False dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale – indice:
Il Dpr 445/2000 stabilisce le regole in materia di documentazione amministrativa, ovvero individua varie tipologie di documenti amministrativi e prescrive come devono essere utilizzati. Si tratta di documenti che danno forma al contenuto dell’atto che rappresentano e che sono utili all’esplicazione dell’attività amministrativa. Tale documentazione, essendo complessa e di varia natura, è stata semplificata dal legislatore mediante l’introduzione di certificati e dichiarazioni sostitutive. Il capo VI del Dpr stabilisce quali sono le sanzioni nel caso in cui tale documentazione venga resa non conforme al vero. L’articolo 76, in particolare, tratta le false dichiarazioni rese a pubblico ufficiale che punisce con alcune fattispecie di reato previste dal codice penale. Si tratta dei reati di cui agli articoli 495 e 483 del codice penale.
Quali possono essere le false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale
Le false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale possono essere le seguenti:
- le dichiarazioni sostitutive di certificazioni (autocertificazioni), di cui all’articolo 46 del Dpr 445/2000;
- le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, di cui all’articolo 47 del Dpr 445/2000.
Le prime sono dichiarazioni che sostituiscono i certificati ovvero quei documenti “rilasciati da una amministrazione pubblica aventi funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche”. La dichiarazione dev’essere sottoscritta e gli stati, le qualità personali e i fatti che possono essere dichiarati con tale autocertificazione sono elencati all’articolo 46 suddetto.
Le seconde invece, sono dichiarazioni sottoscritte dall’interessato con le quali si sostituisce l’atto di notorietà. Quest’ultimo consiste in un atto che concerne stati, qualità personali o fatti che sono a diretta conoscenza dell’interessato e che possono riguardare sé stesso o altri soggetti che conosce. Vengono utilizzate per dichiarare tutti gli stati le qualità personali o i fatti che non rientrano nell’elenco di cui all’articolo 46 del Dpr 445/2000.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge in esame, tali dichiarazioni possono essere rese al pubblico ufficiale anche per conto di un altro soggetto che si trova impedito temporaneamente per motivi di salute. Si possono sostituire a tale soggetto il coniuge o, in assenza, i figli, o ancora, un parente in linea retta o collaterale fino al terzo grado. Il pubblico ufficiale provvede a verificare preventivamente l’idoneità del dichiarante.
Gli effetti delle false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale
Le amministrazioni pubbliche effettuano regolarmente dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del Dpr 445/2000. Li eseguono tramite strumenti informatici o telematici nonché verificando la corrispondenza di quanto dichiarato con i registri che hanno già in possesso.
Se si tratta di semplici irregolarità od omissioni rilevabili d’ufficio la pubblica amministrazione invita l’interessato a regolarizzare la dichiarazione per ottenere la prosecuzione del procedimento.
Qualora invece si tratti di dichiarazioni non veritiere ci sono delle sanzioni penali previste dall’articolo 76 dello stesso Dpr di cui si tratterà nel successivo paragrafo. Queste sanzioni sono espressamente richiamate dall’articolo 48, secondo comma, del Dpr che afferma come “Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate”.
In ogni caso, ai sensi dell’articolo 75, i benefici conseguiti dal dichiarante a seguito di emanazione del provvedimento risultante dal procedimento completo decadono se le dichiarazioni effettuate sono false.
La responsabilità penale prevista dall’articolo 76
L’articolo 76, dunque, prevede una responsabilità penale per i soggetti privati che rilasciano dichiarazioni mendaci, formano od usano atti falsi. Come già accennato, l’articolo 48 del Dpr che stabilisce le modalità con cui devono essere rese le dichiarazioni sostitutive alla P.A. richiama tale norma. In questa prevede una responsabilità penale in caso di dichiarazioni sostitutive mendaci o non veritiere.
L’articolo 76 recita che “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte”.
Essendo entrambe le dichiarazioni sostitutive considerate come rese ad un pubblico ufficiale c’è la possibilità che si integri uno dei reati di cui agli articoli 483 e 495 del codice penale.
