Il reato di furto – indice:
- Cos’è
- Gli elementi costitutivi
- La consumazione
- Furto in abitazione
- Furto con strappo
- Furti minori
- Circostanze aggravanti
Il reato di furto si colloca fra i reati contro il patrimonio, ai quali il codice penale dedica l’ultimo titolo del libro II. I reati contro il patrimonio sono quelli in cui vengono per lo più offesi interessi patrimoniali. Alcuni, tuttavia, come la turbativa violenta del possesso di cose immobili ad esempio, ledono altri diritti, quali la sicurezza e la libertà dell’individuo. La disciplina dei reati contro il patrimonio assume parte della terminologia, per l’oggetto dell’offesa del resto, dalla disciplina del diritto privato. I più celebri autori di diritto penale infatti si sono divisi in due correnti con riguardo alla molteplicità dei termini che il diritto penale assume dal diritto privato per disciplinare la tutela dei diritti patrimoniali quali la proprietà, il possesso, il patrimonio ecc.
I reati contro il patrimonio si distinguono in due tipologie: quelli in cui l’aggressione riguarda cose specificatamente individuate e quelli in cui l’aggressione non riguarda un bene specifico del patrimonio che pertanto può essere un qualsiasi elemento dello stesso. Il reato di furto rientra nella prima categoria. La norma che lo disciplina infatti, l’articolo 624 c.p., stabilisce al primo comma che: “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516″.
Cos’è il reato di furto
Il reato di furto è un delitto fra i più comuni nella categoria dei reati contro il patrimonio.
La sua struttura basilare e semplice non rispecchia in realtà la stessa limpidezza sotto il profilo interpretativo.
Il codice penale lo colloca fra “i delitti commessi mediante violenza alle cose o alle persone“, non essendo un reato commesso per frode. La sua forma semplice in realtà non prevede che il reato venga commesso in violenza. Quanto invece nella sua forma aggravata dove viene in rilievo anche una fattispecie con fronde. Tale impostazione infatti è stata oggetto di non poche critiche sulle quali tuttavia non ci si sofferma.
Se si pensa all’azione materiale del furto questa si muove dall’istinto predatorio dell’uomo di sottrarre in maniera illegittima ad altro soggetto una cosa mobile in suo possesso per farla propria.
Gli elementi costitutivi del reato di furto
Come ciascun reato contro il patrimonio, ci sono degli elementi che sono essenziali alla costituzione della fattispecie del reato di furto. Questi sono: la cosa aggredita, la sua appartenenza ad altri, il danno patrimoniale e il profitto. Sono tutti elementi individuabili al primo comma dell’articolo 624 c.p. e si va ad analizzarli brevemente.
La cosa mobile
Nel reato di furto l’oggetto materiale dell’azione è specificatamente individuato ed è la cosa mobile altrui. Nel comune pensare umano la cosa è qualsiasi entità suscettibile di essere valutata economicamente al fine di essere scambiata. Tutte le altre entità non valutabili economicamente pertanto non potrebbero costituire oggetto dell’azione. Si ritiene in realtà rilevante ai fini della fattispecie di reato non solo il valore economico attribuibile alla cosa bensì anche un eventuale valore affettivo. Può infatti sussistere ai fini della fattispecie di reato anche solo questo secondo valore.
Con riferimento all’individuazione delle cose mobili è opportuno citare la distinzione effettuata con le cose immobili dal codice civile all’articolo 812 c.c. Questo stabilisce che “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione. Sono mobili tutti gli altri beni“. E così l’articolo 624 c.p., secondo comma, stabilisce che si considerano cose mobili anche l’energia elettrica ed ogni altra energia che abbia un valore economico. Si ricorda che anche il codice civile considera beni mobili anche le energie all’articolo 814 c.c .
A parere della giurisprudenza non possono essere oggetto di furto elementi informatici quali i software e i file. In varie sentenze i giudici hanno ritenuto che non può configurarsi il reato di furto di tali elementi poiché non sussisterebbe l’azione di sottrazione che si configurerebbe in sola copiatura dei file rimanendo dunque i dati nella disponibilità del possessore.
Nessun bene immateriale può essere oggetto di furto. Questi infatti sono tutelati penalmente da altre disposizioni di legge. Rilevano penalmente soltanto quando si incorporano in dispositivi o beni materiali, come ad esempio i documenti per i titoli di credito.
