Produzione estratto conto in giudizio – indice:
- Il caso
- La pronuncia in appello
- Estratto conto e art. 119 TUB
- Cos’è l’estratto conto
- Chi può richiedere l’estratto conto
- Invio dell’estratto conto
- L’esibizione dell’estratto conto
- Come richiedere l’estratto
- L’inadempimento della banca
- L’uso della consulenza tecnica d’ufficio
- Il principio di diritto
Con sentenza n. 24641/2021 la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell’esibizione in giudizio degli estratti conto su richiesta del cliente e da parte della banca. In particolare, con la pronuncia ora in commento i giudici della Suprema Corte hanno di fatto ribadito come l’art. 119, co. 4, TUB, ponga una disposizione di natura sostanziale. Ovvero, diretta a definire quali sono gli obblighi che gravano sulla banca in adempimento del contratto che è stato stipulato con il cliente.
Dunque, il diritto del cliente di ottenere dall’istituto bancario la consegna della copia di documentazione relativa alle operazioni degli ultimi dieci anni, ha natura di diritto sostanziale. La sua tutela viene pertanto prevista come situazione giuridica finale e non strumentale. E, in sintesi, per il suo riconoscimento non assume rilievo l’utilizzazione finale che il cliente intende fare della stessa documentazione.
Il caso
Per apprezzare quanto valutato dai giudici della Suprema Corte, può essere utile ricostruire brevemente i fatti in causa.
Un cliente di una banca convenne in giudizio il proprio istituto di credito, domandando al Tribunale che fosse dichiarata la nullità della clausola di determinazione degli interessi passivi maturati sul conto corrente affidato, e ogni altro e diversamente individuato contratto bancario intrattenuto con l’istituto convenuto, con conseguente risoluzione di essi per colpa e inadempimento della banca.
Il cliente chiede inoltre che il TAEG sia dichiarato superiore al tasso-soglia, e la nullità della clausola di liquidazione trimestrale degli interessi a debito e l’anatocismo.
Dunque, come conseguenza, domanda di condannare la banca alla restituzione di quante somme corrisposte a tale titolo di interessi passivi (…) nonché quante somme corrisposte quali spese, commissioni, provvigioni e/o qualunque altra voce.
Chiede anche il risarcimento dei danni conseguente alla vendita di un albergo di proprietà, a un prezzo inferire a quello di mercato, su cui valeva garanzia ipotecaria.
Dal canto suo, il Tribunale giudicò affetto da nullità parziale il solo contratto di conto corrente, non essendo invece stata avanzata dal cliente una specifica doglianza in relazione al contratto di mutuo. Viene dunque accolta la domanda di ripetizione dell’indebito sulla base dell’accertata illegittima applicazione di interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale degli stessi e di un tasso solo unilateralmente determinato, dichiarando inammissibili le domande di risarcimento che invece si riferiscono alla stipula del mutuo ipotecario.
La pronuncia della Corte d’appello
Impugnata la sentenza della banca, la Corte d’appello ha accolto l’appello principale respingendo quello incidentale. Si rigetta integralmente l’originaria domanda attrice.
In particolare, la Corte territoriale osserva che non poteva tenersi conto dei risultati contabili acquisiti tramite la consulenza tecnica d’ufficio in ordine alla domanda di ripetizione di indebito azionata dal in quanto le conclusioni del consulente tecnico si erano formate sulla base di documentazione bancaria, relativa al conto corrente, non acquisita legittimamente e tempestivamente al processo, tramite la sua produzione ed allegazione da parte dell’attore, a ciò onerato, nei termini di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, ma invece prodotta direttamente all’ausiliare nel corso delle operazioni peritali.
La Corte d’appello specifica altresì come ad essere onerato dell’allegazione e della prova dei fatti che costituiscono il diritto di credito sia il titolare del conto corrente. È dunque costui a dover documentare l’andamento del conto medesimo producendo in giudizio gli estratti conto che potessero evidenziare le singole rimesse suscettibili di ripetizione.