Le ipotesi di reato previste in caso di false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale
Secondo dottrina e giurisprudenza i reati che possono configurarsi in caso di false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale sono essenzialmente due:
- il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’articolo 483 del codice penale;
- quello di falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, di cui all’articolo 495 del codice penale.
Si tratta di delitti contro la fede pubblica: il primo di falsità in atti, il secondo di falsità personale. In entrambi l’elemento psicologico è il dolo generico in quanto il dichiarante è consapevole di effettuare una dichiarazione scritta mendace ad un pubblico ufficiale.
Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico
L’articolo 483 del codice penale recita:
“Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.
Con riguardo a tale tipologia di reato c’è giurisprudenza discordante. La discordia nasce dal fatto che parte di essa attribuisce alle dichiarazioni sostitutive natura di atto pubblico altra parte no. L’orientamento dominante tuttavia pende per l’argomentazione positiva. La Cassazione penale con sentenza numero 25927 del 2017 ad esempio, basandosi sul combinato disposto di cui agli articoli 2699 del codice civile che reca la definizione di atto pubblico e il secondo comma dell’articolo 76 del Dpr 445/2000, ha ritenuto esserci illecito penale ove fosse rilasciata una dichiarazione di cui agli articoli 46 e 47 dello stesso Dpr falsa.
Un’ altra rilevante nota della stessa Corte sulla natura della dichiarazione quale atto pubblico si rinviene nelle seguenti parole: “la natura pubblica dell’atto di cui all’art. 483 c.p., solo nei casi in cui una specifica norma attribuisca all’atto stesso la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, collegandone l’efficacia probatoria al dovere del dichiarante di affermare il vero”. Si evince che l’elemento oggettivo del reato, ovvero la condotta, sta nella dichiarazione non veritiera del privato che diventa oggetto dell’atto pubblico redatto dal pubblico ufficiale.
Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri
L’altro delitto di cui si corre il rischio rendendo false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale è quello di cui all’articolo 495 del codice penale. Questo afferma che “Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni”.
Tale reato è punito più severamente del precedente. Lo si commette quando le dichiarazioni false al pubblico ufficiale riguardano l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona. Si tratta cioè di dichiarazioni diverse rispetto al vero concernenti i dati che identificano sé stessi o un’altra persona. Ad esempio lo stato civile, l’identità o altre qualità che contribuiscono ad essere identificati. Potrebbe rientrare in tali ipotesi di reato l’indicazione fasulla della propria o altrui residenza nella dichiarazione sostitutiva.
Costituiscono circostanze aggravanti del reato le seguenti tre ipotesi:
- se le dichiarazioni false sono rese in atti dello stato civile;
- se quelle riguardanti l’identità, lo stato o altre qualità proprie o altrui vengono rese falsamente all’autorità giudiziaria da un indagato o da un imputato (dipende da in che fase del processo penale ci si trova);
- quando una decisione penale viene iscritta sotto falso nome nel casellario giudiziale a seguito di falsa dichiarazione.
Cosa fare se si viene condannati per false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale
Se si è stati condannati per uno dei due reati suddetti si può agire per mitigare gli effetti della pena in due modi:
- facendo richiesta di patteggiamento;
- essendo ammessi al giudizio abbreviato.
Con il patteggiamento è possibile infatti ottenere uno sconto di pena fino ad un terzo. L’imputato e il pubblico ministero si accordano sul quantum della pena e ne richiedono al giudice l’applicazione. Quest’ultimo, dopo aver verificato l’esistenza dei presupposti di ammissibilità al patteggiamento, emetterà una sentenza inappellabile.
L’altro rimedio ammissibile nei casi di reato previsti dal Dpr 445/2000 è la richiesta di giudizio abbreviato. Si tratta di un procedimento speciale con cui si restringono i tempi del processo e che ha luogo soltanto con l’udienza preliminare. Consente anch’esso di ottenere uno sconto della pena di un terzo e l’ottenimento di una sentenza in tempi brevi.