L’appartenenza ad altri
Non ci può essere reato di furto se la cosa mobile sottratta non appartiene ad altro rispetto rispetto all’agente. Si tratta dunque di un requisito essenziale, non solo per il furt,o ma per molte fattispecie di delitti criminosi contro il patrimonio. La cosa mobile pertanto dev’essere suscettibile di appropriazione da parte di altri.
Non è così pertanto per le res nullius ovvero le cose che non sono di nessuno (o che sono di tutti) o che sono diventate di nessuno. Si pensi ad esempio all’aria, all’acqua, alla luce ecc. Se però tali elementi sono di proprietà del demanio allora, a parere della giurisprudenza, può configurarsi il reato di furto.
Sull’altruità della cosa si sono espresse anche le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 40354/2013 in cui hanno sostenuto che “Il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito”.
Il danno e il profitto
Il danno al patrimonio è necessario affinché la condotta possa essere punita ai sensi della legge penale.
Partendo dal presupposto che il patrimonio di un qualsiasi soggetto è costituito da elementi positivi e negativi, il danno si ha quando vi è una diminuzione degli elementi positivi ovvero un aumento di quelli negativi.
Nel patrimonio si consideri che rientrano anche quegli elementi positivi non suscettibili di essere valutati economicamente ma che hanno per la persona cui vengono sottratti un valore affettivo. Non c’è pertanto, come spesso si pensa, una coincidenza tra danno patrimoniale e danno economico. Ciò ha rilevanza non da poco sul piano del risarcimento.
L’articolo 624 c.p., come si è letto nell’introduzione, richiede che la sottrazione della cosa mobile avvenga per trarne un profitto.
Per profitto viene subito da pensare ad un vantaggio in termini economici conseguito dal ladro. In realtà la giurisprudenza e la dottrina ammettono un concetto ampio di profitto, ricomprendendo, non solo l’aumento patrimoniale bensì qualsiasi soddisfazione o intento che il ladro si era prefissato nel commettere l’atto del furto.
Quando si consuma il reato di furto: sottrazione e impossessamento
L’articolo 624 c.p. parla sia di impossessamento che di sottrazione. Bisogna pertanto distinguere i due concetti ai fini dell’individuazione del momento di consumazione del reato.
L’atto del sottrarre implica a monte che chi lo pone in essere non ha il possesso della cosa che sottrae. Dove per possesso si intende la possibilità per il possessore di disporre e godere autonomamente della cosa. Chi possiede una cosa pertanto non può essere soggetto attivo del reato di furto rispetto a quella cosa. A questo punto interviene l’esigenza di operare un ulteriore distinzione. Quella tra possesso e detenzione. Si può non avere il possesso di una cosa bensì godere e disporre della stessa sotto la sorveglianza di altri. Si ha in questo caso detenzione. Chi pertanto detiene una cosa può commettere il reato di furto rispetto alla stessa mentre chi ne ha il possesso no.
Dal lato passivo, l’atto di sottrazione del furto può avvenire sia nei confronti del possessore che del detentore. In tale ultimo caso il soggetto passivo del reato tuttavia non è il detentore bensì il possessore. Il possesso, al contrario, in altri delitti contro il patrimonio come l’appropriazione indebita, è requisito essenziale affinché si costituisca la fattispecie di reato. Il reato di furto inoltre si ha qualora la sottrazione della cosa avvenga senza il consenso del possessore.
L’impossessamento invece, pur da molti considerato come l’altra faccia della stessa medaglia rispetto alla sottrazione, va da questa ben distinto. L’opinione prevalente infatti ritiene che l’impossessamento debba determinare la genesi di un nuovo possesso in capo all’agente che, dal momento in cui sottrae la disponibilità della cosa alla vittima, inizia lui a disporne e a goderne in maniera piena e libera dalla sorveglianza di questa. In contemporanea all’atto di impossessamento, che non sempre coincide con quello della sottrazione, si perfeziona (ovvero si consuma) il reato di furto. Non rilevano le modalità con cui avviene l’impossessamento, né i mezzi utilizzati a tal fine.
