Fideiussione omnibus a prima richiesta – una guida rapida
Con decisione del Collegio di Coordinamento ABF, 29 dicembre 2022, n. 16511, è stata formalizzata una interessante pronuncia sulla validità del contratto di fideiussione omnibus stipulato in seguito a intese anticoncorrenziali, con particolare riferimento all’onere probatorio e alla natura della clausola di prima richiesta.
I fatti
Nel ricorso, la parte ricorrente ha affermato di aver sottoscritto con il cointestatario del ricorso una fideiussione omnibus con l’intermediario resistente, al fine di garantire le obbligazioni di una società.
Anni dopo si è però accorta che il contratto risultava conforme allo schema contrattuale predisposto dall’ABI, “con conseguente nullità delle clausole contrattuali come disposto dal provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia”, come chiarito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 41994/2021.
L’intermediario resistente osserva però che il ricorso sarebbe stato presentato dal ricorrente come consumatore, contestando in primo luogo l’erroneità di tale qualifica. Osserva poi che il ricorrente ha sottoscritto la fideiussione omnibus a garanzia dei rapporti contrattuali della società nella qualità di amministratore unico della stessa.
Infine, l’intermediario eccepisce l’incompetenza per materia dell’ABF. Ritiene infatti che la verifica di una intesa anticoncorrenziale al momento della sottoscrizione della fideiussione dovrebbe essere rimessa alle sezioni specializzate in materia di impresa. Come tale, esulerebbe dalla competenza dell’ABF.
La ricostruzione dell’intermediario
Nel merito, l’intermediario evidenzia come:
- con provvedimento n. 55/2005 la Banca d’Italia non abbia accertato alcun comportamento vietato dalla normativa antitrust, essendosi invece limitata a concludere che lo schema elaborato dall’ABI contenesse alcune disposizioni che, nel caso in cui fossero applicate in maniera uniforme, sarebbero risultate in contrasto con la l. 287/1990, art. 2, comma 2, lett. a). Richiama in tal proposito la pronuncia della Corte di Cassazione n. 30818/2018 secondo cui il provvedimento della Banca d’Italia non ha accertato ma ha indicato in termini soltanto ipotetici la sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale;
- il ricorrente non avrebbe fornito alcuna prova sull’applicazione di norme uniformi fra le banche, né avrebbe prodotto testi di fideiussione sottoscritti nello stesso periodo da altri clienti presso altri istituti di credito, con l’obiettivo di dimostrare la sussistenza di un utilizzo conforme delle clausole contestate;
- stando a quanto stabilito dalla giurisprudenza di merito, se il contratto di fideiussione è stato stipulato a distanza di anni dal periodo analizzato dal provvedimento della Banca d’Italia, tale provvedimento non può costituire una prova privilegiata e parte attrice dovrebbe dunque dimostrare l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale al momento della sottoscrizione del contratto. Non si può dare alcun rilievo alla circostanza per cui la fideiussione sottoscritta ricalchi lo schema ABI dell’ottobre 2002 che, ricorda l’intermediario, non è stato comunque allegato al ricorso.
La decadenza del termine
Per quanto riguarda l’inefficacia della fideiussione per decadenza del termine ex art. 1957 c.c., il contratto prevede la clausola di garanzia a prima richiesta. Per cui, si sarebbe in presenza di un contratto autonomo di garanzia e di non di una fideiussione. Pertanto, non sarebbe intervenuta alcuna decadenza dai termini previsti dall’art. 1957 c.c. in quanto la disciplina di tale articolo non è applicabile al caso di specie.
Insomma, l’obbligazione garantita non risulterebbe ancora scaduta, poiché il conto corrente intestato alla società, a debito, è ancora in essere. Dunque, non si sarebbe verificato il dies a quo (chiusura del conto corrente) da cui si dovrebbero far decorrere i sei mesi di cui all’art. 1957 c.c.
Infine, anche se si ritenesse estinta l’obbligazione principale, l’intermediario avrebbe comunque interrotto la decadenza dei termini inviando al debitore principale e ai garanti la lettera di preavviso di revoca degli affidamenti ed intimazione di pagamento.
La validità della fideiussione
Vediamo ora quali sono le valutazioni effettuate dal Collegio. La prima questione di merito affrontata è legata alla validità della fideiussione rilasciata dal ricorrente a garanzia delle obbligazioni contratte da una società nei confronti dell’intermediario resistente, riproduttiva dello schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI e censurato dalla Banca d’Italia poiché ritenuto in contrasto con la disciplina Antitrust.
Dall’analisi effettuata dal Collegio, è possibile riscontrare come la fideiussione omnibus oggetto di contestazione sia stata stipulata dal ricorrente nel 2015 per l’adempimento delle obbligazioni contratte da una società.
