L’incauto acquisto e la provenienza del bene – indice
Recentemente ci siamo occupati del reato di incauto acquisto, o acquisto di cose di sospetta provenienza.
Con l’occasione, abbiamo anticipato come uno degli elementi che configurano il delitto sia il mancato accertamento della legittima provenienza del bene.
Recita infatti il comma 1 dell’art. 712 c.p. che
chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a dieci euro.
Risulta qui di interesse cercare di comprendere se, ai fini della configurabilità del reato, sia necessario che l’acquirente debba effettivamente nutrire dei dubbi sulla provenienza della merce, o se invece il reato può sussistere ogni volta che l’acquisto avviene in presenza di condizioni che avrebbero fatto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno stato.
Per dirimere tale dubbio, ci riferiamo alla sentenza n. 43929/2015 della seconda sezione della Cassazione penale, che ha fornito un chiarimento fondamentale in materia.
Cos’è l’incauto acquisto: il caso
In primo grado il Tribunale condannava un uomo ex art 712 c.p. per aver incautamente acquistato un furgone rivelatosi di provenienza delittuosa. L’uomo però contestava la pronuncia, affermando che non vi erano elementi sufficienti per ritenere che il furgone in oggetto fosse di simile provenienza illecita. In particolare, non era stato possibile risalire al telaio originario e non era stato dunque possibile individuare il mezzo. Inoltre, la sostituzione delle targhe con altre originali costituivano illeciti amministrativi, ma non potevano essere ascritti con certezza all’imputato stesso.
Per il Tribunale di primo grado, però, tale posizione difensiva non regge. Per i giudici, infatti, l’uomo avrebbe comunque dovuto sospettare della provenienza del bene del reato, a causa di alcuni elementi fondamentali quali:
- le condizioni del mezzo,
- il prezzo di vendita,
- le condizioni dell’offerente.
Dunque, i giudici indicano che prima di perfezionare l’acquisto, l’acquirente avrebbe dovuto adoperarsi con la dovuta diligenza per accertarsi della sua legittima provenienza. Tra gli atteggiamenti che avrebbe dovuto seguire vi sarebbe stata, almeno, la presa visione sequenza identificativa del numero di telaio.
Ne deriva che questa omissione integrava negligenza, imprudenza e/o imperizia, sostanziandosi in quella colpa che – come abbiamo visto nel nostro focus sull’incauto acquisto – è elemento psicologico costitutivo del delitto di cui all’art.712 c.p.
Incauto acquisto e dubbi sulla provenienza del bene
Soffermandoci sul solo motivo legato alla colpa dell’imputato, i giudici di Cassazione respingono il ricorso dell’uomo. Per gli Ermellini, infatti, è infondata la difesa del ricorrente, secondo cui la mancanza di prova circa l’elemento oggettivo del reato di riciclaggio (l’alterazione del telaio, l’apposizione di targhe non proprie e la dotazione di documenti di circolazione da parte dell’imputato) escluderebbe il reato di incauto acquisto ex art. 712 c.p..
Richiamando alla memoria precedenti opinioni giurisprudenziali in merito, da parte della stessa Corte, i giudici affermano che
è configurabile la contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen. tutte le volte che non venga accertata la legittima provenienza delle cose che si acquistano da persone che non esercitano legittimamente il commercio e che, perciò, offrano motivo di dubitare della legittima provenienza della merce.
In aggiunta a quanto sopra, e sempre con il fine ultimo di configurare in maniera più precisa il reato di cui all’art. 712, comma primo c.p., i giudici formulano una massima su cui val la pena riporre grande attenzione, ovvero che
non è necessario che l’acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce, dovendosi invece ritenere che il reato sussista ogni qualvolta l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno.
Incauto acquisto e configurabilità del reato
Ora, nel caso in questione, i giudici rammentano che l’uomo:
- ha acquistato iI mezzo non presso una concessionaria ufficiale o un autosalone o da un soggetto di sua fiducia ma tramite un meccanico conosciuto occasionalmente, di cui ignorava perfino il cognome;
- è stato così messo in contatto con il venditore / proprietario, anch’esso mai incontrato prima;
- ha perfezionato l’acquisto senza aver visonato la documentazione in originale (ovvero, la carta di circolazione e il certificato di proprietà), ma limitandosi a prendere visione di alcune fotocopie;
- non ha controllato se la sequenza identificativa del telaio fosse contraffatta o se invece corrispondesse a quella riportata sulla carta di circolazione;
- si sarebbe dovuto accorgere della manomissione della sequenza identificativa del telaio, considerato che tale manomissione sarebbe stata rilevabile anche da persona non esperta del settore.
Alla luce di quanto sopra, la Corte ha motivato come sussistenti gli elementi costitutivi del reato di incauto acquisto, respingendo il ricorso dell’acquirente.
Una sentenza fondamentale per poter ispirare la giusta cautela nei confronti di chi si sta avvicinando a un acquisto particolarmente “conveniente”, ma che potrebbe riservare ben più di qualche sgradita sorpresa…