Il furto in abitazione
L’articolo 624-bis, primo comma, c.p. disciplina come forma autonoma di reato una tipologia di furto, che prima della legge 128/2001 era prevista come aggravante del reato di cui all’articolo 624 c.p. Si tratta del furto in abitazione.
La norma recita “Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500″.
Si tratta di una forma di furto diretta all’accesso nella residenza privata o in una pertinenza di essa: i luoghi in cui ci si sente al sicuro e in cui non è ammissibile che la sicurezza di un soggetto possa essere messa a repentaglio. Il legislatore pertanto ha voluto punirlo più duramente ed estenderne l’ambito di applicazione. Prima della suddetta legge infatti la norma parlava di abitazione e non di privata dimora sul quale termine più volte si è espressa la giurisprudenza.
Con un intervento delle Sezioni Unite della Cassazione nel 2017, nella sentenza n. 31345, vengono esaminati i vari orientamenti giurisprudenziali anteriori per giungere alla seguente conclusione. Per privata dimora si intendono tutti quei luoghi in cui un soggetto svolge attività della vita privata, luoghi anche destinati ad attività lavorativa o professionale, se gli atti della vita privata si svolgono abitualmente e se non sono accessibili al pubblico ovvero a terzi senza il consenso del titolare.
Il furto con strappo
Il secondo comma dell’articolo 624-bis c.p. disciplina il furto con strappo. Ovvero tutte quelle ipotesi in cui l’agente sottrae la cosa altrui strappandola “di mano o di dosso alla persona”. È un’altra ipotesi di reato di furto resa autonoma dalla legge 128/2001.
Nell’azione dello strappo assume rilievo la violenza con cui viene sottratta la cosa. Tale caratteristica del reato solleva questioni sulla differenza con il reato di rapina sulle quali tuttavia non ci si prolunga.
Tale reato è punito allo stesso modo del furto in abitazione e dunque con la pena della reclusione da quattro a sette anni e la multa da euro 927 a 1500.
I furti minori
L’articolo 626 c.p. prevede una serie di ipotesi di furti minori che sono puniti con la reclusione fino al massimo ad un anno o con la multa fino a 206 euro. Si tratta delle seguenti fattispecie:
- il furto d’uso, ovvero quello realizzato quando “il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita”;
- il furto per provvedere ad “un grave ed urgente bisogno”. Le cose mobili sottratte in questo caso sono infatti di tenue valore. Si pensi ad esempio al furto per fame;
- il cosiddetto spigolamento abusivo ovvero l’azione di “spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto”.
Tali reati sono procedibili a querela della persona offesa.
Le circostanze aggravanti
L’articolo 625 c.p. prevede le circostanze aggravanti del reato di furto.
Sono così tante che sembra impossibile realizzarsi la fattispecie base del reato di furto di cui all’articolo 624 c.p. Per conoscenza e completezza le si elenca di seguito:
- l’utilizzo della violenza o di un mezzo fraudolento per la sottrazione della/e cosa/e. La giurisprudenza ha chiarito che il concetto di violenza non è inteso soltanto come forza fisica bensì l’utilizzo di una energia tale da provocare una modifica sostanziale nella cosa sottratta;
- l’indossare armi o narcotici anche senza usarli;
- commettere il fatto con destrezza;
- una pluralità di persone che commettono il fatto ovvero una sola che si travesta da pubblico ufficiale o da incaricato di un pubblico servizio e ne simuli il ruolo;
- la sottrazione della cosa avvenga su bagagli dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande;
- vengono sottratte cose esposte a pubblica fede ovvero su cose messe a disposizione della collettività per soddisfarne un bisogno;
- la sottrazione riguarda componenti di infrastrutture destinate all’erogazione di servizi pubblici;
- vengono sottratti animali o tre o più capi bestiame;
- il fatto viene commesso all’interno di un mezzo di trasporto pubblico;
- l’azione viene svolta in danno di chi ha terminato di usufruire di uno sportello postale, bancario o comunque di un servizio che eroga denaro.
Se concorre una sola di queste circostanze ad aggravare il reato la pena è quella più grave prevista per il reato di furto in abitazione e di furto con strappo. Se invece concorrono più circostanze aggravanti sopra elencate od una di queste con una circostanza aggravante comune del reato la pena è aumentata fino a minimo 3 anni di reclusione e massimo 10 ovvero con una multa da 206 a 1549 euro.