Il ricorrente non ha prodotto alcun testo dello schema ABI, né ha riferito in maniera specifica le proprie contestazioni ad alcuna delle clausole del contratto sottoscritto. Ha però allegato una copia dello schema ABI e del provvedimento Bankitalia n. 55/2005 in sede di controrepliche, affermando che la nullità parziale del contratto dovrebbe limitarsi alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55.
La questione si basa dunque sul provvedimento ora citato, che dichiara come alcuni articoli dello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI nel 2002 fossero in contrasto con le disposizioni della legge Antitrust.
La standardizzazione contrattuale
In particolare, la Banca d’Italia ha ritenuto anticoncorrenziale la standardizzazione contrattuale nel caso in cui gli schemi contrattuali prevedano clausole, incidenti su aspetti rilevanti del contratto, tali da impedire un equilibrato contemperamento degli interessi delle parti e da ostacolare la possibilità di una diversificazione del prodotto offerto in relazione alla costante e uniforme applicazione.
Più nel dettaglio, la natura anticoncorrenziale di queste clausole risiede nella loro attitudine ad addossare in capo al fideiussore le conseguenze negative che derivano dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa, senza però risultare funzionali a garantire l’accesso al credito bancario. Tale provvedimento, costituirebbe prova privilegiata in rapporto alla sussistenza del comportamento accertato e del suo eventuale abuso.
Ciò premesso, il problema è legato fondamentalmente alla sorte dei contratti di fideiussione stipulati prima del provvedimento da soggetti terzi a beneficio di intermediari finanziari, il cui contenuto riproduca le clausole del modello di fideiussione omnibus che è oggetto di censura da parte della Banca d’Italia.
Con decisione n. 14555/20, il Collegio di Coordinamento ha affermato la nullità parziale delle clausole de quibus, applicando il principio di conservazione del contratto.
Il principio di diritto
Il Collegio, all’epoca, aveva enunciato i seguenti principi di diritto:
- Qualora un contratto riproduca uniformemente i prezzi di acquisto o di vendita o le altre condizioni contrattuali che un’intesa anticoncorrenziale ha fissato in precedenza, le relative clausole contrattuali sono nulle.
- Per quanto riguarda il prezzo di acquisto o di vendita, in particolare, la nullità della relativa clausola importa la nullità dell’intero contratto, a meno che non siano previsti dalla legge strumenti per integrare tale lacuna (…).
- Per quanto riguarda le altre condizioni contrattuali, la loro nullità importa la nullità dell’intero contratto soltanto quando esse siano essenziali. Quando esse siano invece accessorie, il contratto resta valido per il resto.
- A tali fini, le clausole contrattuali sono qualificabili come accessorie quando, ove esse non fossero state apposte al contratto, quest’ultimo avrebbe comunque avuto un oggetto determinato o almeno determinabile ai sensi dell’art. 1346 c.c.; deve essere peraltro fatta salva la volontà delle parti contraenti di pattuire (espressamente ovvero tacitamente) che una qualsiasi clausola del loro accordo sia essenziale.
- Si tratta di una nullità che può essere fatta valere solo dal ricorrente ed è rilevabile d’ufficio soltanto nel suo interesse.
Nullità parziale
Questa tesi, della nullità parziale, ha poi trovato conferma nella sentenza Corte di Cassazione n. 41994/2021. In quell’occasione i giudici di legittimità hanno aderito all’orientamento giurisprudenziale favorevole a riconoscere il rimedio della nullità parziale in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Per la Corte, l’estensione della nullità all’intero contratto avrebbe una portata eccezionale e sarebbe onere di chi abbia l’interesse a caducare l’intero assetto programmato provare l’interdipendente del resto del contratto rispetto alla clausola invalida.
Ora, come correttamente rilevato dall’intermediario resistente, la giurisprudenza di merito successiva alla pronuncia della Cassazione di cui sopra ha in diverse occasioni escluso che l’accertamento della Banca d’Italia possa estendersi de plano anche alle fideiussioni che sono state concluse in un periodo successivo a quello oggetto di accertamento, gravando di fatti sull’attore l’onere della prova della sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale e dell’applicazione uniforme delle rilevanti clausole contrattuali.
La prima questione di merito si conclude pertanto con il Collegio che sintetizza come la mera produzione del contratto di fideiussione contenente clausole analoghe a quelle dello schema ABI censurato non permette di ritenere provato né che l’intesa anticoncorrenziale accelerata dalla Banca d’Italia nel 2005 fosse perdurante al momento della stipulazione della fideiussione contestata, né – ancora – che l’utilizzo di tali clausole sia l’effetto di quella specifica intesa accertata da Banca d’Italia all’epoca, piuttosto che espressione della convenienza dell’uso di clausole di analogo tenore per la parte predisponente le condizioni generali di contratto.
