L’esclusione del socio di s.n.c. – indice:
- Cos’è
- Esclusione facoltativa
- Indirizzi giurisprudenziali
- Come funziona
- Comunicazione di esclusione
- Esclusione di diritto
- Liquidazione della quota
Fra le cause di scioglimento del rapporto tra socio e società di persone troviamo l’esclusione, disciplinata all’articolo 2286 del codice civile. La norma si applica anche alla società in nome collettivo e comporta l’esclusione del socio di snc quando questi ponga in essere una serie di comportamenti ostativi al buon funzionamento della società.
Cos’è l’esclusione del socio di società in nome collettivo
L’esclusione del socio è l’istituto che permette di porre fine al rapporto tra il socio e la società. È disciplinato nella sezione dedicata alle società di persone ma si applica anche all’esclusione del socio di snc. Secondo la dottrina prevalente l’esclusione può dipendere dall’esercizio del potere disciplinare da parte della società nei confronti del socio, da una causa di risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contrattuali oppure dall’impossibilità sopravvenuta di eseguire il conferimento.
Stando alla portata letterale dell norma che disciplina l’esclusione (articolo 2286 codice civile), la dottrina ritiene che tale provvedimento dipenda sia da ragioni di natura contrattuale sia di natura organizzativa. Il codice civile contempla due casi di esclusione del socio dalla società di persone:
- l’esclusione facoltativa, disciplinata all’articolo 2286 del codice civile;
- quella di diritto di cui all’articolo 2288 del codice civile.
Nel primo caso, pertanto, la decisione di estromettere il socio dalla società è rimessa alla decisione degli altri soci o alla legge. Questa è la caratteristica fondamentale che distingue l’esclusione del socio dal recesso dello stesso. Nel recesso, infatti, l’interruzione del rapporto dipende dalla volontà del socio uscente. Nell’esclusione, invece, la volontà del socio è contraria all’uscita dalla società e ferma nel voler mantenere la sua posizione sociale. L’esclusione facoltativa avviene in forma libera, nel senso che i soci possono anche decidere di non attuarla, sebbene il socio si ritrovi in una delle condizioni contemplate dall’articolo 2286 del codice civile.
Nella seconda ipotesi invece, come vedremo in un paragrafo successivo, l’esclusione del socio si verifica automaticamente.
Le cause di esclusione facoltativa
Nell’articolo 2286 possiamo distinguere tre gruppi di cause di esclusione del socio:
- gravi inadempienze di obblighi di legge o di obblighi derivanti dal contratto sociale;
- interdizione o inabilitazione del socio o condanna ad una pena che comporta l’interdizione anche temporanea dai pubblici uffici;
- l’impossibilità di eseguire il conferimento (che può essere una prestazione d’opera o il godimento di una cosa) per una causa a lui non imputabile.
Gravi inadempienze
Per chiarire cosa si intenda per “gravi inadempienze” riportiamo alcune situazione discusse dalla giurisprudenza. Si ritengono incluse in tali ipotesi:
- l’obbligazione all’esecuzione del conferimento dedotto nel contratto, in quanto ipotesi di inadempimento imputabile al socio non ricomprendibile fra le circostanze di impossibilità sopravvenuta;
- l’inosservanza del divieto di concorrenza di cui all’articolo 2301 del codice civile;
- l’intromissione nelle operazioni gestionali della società facenti capo agli amministratori senza esserne autorizzato;
- i comportamenti del socio sistematicamente volti ad impedire il conseguimento dell’oggetto sociale.
Su tale ultima ipotesi si è espressa la Cassazione con sentenza del primo giugno 1991, numero 6200: “La gravità delle inadempienze del socio… ricorre non soltanto quando le dette inadempienze siano tali da impedire del tutto il raggiungimento dello scopo sociale, ma anche quando, secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice del merito, abbiano inciso negativamente sulla situazione della società, rendendone meno agevole il perseguimento dei fini“.
Quando le inadempienze riguardano il socio amministratore non si rientra nell’ipotesi dell’esclusione. Per quest’ultime sono previste altre tipologie di provvedimenti attivabili nei confronti dell’amministratore da parte degli altri soci.
Interdizione, inabilitazione o condanna penale del socio
Nel caso in cui sia stata dichiarata l’interdizione o l’inabilitazione del socio, essendo il provvedimento di esclusione facoltativo, si pone il problema della partecipazione alla società di un soggetto divenuto incapace.
