Falsa patente di guida: conseguenze per la produzione di un documento estero – guida rapida
- Il ricorso dell’imputato
- Il rinvio alle Sezioni Unite
- La questione di diritto
- Chi può guidare in Italia
- La patente estera per guidare un veicolo in Italia
- Gli orientamenti giurisprudenziali
- Il secondo orientamento
- La decisione delle Sezioni Unite
- Il principio di diritto
La Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna di un imputato per reato ex artt. 477 e 482 cod. pen., per aver formato o fatto formare una falsa patente di guida apparentemente rilasciatagli dalla competente autorità del Paese di appartenenza (Marocco) e su cui era stata apposta la sua fotografia.
La Corte d’Appello ha respinto le obiezioni difensive fondate sull’asserita inoffensività del fatto, richiamandosi all’orientamento giurisprudenziale per cui non costituisce reato la falsificazione grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero anche se non sussistono le condizioni di validità di tale documento ai fini della conduzione del veicolo nel territorio nazionale, stabilite dagli artt. 135 e 136 del Codice della Strada.
Contro tale sentenza l’imputato ha dunque proposto ricorso per Cassazione deducendo un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 477 e 482 cod. pen.
Il ricorso dell’imputato
In particolare, il ricorrente eccepisce l’innocuità del falso, rilevando a tal fine che il documento in contestazione non sarebbe idoneo ex artt. 135 e 136 cod. strada ad abilitare alla guida nel territorio nazionale, poiché intestato ad un cittadino extracomunitario che, al momento del controllo che ha dato origine al procedimento, si trovava in Italia da più di un anno e non aveva provveduto alla sua validazione internazionale o alla sua conversione.
In questo senso il ricorso evidenzia che la funzione documentale della patente è quella di abilitare il suo possessore a circolare alla guida dei veicoli per i quali il suo conseguimento è imposto dalla legge. Pertanto, se si tratta di una patente rilasciata da uno Stato straniero, in assenza di ulteriori condizioni normativamente previste per la sua validità nel territorio nazionale il documento risulterebbe inidoneo a svolgere tale funzione. Pertanto, la sua falsificazione – aggiunge il ricorrente – risulterebbe inutile e innocua. Un approccio che, si legge ancora nelle motivazioni del ricorso in Cassazione, sarebbe rilevata da un orientamento giurisprudenziale differente da quello richiamato dai giudici di merito.
Il rinvio alle Sezioni Unite
Il ricorso è stato assegnato alla Quinta Sezione che, tuttavia, lo ha rimesso alle Sezioni Unite rilevando un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti che sono necessari per la configurabilità del delitto di falsificazione di patente di guida rilasciata da uno Stato non appartenente all’Unione Europea.
Con l’occasione la Sezione rimettente evidenzia che, stando a un primo e più risalente orientamento, il falso assumerebbe rilevanza penale solo quando sono state rispettate le condizioni di cui all’art. 135 cod. strada per la validità nel territorio nazionale della patente estera, in assenza delle quali il documento – non potendo abilitare alla guida in Italia – non potrebbe costituire una autorizzazione o una certificazione ex art. 477 cod. pen.
Ancora, l’ordinanza con cui la Sezione rimeette il caso alle Sezioni Unite registra come si sia progressivamente contrapposto a questo orientamento un altro indirizzo, quello richiamato dalla sentenza impugnata, secondo cui non assumerebbe rilievo ai fini della configurabilità del reato il difetto delle condizioni previste dal codice della strada attesa l’idoneità della patente estera falsificata, sebbene formalmente priva di validità, ad ingannare la fede pubblica. Si tratta infatti di un documento dotato di un proprio contenuto giuridico e probatorio, sia intrinseco (ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso certificato) sia estrinseco (ha potenziale rilievo se abbinato ad altro atto).
Infine, i giudici rimettenti sottolineano come entrambi gli orientamenti convergano nell’escludere la rilevanza della fattispecie della tematica del falso innocuo, vertendo il contrasto sulla rilevanza da attribuire alla patente di guida estera di per sé considerata, ossia sulla sua identificabilità o meno, in assenza degli altri requisiti di cui all’art. 135 cod. strada, con l’atto tipico oggetto dell’incriminazione di cui all’art. 477 cod. pen.