Garanzia autonoma o fideiussione omnibus
Archiviato il primo motivo, il Collegio affronta la seconda questione relativa al fatto che la garanzia rilasciata dal ricorrente possa o meno essere qualificata come fideiussione pur essendo prevista la clausola di pagamento a semplice richiesta scritta. O che, di contro, l’accordo stipulato possa essere riqualificato come contratto autonomo di garanzia.
Su tale punto il Collegio richiama alla mente la sentenza Cass. n. 3947/2010, che ha affrontato la questione dell’idoneità o sufficienza della clausola di pagamento a prima o semplice richiesta (o senza eccezioni) a trasformare un contratto di fideiussione (pur atipico) in un Garantievertrag, statuendo come la clausola a prima richiesta e senza eccezioni dovrebbe di per sé orientare l’interprete verso l’approdo all’autonoma fattispecie del Garantievertrag, salva evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto “altro” della convenzione negoziale.
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha anche ribadito come ai fini di una corretta qualificazione del contratto di garanzia sotto il profilo giuridico sia necessario valutare le pattuizioni contrattuali nel loro complesso.
L’autonomia della garanzia dal rapporto principale non è tuttavia implicita nella previsione di una clausola a prima richiesta o simili, sebbene ciò possa considerarsi un elemento presuntivo dell’assenza di accessorietà della garanzia. Dunque, anche se il vincolo di accessorietà è senz’altro significativamente attenuato dalla previsione dell’obbligo di pagamento a prima richiesta, tale clausola non ha rilievo decisivo per qualificare il contratto di garanzia.
L’obiettivo dell’accordo
In diverse occasioni, sia dottrina che giurisprudenza hanno affermato che deve essere valutato il significato obiettivo dell’accordo, sia sotto il profilo del rapporto tra obbligazione principale e obbligazione di garanzia, sia sotto il profilo del rapporto tra il garante e il debitore principale.
Come è noto, mentre la fideiussione è finalizzata a tutelare l’esatto adempimento della stessa obbligazione principale altrui, il contratto autonomo di garanzia pone a carico del garante un’obbligazione autonoma e diversa, proprio perché non è rivolta al pagamento del debito principale, quanto a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata.
Inoltre, la prestazione a cui è dovuto il garante è diversa da quella cui è tenuto l’obbligato principale, ricorrendo una netta autonomia rispetto all’obbligazione principale.
In aggiunta a ciò, il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione per l’assenza del vincolo di accessorietà della garanzia, che deriva dall’esclusione dalla facoltà di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale in deroga all’art. 1945 c.c. e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante anche successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo.
Dunque, riassume il Collegio, da tutto ciò pare emergere la centralità della clausola, che prevede l’inciso senza eccezioni, o comunque neghi al garante la facoltà di opporre eccezioni al creditore ai fini della qualificazione del negozio come contratto autonomo di garanzia e in tal senso si è di fatti pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 16213/2015.
La semplice richiesta scritta
Tutto ciò premesso, il Collegio ABF evidenzia come l’art. 7 del contratto in esame prevede che il pagamento del fideiussore avvenga a semplice richiesta scritta. Di contro, non contempla alcuna rinuncia del garante che abbia adempiuto a domandare in un successivo momento la ripetizione delle somme sulla base delle eventuali eccezioni che possa proporre in relazione al rapporto principale.
Questo aspetto induce quindi a concludere che tale previsione contrattuale possa essere qualificata come clausola solve et repete, non tale da far venire meno il vincolo di accessorietà tra obbligazione del debitore principale e obbligazione del garante.
Dunque, per queste ragioni, il Collegio non ritiene degno di accoglimento il ricorso, enunciando i seguenti principi di diritto.
- Con riferimento alle fideiussioni stipulate dopo il 5 maggio 2005, le clausole riproduttive degli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI – di cui la Banca d’Italia ha accertato il carattere restrittivo della concorrenza con Provvedimento n. 55/2005 – no possono ex se considerarsi anticoncorrenziali e dunque nulle. Infatti, il Provvedimento sopra indicato non può considerarsi prova privilegiata per le fideiussioni, quale quella oggetto della presente controversia, sottoscritte a distanza di anni dalla data dello stesso.
- La clausola a prima richiesta contenuta in un contratto di fideiussione non vale a qualificarlo quale contratto autonomo di garanzia, non essendo sufficiente a privare il contratto medesimo del carattere di accessorietà rispetto al credito garantito.