La dottrina prevalente e la prassi notarile, sulla base di quanto disposto dall’articolo 2294 del codice civile, ritengono necessaria l’autorizzazione del giudice. Il socio interdetto o inabilitato infatti ha perduto parzialmente la capacità di curare gli interessi propri e quelli sociali e deve esercitare le relative obbligazioni tramite il rappresentante legale o un terzo.
La ragione che determina l’esclusione in tali casi si rinviene nella mancanza di affidabilità del socio interdetto o inabilitato o condannato penalmente da parte degli altri soci. Ancora, nel rallentamento dell’attività sociale e nella diminuzione di stima in capo alla società per la presenza di un soggetto incapace o penalmente coinvolto.
La possibilità di escludere il socio interdetto inoltre non è soggetta a prescrizione, secondo quanto stabilito dalla Cassazione con sentenza numero 345 del 1976.
Sopravvenuta impossibilità di eseguire il conferimento
La terza categoria di ipotesi di esclusione prescinde dal comportamento colposo del socio, che invece rientrerebbe nelle ipotesi di gravi inadempienze, e deriva da una situazione di fatto definitiva.
Il conferimento può essere di un’opera o del godimento di una cosa e quando si verifica una “sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita o il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori” si verifica una circostanza precisa e immutabile.
La norma (articolo 2286, secondo comma) parla genericamente di “godimento” della cosa. Ciò ha fatto riflettere la dottrina se il godimento riguardi diritti reali o personali. L’opinione prevalente ritiene che il godimento si riferisca alla seconda categoria di quest’ultimi, quelli personali.
Indirizzi giurisprudenziali sull’esclusione del socio di snc
Riportiamo alcuni casi pratici che hanno coinvolto la giurisdizione civile in materia di società in nome collettivo.
Il tribunale di Milano con sentenza del 10.06.1999 numero 1479 si è pronunciato a fronte di un disinteresse generale dei soci di società in nome collettivo alla gestione della società. La decisione presa ha statuito che il socio che si ritiene adempiente alle obbligazioni sociali può richiedere l’esclusione degli altri ai quali è imputabile il malfunzionamento della società. Un’azione in tale senso paralizza la possibilità che la società si sciolga per la causa di sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale di cui all’articolo 2272 numero 2 del codice civile.
La Cassazione ha invece ricompreso nelle ipotesi di grave ipotesi di inadempienza del socio di società in nome collettivo la seguente: il comportamento ostile di un socio amministratore a quello di un altro socio con la medesima qualità nella circostanza in cui l’amministrazione della società fosse in regime disgiuntivo. La pronuncia della Corte ha previsto l’esclusione del socio poiché tale comportamento aveva dei riflessi economico finanziari negativi sulla società nei rapporti con il pubblico.
Riportiamo il caso di una controversia avvenuta in sede arbitrale relativamente a una società in nome collettivo. L’arbitro del merito ha ritenuto fondata l’esclusione del socio amministratore uscente dalla società che criticava costantemente l’operato del nuovo amministratore subentrante. L’arbitro ha ritenuto inidoneo tale comportamento, sostenendo la responsabilità del neo amministratore per gli errori da lui commessi, senza possibilità di ingerenza da parte del vecchio amministratore.
Tra le gravi inadempienze di cui all’articolo 2286 codice civile la Cassazione ha ritenuto inoltre che, nella società in nome collettivo, viola il divieto di concorrenza il socio che ricopre il ruolo di amministratore unico in una società a responsabilità limitata concorrente, della quale è unico detentore del capitale sociale (sentenza 1977 del 09.07.1973).
Come funziona l’esclusione del socio di snc
Il procedimento di esclusione del socio è disciplinato dall’articolo 2287 del codice civile. Solo quando la società è composta da due soci (terzo comma) l’esclusione di uno dei due è proclamata dal tribunale su istanza dell’altro socio. In tutti gli altri casi la decisione di esclusione del socio è deliberata dalla maggioranza dei soci, nella quale non si computa la figura del socio da escludere. Da tale nozione si ricava che il calcolo della maggioranza avviene per teste e non per quote.
Il termine “deliberata” farebbe presumere l’assunzione della decisione tramite metodo collegiale, quindi una decisione rimessa all’assemblea dei soci. Secondo la dottrina prevalente invece non sarebbe necessario informare tutti i soci dell’esclusione. Si tratterebbe infatti di una semplice decisione che può essere presa a maggioranza, anche all’oscuro del socio da escludere. La consuetudine notarile invece ricerca la massima prudenza in materia legale. In essa pertanto è pratica diffusa convocare il socio da escludere. Resta salva l’ipotesi in cui questi, seppur convocato, non si presenti. In tale ultimo caso si procede all’esclusione in sua assenza.
