sulla base della lettura restrittiva dell’art. 587 del codice civile, sulla base del quale il contenuto del testamento deve essere attributivo. Intermedio tra i due orientamento di cui si è detto è un terzo, cosiddetto della “istituzione implicita”. Secondo questo la diseredazione sarebbe valida in quanto non consistente in una specifica ed autonoma disposizione negativa. Viceversa si tratterebbe dell’istituzione, “positiva” e implicita, dei successori ex lege, con l’esclusione del diseredato.
Diseredare i legittimari: è possibile?
Sebbene l’orientamento ad oggi prevalente sia quello dell’ammissibilità della diseredazione, la Cassazione non si è espressa sul tema della diseredazione dei legittimari. È possibile diseredare il proprio figlio nel testamento? È possibile diseredare il proprio coniuge?
La dottrina sul punto è abbastanza divisa. Parte oggi forse prevalente degli studiosi, anche in seguito all’orientamento della Cassazione, ritiene finanche valida la disposizione diseredativa di un legittimario. Nella confezione di un testamento tuttavia, quali sarebbero gli effetti pratici di una simile disposizione?
Il legittimario diseredato infatti, anche qualora la clausola diseredativa non fosse nulla e invalida, avrebbe sempre il diritto di agire in riduzione. Potrebbe ottenere così dai propri coeredi quanto di propria spettanza. La questione della diseredazione dei legittimari appare, anche per questo motivo, da circoscriversi all’ermeneutica giuridica più che alla prassi testamentaria.
Lo strumento ad oggi più efficace per “diseredare” un proprio legittimario appare invece quello del legato sostitutivo di legittima. L’articolo 551 del codice civile riconosce infatti al testatore la possibilità di sostituire la legittima con un legato, il cui valore patrimoniale non deve necessariamente avere alcuna correlazione con la quota di legittima. In questo caso ove il legittimario beneficiario del legato sostitutivo intenda agire in riduzione dovrà previamente rinunciare al legato sostitutivo.