La questione di diritto
Si può dunque formalizzare la questione di diritto per cui il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite:
Se la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato esterno non appartenente all’Unione Europea integri il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. solo ove sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della abilitazione alla guida anche in Italia stabilite dall’art. 135 cod. strada.
Chi può guidare in Italia con la patente
Prima di comprendere quali siano gli orientamenti oggi sussistenti nel nostro Paese e come dirimerli, i giudici delle Sezioni Unite hanno ritenuto opportuno sintetizzare che ai sensi dell’art. 116 comma 1 del cod. strada, non è permesso a nessuno guidare sul territorio italiano ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli e autoveicoli senza aver conseguito la patente di guida, rilasciata dalla competente autorità pubblica a seguito di un apposito esame di abilitazione, nonché dell’accertamento di determinati requisiti e dell’assenza delle condizioni considerate ostative dalla legge.
Ora, lo stesso articolo, al comma 15, sanziona coloro che si mettono alla guida di un veicolo senza aver conseguito la patente con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro.
La patente estera per guidare un veicolo in Italia
Il Codice della Strada permette anche di condurre un veicolo nel territorio nazionale anche a colui che risulti titolare di una patente estera, cioè di una patente rilasciata da un’autorità riconosciuta nello Stato estero.
Contenuta negli artt. 135, 136 e 136-bis del codice, si scorge dunque che il titolare di una patente rilasciata da uno Stato non appartenente all’Unione Europea o allo Spazio economico europeo può circolare liberamente sul territorio italiano se il documento risulta conforme ai modelli configurati dalle convenzioni internazionali e salvo che non sia intervenuto con lo Stato emittente un accordo bilaterale in senso contrario, sempre che la patente straniera sia accompagnata da un permesso internazionale di guida o dalla traduzione ufficiale in lingua italiana.
Ancora, il riconoscimento di una patente straniera è subordinata alla condizione che il conducente non sia residente nel territorio italiano da più di un anno. Egli è altrimenti tenuto a munirsi della corrispondente patente italiana procedendo alla conversione di quella straniera in suo possesso.
Il legislatore ha infine configurato una disciplina speciale per il possessore di patente rilasciata da uno Stato membro dell’Unione Europea o appartenente allo Spazio economico europeo. Il codice della strada prevede la piena equiparazione a quella italiana, stabilendo solo che il titolare debba procedere al suo riconoscimento o alla sua conversione nel caso egli abbia acquisito la residenza normale nel territorio italiano, come definita dall’art. 118 bis dello stesso codice.
Gli orientamenti giurisprudenziali
Sintetizzato il quadro normativo di riferimento, si possono esaminare quali siano gli orientamenti che hanno dato vita al contrasto che le Sezioni Unite sono chiamate a ricomporre.
Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, la falsificazione non grossolana della patente di guida estera può integrare il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. solamente in presenza delle condizioni fissate per la sua validità dall’art. 135 del codice della strada.
Tale interpretazione muove dal rilievo secondo cui la patente rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione Europea, in mancanza delle condizioni di cui all’art. 135 cod. strada, non abilita alla guida in Italia e dunque non può costituire autorizzazione o certificazione rilevante ai sensi dell’art. 477 cod. pen., costituendo un documento che non ha alcuna validità nel territorio italiano come titolo di legittimazione alla guida dei veicoli né come mezzo di certificazione dell’identità personale.
Controllo giudiziale
È dunque compito del giudice di merito compiere gli accertamenti necessari per stabilire la sussistenza dei presupposti che consentono la guida nel territorio italiano al possessore della patente straniera, in quanto solamente l’accertata validità della stessa comporta l’integrazione del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., nel caso in cui la stessa risulti oggetto di contraffazione o alterazione.
Peraltro, sul tema diverse pronunce in Cassazione hanno limitato il controllo giudiziale alla sola verifica della residenza dello straniero in Italia da non oltre un anno, poiché tale presupposto costituisce il profilo integrante la validità della patente straniera anche nel nostro territorio, escludendo così che il controllo debba poi estendersi anche alle ulteriori condizioni che sono richieste dagli artt. 135 e 136 cod. strada.
Tali principi sono poi stati confermati dalla sentenza Cass. n. 24227 del 28 aprile 2021, che ha precisato come al fine di stabilire la rilevanza penale della falsificazione della patente straniera non validata ai sensi delle norme del codice della strada non possa evocarsi la tematica del falso innocuo.