La comunicazione di esclusione ha effetto nei trenta giorni successivi, durante i quali il socio informato può fare opposizione davanti al tribunale, esercitando il suo diritto inviolabile alla difesa. Il contraddittorio pertanto si instaura solo qualora il socio da escludere faccia opposizione.
La comunicazione di esclusione del socio di snc
La Cassazione ha specificato con sentenza numero 664 del 1955 le formalità che devono essere osservate nel comunicare al socio l’esclusione. La comunicazione deve essere completa, indicando i motivi che l’hanno determinata. Ciò al fine di consentire al socio di predisporre la miglior difesa, consapevole delle condotte a lui addebitate, e quindi di reperire nei termini di decadenza le prove necessarie a suo beneficio. Non sono pertanto richiesti particolari vincoli formali riguardo alla comunicazione del provvedimento. L’importante è che il socio escluso possa venire a conoscenza delle ragioni che ne hanno determinato l’esclusione.
Forme di comunicazione orali o indirette non sembrano tuttavia considerarsi valide.
Sono considerati pertanto mezzi idonei di comunicazione:
- la raccomandata a mano;
- la decisione deliberata in sede di altro giudizio pendente tra la società e il socio escluso per la revoca della carica di amministratore derivante dagli stessi motivi per i quali viene intrapreso il provvedimento di esclusione;
- la notifica da parte dell’ufficiale giudiziario;
- citare in giudizio il socio escluso per verificare la validità della causa di esclusione prima di rendere il socio conosciuto del provvedimento.
Il provvedimento di esclusione viene invalidato solo quando la sua comunicazione non consenta al socio escluso di provvedere tempestivamente a proporre opposizione o ne permetta l’esecuzione in maniera generica.
Di avviso contrario tuttavia è stata un’altra sentenza della Cassazione, la numero 1781 del 1977, che ha ritenuto sufficiente la sola conoscenza della deliberazione da parte del socio escluso tramite atti o fatti idonei a renderla conoscibile.
L’esclusione di diritto del socio di snc
L’esclusione del socio avviene di diritto quando questi è investito da una sentenza che ne dichiara il fallimento. La norma di riferimento è l’articolo 2288 del codice civile.
Il fallimento del singolo socio non incide sull’integrità del vincolo sociale che resta intoccato. Infatti, secondo quanto chiarito dalla Cassazione nel 2008, con la sentenza numero 17953, “l’articolo 2288 non opera nell’ipotesi in cui il fallimento del socio sia effetto di quello della società...”.
La norma in esame prosegue affermando che l’esclusione di diritto del socio si verifica quando un suo creditore particolare ha ottenuto la liquidazione della quota ai sensi dell’articolo 2270 del codice civile. Nella società in nome collettivo regolare tale potere del creditore è escluso se non quando è stata richiesta la proroga della società di cui all’articolo 2307 del codice civile. Per cui solo in tale ipotesi può operare l’esclusione di diritto del socio.
Liquidazione della quota del socio escluso
Dal momento in cui il socio viene escluso, questi non fa più parte della società. Ne deriva che non avrà più diritto alla partecipazione agli utili e alle perdite e che cesserà la sua carica di amministratore se precedentemente rivestita.
Il socio escluso o i suoi eredi hanno diritto soltanto a una somma corrispondente al valore della quota. Questi, dunque, non possono pretendere né la restituzione dei beni conferiti in proprietà né di quelli in godimento, anche se presenti nel patrimonio sociale, fintanto che la società resti in vita. Questa è la regola stabilita dall’articolo 2289 del codice civile, primo comma.
Con riguardo al socio che ha conferito beni in godimento si discute in dottrina con quale criterio valutare la quota. La Cassazione con sentenza numero 5853 del 1984 ha ritenuto che la liquidazione della quota ha per oggetto una somma equivalente al vantaggio che la società ottiene dall’essere titolare di tale diritto di godimento.
Il destino del bene in godimento inoltre è opinione contrastante in dottrina e giurisprudenza. Una parte ritiene questo vada restituito al socio al momento dello scioglimento del suo rapporto con la società. Altra parte ritiene opportuna la restituzione soltanto qualora il godimento non sia stato investito in società.
L’articolo 2289 del codice civile, al secondo comma, prosegue affermando che:
“La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”. La situazione patrimoniale dev’essere valutata con riferimento al valore effettivo dei beni e non di quello risultante dal bilancio, nonché tenendo conto della consistenza dell’avviamento dell’azienda sociale.