L’email come prova del credito – indice:
Anche il contenuto dell’email può formare una piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Per non fare piena prova le email devono essere recisamente e precisamente contestate nel loro nella loro entità e nel loro contenuto.
A sancirlo è la recente ordinanza n.11606/2018 della Corte di Cassazione, che riconosce all’email una significativa validità in termini di capacità di rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.
Email come prova di un credito esistente
La vicenda che si è poi evoluta nella sentenza di cui sopra ha avuto origine da un decreto ingiuntivo intimato per il pagamento di prodotti ordinati da un’azienda, revocato in corso di causa per avvenuto pagamento di parte della somma in oggetto.
La parte debitrice veniva condannata al pagamento dell’importo residuo, con soccombenza che veniva poi confermata anche in sede d’appello. La Corte territoriale aveva in particolar modo ritenuto che il contratto di fornitura intercorso fra le parti, e il credito azionario conseguente, fosse stato provato dallo scambio di email che era intervenuto tra i rappresentanti delle due società. Le email non erano state oggetto di contestazione sia in riferimento alla provenienza, che al testuale contenuto.
Per il giudice, la documentazione acquisita avrebbe reso superflue ulteriori deduzioni istruttorie per prova testimoniale della debitrice opponente a decreto ingiuntivo. L’email infatti, ad avviso della Suprema Corte, vale come documento informatico e fa dunque piena prova in tutto il suo contenuto, fatto salvo in caso in cui non sia contestata motivatamente.
Email come piena prova dei fatti se non c’è disconoscimento
La vicenda giunge così in Cassazione, con gli Ermellini che rammentano come ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), l’email
costituisce un “documento informatico”, ovvero un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”
Da quanto sopra ne deriva che l’email, anche se è priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero tra le rappresentazioni meccaniche indicate dall’art. 2712 c.c. (non in modo tassativo) e dunque può formare piena prova dei fatti e delle cose qui rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Calandosi nella fattispecie oggetto di ordinanza, la Cassazione evidenzia che
poiché nella mail del 13 ottobre 2011 (il debitore) si era impegnato a rientrare dalla propria esposizione debitoria, quantificata in C 82.834,88, la Corte d’Appello di Milano, correttamente operando la ripartizione dell’onere della prova, ha ritenuto dimostrata l’esistenza del rapporto contrattuale, nonché verificato l’importo del credito azionato col decreto ingiuntivo.
La giurisprudenza è dunque sempre più incline ad avvicinare il documento informatico a quello cartaceo. Gli orientamenti tanto normativi quanto giurisprudenziali tendono a metterli proprio sullo stesso piano. L’email dunque, pur non costituendo prova legale in ordine alla ricezione della comunicazione, si avvicina molto alla lettera di “posta ordinaria”. Come evidenzato, il “documento informatico” è assimilabile alle rappresentazioni meccaniche di cui all’articolo 2712 del codice civile.
Avv. Bellato – diritto dell’informatica, internet e social network