In questo senso, la pronuncia ora citata osserva come l’inoffensività del falso presupponga il positivo accertamento della sussumibilità del fatto in una delle fattispecie di reato di cui agli artt. 476 e ss. cod. pen. e dunque l’appartenenza dell’atto falsificato a una delle categorie documentali che sono previste da queste disposizioni.
Ora, nell’ipotesi della patente straniera non validata, per tale sentenza prima ancora di valutare l’inoffensività del falso è necessario stabilire se il documento incriminato costituisca o meno una autorizzazione o una certificazione amministrativa, potendo così essere identificato con l’oggetto tipico della fattispecie di cui all’art. 477 cod. pen.
Il secondo orientamento
In contrapposizione a questo primo orientamento se ne è sviluppato un secondo, secondo cui la contraffazione della patente estera integra il reato previsto dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 cod. pen. anche se non ricorrono le condizioni fissate dal codice della strada perché tale documento consenta al suo possessore di guidare nel territorio nazionale.
Per questo orientamento la contraffazione di una patente estera, ancorché non validata, è idonea a ingannare la fede pubblica non solo per la sua apparente corrispondenza a un documento genuino, ma in quanto il contenuto del titolo abilitativo alla guida contraffatto è rilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio, trattandosi di un certificato dotato di un proprio rilievo giuridico-probatorio sia intrinseco (ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso contenuto) sia estrinseco (in relazione al potenziale rilievo autorizzatorio se abbinato ad altro atto).
Il disvalore della patente straniera
In altre parole, la patente di guida estera avrebbe – a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti o atti – una propria fisionomia giuridica di validità intrinseca, trattandosi di un atto che anche da solo esiste ed esprime un determinato contenuto, che è poi il contenuto richiesto dalla legge affinché esso, posto insieme agli altri titoli e condizioni necessari per l’abilitazione alla guida, svolga la sua funzione legittimante.
Per la Cass. n. 35092 del 4 giugno 2014 e Cass. n. 45255 del 27 ottobre 2021, l’autonoma rilevanza giuridica della patente straniera è confermata anche dal diverso disvalore che l’ordinamento riconosce all’ipotesi di guida senza permesso internazionale rispetto a quella di guida senza patente, per come dimostrato dalla differente modulazione della risposta sanzionatoria riservata nel codice della strada alle due fattispecie, integranti autonomi e distinti illeciti.
Insomma, per tale orientamento la funzione legittimante alla guida non deve essere confusa con l’identità del documento giuridico, la patente di guida, che costituisce, comunque, di per sé, un certificato che esprime un proprio, determinato, contenuto giuridico e probatorio che è riconducibile alla categoria degli atti presi in considerazione dall’art. 477 cod. pen.
Dunque, in quest’ottica, è irrilevante l’eventuale difetto delle condizioni di validità ex artt. 135 e 136 cod. strada, non risultando per tale invalidità per tabulas dall’esame dello stesso documento contraffatto, atteso che l’eventuale accertamento da parte del giudice in ordine alla sussistenza di tali condizioni costituirebbe un posterius non incidente sul perfezionamento del reato, che già si sarebbe consumato con la contraffazione o con l’esibizione di un siffatto atto.
La decisione delle Sezioni Unite
Dinanzi a questo bivio tra i due orientamenti, con la sentenza in esame le Sezioni Unite sembrano aderire al secondo.
Per i giudici, infatti, tutte le pronunce sopra citate non dubitano che la contraffazione della patente di guida integri in via generale la fattispecie di cui all’art. 477 cod. pen. Si ritiene dunque che la patente, intesa come atto tipico che abilita alla guida dei veicoli per cui è richiesta, rientri nel novero delle autorizzazioni amministrative, ossia di quella particolare categoria di atti amministrativi la cui adozione rimuove i limiti che sono posti in via generale ed astratta dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva.
Quindi, i giudici evidenziano come entrambi gli orientamenti di cui sopra muovano dall’assunto per cui alla soluzione della controversia debba ritenersi estranea la disciplina del c.d. falso innocuo, richiamata invece dal ricorrente. Ovvero, del falso irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio. E che dunque si rileva non idoneo a esplicare gli effetti sulla sua funzione documentale.
