Una recente ordinanza del Tribunale di Roma, salita in via abbondante agli onori della cronaca, ha apportato un contributo piuttosto importante nel cercare di disciplinare alcuni aspetti legati all’uso di fotografie e notizie dei figli minorenni su Facebook, il più noto social network del mondo.
Stando a quanto dichiarano i giudici capitolini con la pronuncia dello scorso 23 dicembre 2017, infatti, in alcuni casi contraddistinti da un massiccio utilizzo dei social network per la diffusione di immagini e informazioni riguardanti il figlio minorenne, il giudice potrà ordinare non solamente la rimozione dei post interessati, quanto anche comminare una sanzione pecuniaria al genitore.
Responsabilità genitoriale e social network
Il caso su cui si sono espressi i giudici romani è piuttosto complesso, e si fonda sull’analisi di una storia familiare difficile e travagliata, in cui ad essere sostanziale parte interessata è un giovane ragazzo di 16 anni, che lamentava al Tribunale come la madre riportasse sui social network dei particolari della vita familiare.
In particolare, il giovane si dichiarava
infastidito del fatto che passi per malato e che i suoi coetanei siano a conoscenza di quanto viene pubblicato sul web sul suo conto
giustificando poi anche sulla base di ciò la propria volontà di andare a studiare negli Stati Uniti, dichiarando una simile iniziativa
per avere più opportunità di lavoro…ci tengo a fare la vita di un ragazzo normale… avrei più possibilità di lavoro …che speranza ho in Italia dove tutti conoscono la mia storia ..cosa posso fare il bidello?
e poi riferendosi a proposito della madre affermando
secondo lei una persona che dice di voler bene può scrivere queste cose
e mostrando così ai giudici delle schermate delle pagine del social network in cui la madre avrebbe inserito sue fotografie diffondendo sui media la storia familiare e dettagli delle controversie giudiziarie, e definendo il figlio alla pari di un malato mentale.
In seguito alla sentenza di separazione dei genitori del ragazzo, la responsabilità genitoriale di entrambe le parti era stata sospesa a causa proprio dei comportamenti gravemente pregiudizievoli per l’interesse del figlio posti in essere da entrambi i genitori, e in particolare nei rapporti con la madre, che si erano interrotti precedentemente alla sentenza di separazione.
Anche in virtù di ciò, il giovane ha poi rappresentato il “desiderio di frequentare il college statunitense, lamentando la già riferita conoscenza della sua difficile situazione familiare da parte dei coetanei, con fermo rifiuto di proseguire il percorso scolastico, limitandosi a frequentare con profitto un corso di lingua inglese finalizzato a migliorare la conoscenza dell’idioma per l’iscrizione nella scuola USA”.
In aggiunta a ciò, il ragazzo espresse la volontà “di far cessare la continua diffusione di informazioni sulla sua situazione e sulla vicenda familiare operata dalla madre”.
La diffusione di immagini dei figli sui social network
Per il Tribunale di Roma, in considerazione dell’età del minore (16 anni) non può che essere sottolineata l’elevata rilevanza che assume la volontà dello stesso.
I giudici capitolini ricordano come stando alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alla rilevanza da attribuire alla volontà del minore quando la stessa è
esplicitazione delle proprie aspirazioni, di un vero e proprio progetto di vita, non privo di risvolti esistenziali ed affettivi, sorretto da una fortissima volizione, desumibile dalle insormontabili difficoltà manifestatesi in sede esecutiva
non si può che assumere debita considerazione di tale volontà, anche in virtù del quadro normativo che attribuisce ai c.d. grandi minori (quelli che abbiano raggiunto 16 anni) ampi margini di autodeterminazione, come ad esempio la possibilità di interrompere il percorso scolastico stante la cessazione dell’obbligo, di svolgere attività lavorativa, e così via.
Un altro indice di rilevo citato nella pronuncia è legato alla Convenzione dell’Aja 1980 in materia di sottrazione internazionale di minori, che non è a caso è disciplina applicabile solo fino al raggiungimento dei 16 anni.
I giudici osservano dunque che le motivazioni che il ragazzo ha più volte formulato, indicando la volontà di proseguire gli studi all’estero, sono fondate dalla necessità di allontanarsi dal proprio attuale contesto sociale, in cui tutti i compagni sono a conoscenza delle sue vicende personali, diffuse proprio a causa del comportamento della madre sui social network.
La massiccia presenza mediatica della vicenda del minore, giustifica il turbamento dello stesso e la resistenza a proseguire gli studi in un contesto nel quale particolari della propria vita personale, sono ampiamente noti
dichiara ancora il Tribunale.
I giudici autorizzano pertanto il minore a proseguire gli studi all’estero, e adottano una serie di provvedimenti nei confronti della madre, finalizzati a evitare che tali condotte definite “persecutorie”, di massiccio uso dei social network per diffondere immagini e dettagli sulla vicenda del figlio, determino la persistenza di un disagio nel ragazzo.
Alla donna i giudici ordinano quindi la cessazione immediata della diffusione da parte della madre sui social network di immagini, notizie e dettagli sui dati personali e sulla vicenda giudiziaria del figlio, oltre alla rimozione dei contenuti già pubblicati. Viene inoltre previsto che in caso di mancata ottemperanza della madre a tali obblighi, la stessa sia condannata un importo per la violazione posta in essere, al ricorrente e al suo tutore.
Avv. Bellato – diritto dell’informatica, internet e social network