La Corte dichiara inoltre che l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p. relativo alla documentazione bancaria dovesse ritenersi inammissibile, poiché avente ad oggetto documenti che erano direttamente accessibili alla parte istante, ovvero che il titolare del conto poteva o avrebbe potuto e dovuto acquisire.
Infine, i giudici d’appello dichiarano che:
- la consulenza tecnica non poteva svolgere funzioni esplorative o suppletive degli oneri della prova che incombono sulle parti;
- l’ordine di esibizione era inammissibile. La parte attrice con la domanda di ripetizione non ha né allegato che la banca non avesse periodicamente trasmesso gli estratti conto né dimostrato di averne richiesto la consegna all’istituto di credito ai sensi dell’art. 119 TUB, senza ottenere positivo riscontro;
- doveva considerarsi infondato infondato anche l’appello incidentale;
- non era stata dimostrata l’illegittimità del credito maturato sul conto corrente.
Estratto conto e art. 119 TUB
Premesso quanto sopra, la Cassazione si occupa del tema cominciando con il rammentare il tenore dell’art. 119 del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, recante il Testo Unico delle legge in materia bancaria e creditizia.
Nella versione applicabile ratione temporis, stabilisce che:
- Nei contratti di durata i soggetti indicati nell’articolo 115 forniscono per iscritto al cliente, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all’anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il CICR indica il contenuto e le modalità della comunicazione.
- Per i rapporti regolati in conto corrente l’estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile.
- In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento.
- Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.
L’articolo è stato successivamente sostituito dall’art. 4 del d.lgs. 13 agosto 2010 n. 141, ma le modificazioni sono state ritenute irrilevanti per l’analisi della questione in commento.
Lo scopo della norma
Per gli Ermellini, scopo della norma è quello di presidiare il principio di trasparenza dell’attività bancaria, volto a rendere chiaro e comprensibile all’utente medio il funzionamento del rapporto con la banca. Una trasparenza che, proseguono, è in definitiva preordinata alla piena conoscenza da parte del cliente del rapporto bancario in essere e di tutti i costi che sono ad esso associati, sia prima che il contratto venga concluso (cioè nella fase precontrattuale), che in sede di stipula del contratto, che nel corso della sua esecuzione.
Il diritto ad ottenere copia della documentazione bancaria
Fermo restando quanto sopra, la Corte ha più volte chiarito che l’art. 119 TUB pone una disposizione di natura sostanziale, diretta a definire quali sono le obbligazioni che gravano sulla banca in adempimento del contratto stipulato con il cliente.
Il diritto del cliente di ottenere dall’istituto bancario la consegna della copia della documentazione riguarda le operazioni degli ultimi 10 anni. E, come tale, ha natura di diritto sostanziale, la cui tutela è prevista come situazione giuridica finale, e non strumentale. Per il suo riconoscimento non assume dunque alcun rilievo quale sia l’uso che il cliente intende fare della documentazione. Naturalmente, la ricostruzione del diritto ex art. 119 TUB non esclude che la richiesta di documentazione possa essere avanzata in vista della predisposizione dei mezzi di prova necessari ai fini di un’azione del cliente contro la banca.
Cos’è l’estratto conto
È in questa sede utile ricordare che l’art. 119 TUB definisce l’estratto conto come la
comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto
aggiungendo poi al secondo comma che
per i rapporti regolati in conto corrente l’estratto conto è inviato al cliente
con determinata periodicità.
Pertanto, almeno nelle ipotesi di uno svolgimento fisiologico del rapporto, il cliente riceve periodicamente gli estratti conto, che rimangono nella sua disponibilità.
Al quarto comma l’art 119 TUB stabilisce poi che il cliente ha
diritto di ottenere … copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.
Si tenga conto che questo riferimento alle singole operazioni e non all’estratto conto ha fatto sorgere in alcuni il dubbio che il legislatore volesse riferirsi a una documentazione contabile concernente specifiche transazioni, e non la comunicazione sintetica dello svolgimento del rapporto.
In realtà, è stata opinione prevalente della Suprema Corte che la norma si riferisca anche agli estratti conto.
Chi può richiedere l’estratto conto
Traendo le dovute sintesi, la norma sopra inquadrata consente al cliente di riottenere gli estratti conto di cui non dovesse più essere in possesso, nel riferimento temporale del decennio precedente il momento della richiesta, con il solo onere del pagamento della relativa spesa.
Ad ogni modo, la stessa norma chiarisce molto bene come il cliente non sia l’unico soggetto legittimato a farne richiesta.
Il legislatore ha infatti introdotto in normativa un chiaro rilievo, permettendo di ottenere la consegna della documentazione anche da altri soggetti che ne abbiano diritto in luogo del cliente, come ad esempio il curatore fallimentare, gli eredi, il fideiussore.
Invio dell’estratto conto e sua richiesta successiva
A questo punto è utile soffermarsi sulla differenza – in verità, non marginale – tra la disposizione contenuta nel secondo comma, e quella del quarto comma dell’art. 119 TUB.
Il secondo comma dispone infatti che il cliente debba ricevere l’estratto conto da parte della banca. Questa obbligazione sorge con la stipula del contratto che, di fatti, ne regola i tempi di produzione. Peraltro, oggi il contratto ne regola anche i modi, visto e considerato che sono sempre di più i clienti che preferiscono ricevere l’estratto conto in formato digitale.
Ne deriva che l’inadempimento di questa obbligazione si consuma una volta che il termine è spirato senza che la banca abbia provveduto. Salvo che, ovviamente, la causa della mancata produzione non sia imputabile alla banca.
Il quarto comma introduce invece un’obbligazione che deve essere adempiuta solamente se il cliente ha avanzato una relativa richiesta. Sicché, fino a quando la richiesta non è stata avanzata, mediante l’esercizio della sua facoltà, neppure diviene attuale l’obbligazione in capo alla banca, con l’ulteriore conseguenza che non si può concretizzare un suo inadempimento, che scatta invece solo dove la richiesta del cliente vi sia stata, e sia spirato inutilmente il termine allo scopo previsto.
Il diritto assume dunque una natura potestativa. Fino a quando non viene esercitato, rimane confinato nel contesto del possibile giuridico.
L’esibizione dell’estratto conto
Fatto salvo quanto precede, la Corte ha sul tema affermato come tra gli atti di cui si può domandare l’esibizione in sede processuale non possano includersi gli estratti conto dei rapporti bancari se questi sono genericamente mirati alla ricostruzione della contabilità dei rapporti di conto corrente senza che si ipotizzi specificamente quale sia l’utilità di quella acquisizione, ai fini della dimostrazione della domanda giudiziale.
La giurisprudenza ha stabilito che deve essere la banca a fornire la documentazione che il cliente non ha avuto cura di conservare, perché
il principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione, secondo il principio ancor oggi vicente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui pegat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti, ma esige l’impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata proprio dall’obbligo richiamato dall’art. 117 TUB, secondo cui, in materia bancaria, i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. L’assunto per cui tale consegna non sarebbe avvenuta, avrebbe dovuto costituire oggetto di una apposita e tempestiva documentata istanza all’istituto di credito. Analoghe considerazioni valgono in relazione agli estratti conto non depositati e mancanti, comunque utili, alla ricostruzione dell’andamento del rapporto.
Così, la sentenza Cass. 4 aprile 2016, n. 6511. Di diverso avviso è la successiva Cass. 11 maggio 2017, n. 11554, secondo cui invece il potere del correntista di domandare alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente può essere esercitato anche in corso di causa, e mediante qualsiasi mezzo che si mostri idoneo allo scopo, compresa cioè l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c.
Ottenimento tramite il giudice
In questa sede la Corte ha tuttavia ribadito che il cliente, o chi per lui, ha certo diritto di ottenere gli estratti conto direttamente dalla banca, ma non attraverso il giudice ex art. 210 c.p.c., salvo che una volta effettuata la richiesta alla banca questa non abbia adempiuto all’obbligo.
Quindi, i giudici ricordano come l’istanza rivolta in giudizio alla banca a consegnare gli estratti conto ex art. 119 TUB, si risolve in un’azione di adempimento. Un’azione introdotta non quando l’inadempimento non si è ancora consumato, e nemmeno quando ancora non si è verificata la mora, bensì, prima ancora, quando l’obbligazione non è ancora attuale, viene definita dagli Ermellini come priva di senso, se non altro avuto riguardo alla sussistenza dell’interesse ad agire ex art. 101 c.p.c., che consiste nell’idoneità della pronuncia richiesta e non conseguibile senza l’intervento del giudice.
Dunque, ben si comprende l’orientamento di gran lunga prevalente in ambito territoriale da parte dell’Arbitro Bancario Finanziario, secondo cui il ricorso diretto alla consegna degli estratti conto deve consistere in una contestazione dell’omissione da parte della banca della consegna della documentazione precedentemente richiesta. Pertanto, il cliente deve rivolgersi alla banca per ottenere la documentazione e, solo trascorso il termine previsto, può proporre ricorso all’arbitro per poter disporre degli estratti conto che l’istituto di credito non gli ha consegnato.
Come richiedere gli estratti conto
Alla luce di quanto sopra riassunto, il cliente può, se lo ritiene, e se ne ha l’esigenza, domandare gli estratti conto direttamente alla banca, e non per il tramite del giudice. Una volta inoltrata la richiesta, la banca è obbligata a effettuare la consegna entro il termine previsto.
Attenzione, però. Prima di giungere alle conclusioni, infatti, gli Ermellini sottolineano come non sia superflua una precisazione non marginale. Quanto sopra riassunto, infatti, non sta a significare che il cliente – una volta introdotta la causa in veste di attore – non possa più ricorrere a quanto previsto ex art. 119 TUB ultimo comma.
Non può tuttavia farlo invocando in maniera indiscriminata il giudice e il suo intervento. Così facendo, infatti, finirebbe con lo stravolgere le regole processuali che sono operati, salvo che la banca si sia resa inadempiente dell’obbligo che su di essa incombe, e di cui abbiamo già largamente fatto cenno nelle precedenti righe.
Nulla però esclude, di contro, che il cliente una volta introdotta la lite possa rivolgersi direttamente alla banca per farsi consegnare tutta la documentazione di cui ritiene di avere necessità.
Cosa succede se la banca non adempie all’art. 119 TUB
Ora, se la banca risulta essere inadempienze dall’obbligazione sancita dal quarto comma dell’art. 119 TUB, il cliente può agire con diverse strade. Una di queste è l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., che interessa il caso in esame e si affianca al ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario e al ricorso per decreto ingiuntivo.
Recita l’art. 210 c.p.c.:
Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell’articolo 118, l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione.
Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposto l’istanza di esibizione.
In altre parole, la norma prevede che l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, ovvero se tali cose appaiono indispensabili per ricostruire i fatti di causa, e purché ciò possa effettuarsi senza un grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare il segreto professionale, d’ufficio o di Stato, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
Un’istanza, quella ex art. 210 c .p., che è sottoposta in appello agli stessi limiti di ammissibilità previsti dall’art. 345 c.p.c. in riferimento alla produzione documentale. Ne consegue che essa non è ammissibile in relazione a documenti la cui esibizione non è stata richiesta nel giudizio di primo grado.
Un quadro più ampio
La norma – aggiungono ancora i giudici della Suprema Corte nella sentenza in commento – deve essere letta in correlazione con l’art. 94 disp. att. c.p.c., secondo cui l’istanza di esibizione deve contenere la specifica indicazione del documento o della cosa. E, se necessario, l’offerta della prova che la parte o il terzo li possiede.
Ulteriormente, rappresenta un principio saldo, nella giurisprudenza della Suprema Corte, il fatto che l’esibizione ex art. 210 c.p.c. non possa in nessun caso supplire il mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante. Pertanto, l’ordine in questione può essere impartito a una delle parti del processo con specifico riguardo ai documenti la cui acquisizione al processo è necessaria. Ovvero, gli atti concernenti la controversia, dei quali sia noto o indicato un preciso contenuto, ritenuti influenti per la decisione in causa.
Grava sulla parte che invoca l’intervento officioso del giudice l’onere di provare l’esistenza di una situazione eccezionale che legittimi l’utilizzo di tali poteri. Ovvero, l’impossibilità o particolare difficoltà di assolvere altrimenti all’onere probatorio. In qualsiasi ipotesi, l’ordine di esibizione non può essere disposto allorquando l’interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa.
Dunque, se il cliente, o chi per lui, ha esercitato il diritto di cui all’art. 119 TUB, e la banca non vi ha ottemperato, esibizione è, in presenza dei presupposti ora indicati, impartito in conformità alla previsione normativa. Se il cliente non ha effettuato la preventiva richiesta, inadempiuta, non vi sono margini per l’ordine di esibizione di cui all’articolo 210 c.p.c..
L’uso della consulenza tecnica d’ufficio
Scorrendo rapidamente gli altri punti all’attenzione dei giudici, con riferimento all’uso della consulenza tecnica d’ufficio può essere utile riepilogare come la Corte abbia precisato che non è permesso al consulente nominato dal giudice di sostituirsi alla parte, andando a ricercare aliunde i dati che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova e che non gli siano stati forniti, magari acquisendoli dalla parte che non li aveva tempestivamente prodotti, in quanto in questo modo il giudice verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’articolo 2697 c.c., che del principio del contraddittorio.
Dunque, il giudice non dispone la consulenza tecnica d’ufficio ogni volta che si avveda che la richiesta della parte voglia sopperire alla deficienza della prova. Ovvero, a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze che non sono state provate.
Il principio di diritto
Viene dunque affermato il seguente principio di diritto:
Il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, quarto comma, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d’ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.
Nel caso in esame, l’originario attore non ha prodottogli estratti conto, e ne ha chiesto l’esibizione ex art. 210 c.p.c. senza averne fatto richiesta alla banca, rimasta inadempiuta, ex art. 119 TUB. Dunque, la Suprema Corte conclude che del tutto correttamente la Corte ha ritenuto che l’attore non avesse soddisfatto il proprio onere probatorio. E che la consulenza tecnica d’ufficio non potesse avere ingresso perché esplorativa.
Gli altri motivi
In brevità, si riportano anche gli altri motivi della sentenza.
In particolare, con la seconda censura si cercava di evidenziare l’erroneità della Corte d’Appello laddove ha ritenuto inammissibile, poiché nuova, la domanda di nullità del contratto di mutuo, mentre detta domanda, secondo il ricorrente, nuova non era, e comunque la nullità era rilevabile d’ufficio in appello.
Tuttavia, il fatto è che la nullità del contratto di mutuo è stata fatta discendere, dal ricorrente, dalla nullità parziale del contratto di conto corrente. Ovvero, si assume l’esistenza di un collegamento negoziale tra quest’ultimo contratto e quello di mutuo, sul rilievo che la stipula di quest’ultimo aveva avuto luogo all’esclusivo scopo di garantire la banca, così da procurarle un rientro in tempi brevi dallo scoperto, per di più con la certezza della garanzia ipotecaria, di guisa che il giudice avrebbe dovuto prendere “in esame la nullità del mutuo allegata, quale prodotto delle clausole contrattuali nulle applicate nella determinazione del saldo di conto corrente che detto mutuo era destinato a coprire, in ordine alla quantificazione del danno patrimoniale derivatone, immediatamente e direttamente, nelle sue varie componenti”.
Tuttavia, al netto della domanda riguardante il conto corrente, la stipula del contratto di mutuo non è cagionata dalla lievitazione del saldo passivo di conto. Si rigetta il motivo.