Ciò premesso, per la soluzione del quesito i giudici invitano a tenere necessario che è bene ribadire il risalente insegnamento della stessa Corte, secondo cui anche gli atti pubblici stranieri ricevono tutela mediante l’incriminazione del falso documentale, purchè siano idonei a produrre un qualsiasi effetto nell’ordinamento giuridico italiano.
Reato di falso documentale in atti pubblici
Ai fini della configurabilità dei reati di falso documentale in atti pubblici, infatti, non dirime la nazionalità dell’autorità che li ha adottati, ma piuttosto l’eventuale riconoscimento agli stessi conferito da parte dell’ordinamento giuridico italiano. È dunque alla funzione documentale dell’atto riconosciuta e incorporata nell’ordinamento interno che viene estesa la tutela penale riservata agli atti emessi dall’autorità pubblica nazionale.
Ancora, la sentenza chiarisce come il primo degli orientamenti in conflitto ritenga che la patente extracomunitaria sia classificabile come un’autorizzazione amministrativa ai fini dell’art. 477 cod. pen. solo se ricorrano le condizioni dell’art. 135 cod. strada.
Tale affermazione non può però essere condivisa, perché si traduce nella riduzione del riconoscimento della patente alla legittimazione del titolare a condurre un veicolo nel territorio italiano. In tal modo si finisce infatti per elidere il significato dell’atto in sé considerato, che è quello di documentare il conseguimento dell’abilitazione alla guida nel Paese che lo ha rilasciato in accordo con la legislazione nazionale dello stesso e nel rispetto della Convenzione di Vienna.
Il riconoscimento internazionale della patente si fonda anzitutto proprio sulla condizione che i singoli Stati ne autorizzino il rilascio e solo in seguito alla verifica delle competenze e delle capacità di colui a cui viene consegnata.
Funzione legittimante della patente
Non va confusa dunque la funzione legittimante alla guida con l’identità dell’atto, che esprime un autonomo contenuto giuridico che è riconducibile alle categorie documentali considerate dall’art. 477 cod. pen. e che prescinde dalle condizioni estrinseche poste dal codice della strada al fine di consentire al suo titolare di condurre un veicolo nel territorio nazionale, essendo pacifico che gli artt. 135 e 1356 cod. strada si applicano solo a chi risultati titolare di una patente di guida effettivamente conseguita in un Paese estero.
Ancora, non corrisponderebbe al vero che all’intrinseco significato documentale della patente estera l’ordinamento italiano non riconnetta la produzione di effetti giuridicamente rilevanti.
Il titolare di una patente rilasciata da uno Stato extracomunitario che circoli in difetto delle ulteriori condizioni che lo legittimano alla guida nel territorio nazionale, infatti, non viene equiparato al conducente che non abbia mai conseguito il titolo abilitativo.
I commi 8 e 14 dell’art. 135 cod. strada disciplinano infatti in maniera autonoma tale fattispecie, prevedendo sanzioni amministrative più lievi di quelle contemplate dal testo dell’art. 116 cod. strada per colui che conduce un veicolo senza aver mai conseguito la patente di guida.
La conversione della patente
Non di meno, prosegue la pronuncia nelle sue ultime parti, l’art. 136 cod. strada permette al titolare della patente extracomunitaria che ha acquisito la residenza in Italia di richiedere e ottenere la conversione della stessa nella corrispondente patente italiana, anche senza sostenere l’esame di idoneità previsto dall’art. 121 dello stesso codice, se ciò è previsto, a condizione di reciprocità di accordi bilaterali con lo Stato che ha emesso il documento.
Insomma, appare evidente che la legge italiana riconosce alla patente extracomunitaria proprio la funzione di documentare il suo rilascio in un Paese straniero come presupposto per la determinazione di alcuni effetti giuridici nell’ordinamento interno. Riconoscimento che si rivolge – si legge ancora – alla natura di titolo abilitativo alla guida in genere che il documento esprime, che prescinde dalla sussistenza degli ulteriori presupposti che legittimano il titolare a circolare sulle strade italiane.
Quindi, la patente extracomunitaria deve considerarsi atto tipico ai fini e ai sensi dell’art. 477 cod. pen., con la conseguenza che la sua contraffazione da parte di un privato, se non grossolana, integra il delitto previsto e punito da tale articolo, in combinato disposto con la previsione di cui all’art. 482 dello stesso codice.
Il principio di diritto
Si afferma in conclusione il seguente principio di diritto
La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione Europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale.