L’interdizione giudiziale e il tutore – indice:
- Cos’è l’interdizione
- Chi può fare istanza
- L’incapacità dell’interdetto
- Apertura della tutela
- Autorizzazioni
- Costi
L’interdizione giudiziale è un istituto giuridico di diritto civile introdotto dal legislatore per tutelare quei soggetti affetti da un’assoluta incapacità di agire. Questi, a differenza degli inabilitati e di coloro che ricadono nei presupposi per l’amministrazione di sostegno che hanno un’incapacità relativa di agire, non possono compiere alcun atto giuridico autonomamente. A causa della loro infermità mentale si sostituisce nel compimento dei loro atti di ordinaria e straordinaria amministrazione e li rappresenta un tutore. Tale figura viene nominata dal giudice tutelare e scelta secondo le disposizioni previste dal codice civile per la tutela dei minori. Gli interdetti infatti sono equiparati a quest’ultimi e il legislatore nel regolare la loro tutela rimanda alla disciplina prevista per i minori. La loro condizione di infermità dev’essere denunciata dai soggetti indicati all’articolo 417 del codice civile per poter essere accolta quale condizione meritevole di tutela.
Cos’è l’interdizione giudiziale e chi è il tutore
L’istituto della tutela dell’interdetto trova compiuta disciplina nel primo libro del codice civile. I presupposti di legge per l’apertura della tutela e la nomina di un tutore sono infatti individuati all’articolo 414 del codice civile. Ai sensi dell’articolo 414 possono essere interdette le persone che sono abitualmente inferme di mente e che sono dunque incapaci di provvedere ai propri interessi.
Le persone che possono essere interdette sono:
- il maggiore d’età;
- il minore emancipato;
- il minore non emancipato nell’ultimo anno della minore età. In questo caso gli effetti dell’interdizione si producono, ai sensi dell’articolo 416 del codice civile, dal primo anno della maggiore età.
Il tutore, di cui si parlerà in seguito della nomina, è la figura che si occupa della cura degli interessi dell’infermo. Questo potrà essere in un primo momento provvisorio e diventare poi definitivo dopo la sentenza che dichiara l’interdizione. Ai sensi dell’articolo 419 del codice civile infatti, la pronuncia di interdizione non può essere emanata se prima il giudice non ha esaminato l’interdicendo, anche interrogando i suoi parenti prossimi. Nelle more della pronuncia di interdizione e dal momento in cui ha personalmente esaminato l’interdicendo in udienza assumendo tutte le informazioni necessarie alla pronuncia, il giudice può ordinare una tutela provvisoria dell’interdicendo.
L’interdizione può essere revocata su richiesta del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo, del tutore, dell’interdetto stesso o del pubblico ministero se viene meno la causa che l’ha determinata. A stabilirlo è l’articolo 429 del codice civile. Dev’essere tuttavia il giudice tutelare a valutare il venir meno della causa di interdizione e in caso positivo informa il pubblico ministero. Il tribunale investito del procedimento di revoca può valutare la necessità di nominare un amministratore di sostegno una volta venuta meno l’interdizione e trasmettere gli atti al giudice tutelare.
Interdizione giudiziale e interdizione legale
L’interdizione giudiziale non va confusa con l’interdizione legale che è invece un istituto di diritto penale con funzione punitiva e non di tutela. Anche l’interdetto legale è incapace di agire ma gli atti che non può compiere autonomamente, a differenza dell’interdetto giudiziale, riguardano solo quelli che concernono “la disponibilità e l’amministrazione dei beni” ai sensi del quarto comma dell’articolo 32 del codice penale. Per questi atti infatti si applica la tutela sull’interdizione giudiziale.
Chi può fare istanza di interdizione e a quale tribunale
Ai sensi dell’articolo 417 del codice civile possono proporre istanza di interdizione al tribunale competente soggetti diversi a seconda che l’interdicendo sia maggiorenne, minore o minore emancipato.
Quando si tratta di maggiorenne o minore emancipato possono richiedere l’interdizione:
- i soggetti stessi che si trovano in stato di infermità mentale abituale;
- il coniuge;
- la persona stabilmente convivente;
- i parenti entro il quarto grado;
- gli affini entro il secondo grado;
- il tutore;
- il pubblico ministero.
Il tribunale competente a ricevere l’istanza di interdizione di un soggetto maggiorenne è quello in composizione collegiale del luogo dove questo ha la residenza o il domicilio ai sensi dell’articolo 712 del codice di procedura civile.
Se invece si tratta di minore, l’interdizione può essere richiesta solo da uno dei genitori che ancora esercitano su di lui la potestà genitoriale oppure dal pubblico ministero. Per il minore e il minorenne emancipato il tribunale competente è quello dei minorenni del luogo dove il minore ha il domicilio ovvero ove risiede la sua famiglia o il tutore.
L’interdizione giudiziale e l’incapacità legale
Nella disciplina dell’istituto dell’interdizione, il codice civile rinvia in buona parte alle norme sulla tutela dei minori. Il minore e l’interdetto, in riferimento agli atti che possono compiere “autonomamente” sono quasi equiparati. Ai sensi dell’articolo 424 del codice civile infatti “Le disposizioni sulla tutela dei minori … si applicano … alla tutela degli interdetti … “. Ciò vuol dire che come i minori non possono compiere determinati atti se non previa autorizzazione del giudice e rappresentanza dei genitori, allo stesso modo gli interdetti non possono agire se non previa autorizzazione del Tribunale o del giudice tutelare e rappresentati dal tutore.
L’interdizione, dunque, ha come effetto la totale incapacità di agire dell’interdicendo: questo effetto si produce, ai sensi dell’articolo 421 del codice civile, dal giorno in cui viene pubblicata la sentenza che pronuncia l’interdizione. Differisce il caso in cui l’interdicendo è un soggetto nell’ultimo anno della minore età. In questo caso l’effetto si produce dal compimento della maggiore età.
Atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione
Mentre infatti l’inabilitato ed il beneficiario dell’amministrazione di sostegno possono porre in essere rispettivamente gli atti di ordinaria amministrazione e quelli previsti nel decreto di nomina, non è così per gli interdetti. Gli interdetti non possono infatti né compiere atti di ordinaria amministrazione né di straordinaria amministrazione. L’articolo 427 del codice civile stabilisce tuttavia che possa stabilirsi “che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento ovvero l’assistenza del tutore”.
Gli atti compiuti dopo la sentenza che dichiara l’interdizione e quelli compiuti nella fase di tutela provvisoria sono annullabili. La domanda di annullabilità può essere avanzata dall’interdetto stesso, dai suoi eredi o aventi causa e dal tutore.
Sono inoltre annullabili, ai sensi dell’articolo 428 del codice civile, su istanza degli stessi soggetti sopra citati, escluso il tutore, gli atti compiuti dal soggetto non ancora interdetto ma incapace di intendere e di volere al momento del loro compimento. Per potersi procedere all’annullamento di tali atti deve derivare un grave pregiudizio a chi li ha compiuti e dev’essere provato lo stato di incapacità scaturente da una causa anche transitoria. Se si tratta di un contratto, l’annullamento può avvenire solo se l’altro contraente era in malafede.
L’annullamento di tali atti o dei contratti può essere richiesto entro 5 anni dal compimento degli stessi dopodiché l’azione cade in prescrizione.
L’apertura della tutela e la nomina del tutore
Nel caso in cui si tratti di minori o minori emancipati sono gli articoli 345 e 346 del codice civile a disciplinare la fase in cui si inizia il procedimento di nomina del tutore. È compito dei parenti fino al terzo grado denunciare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l’apertura della tutela. A stabilirlo è l’articolo 345 del codice civile. A questo punto il giudice tutelare sceglie fra i soggetti indicati dall’articolo 348 del codice civile. La designazione potrà essere effettuata dal genitore, e, ove alla nomina della persona designata si oppongano gravi motivi, il giudice tutelare potrà scegliere fra ascendenti, parenti prossimi ed affini del minore.
Se invece si tratta di maggiorenni il procedimento di nomina del tutore viene fatto ai sensi del terzo comma dell’articolo 424 del codice civile. Il giudice tutelare deve individuare il tutore nella persona più idonea all’incarico tra i soggetti e secondo criteri di scelta previsti per la designazione dell’amministratore di sostegno. Questi sono individuati all’articolo 408 del codice civile. La scelta dev’essere effettuata “con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario”. Fra i soggetti individuati invece, la norma indica:
- il coniuge non separato legalmente;
- la persona stabilmente convivente;
- un genitore, un figlio, il fratello o la sorella;
- un parente entro il quarto grado;
- il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Effettuata la scelta il giudice tutelare potrà procedere alla nomina ai sensi dell’articolo 346 del codice civile. A questo punto il tutore dovrà prestare giuramento ai sensi dell’articolo 349 del codice civile.
Chi non può essere nominato tutore
L’articolo 350 del codice civile individua i soggetti che non possono essere nominati come tutore. Fra questi:
- Coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
- Chi è stato escluso dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la potestà;
- Coloro che hanno o sono per avere con l’interdetto una lite;
- Chi è incorso nella perdita della potestà genitoriale;
- Il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.
Autorizzazione giudiziale per il compimento di atti del tutore
L’interdetto, data la sua incapacità di agire, dovrà essere autorizzato ai sensi degli articoli 374 e 375 per il compimento degli atti indicati. Con riferimento al testamento poi, data l’impossibilità di redigerlo anche tramite rappresentanza (si tratta di un atto personalissimo), si parla proprio di vera incapacità giuridica.
A seconda dell’importanza dell’atto che dovrà stipulare, il tutore dovrà essere autorizzato dal giudice tutelare o dal Tribunale.
Per gli atti meno importanti e complessi come l’acquisto di beni, la riscossione di capitali, l’accettazione o la rinuncia dell’eredità, la stipula di locazioni entro il novennio e la promozione di giudizi, basterà l’autorizzazione del giudice tutelare, ai sensi dell’articolo 374 del codice civile.
Per gli atti di particolare importanza e complessità come l’alienazione (ad esempio la vendita) di beni, la costituzione di pegni o ipoteche, la stipula di divisioni, o di compromessi e di transazioni, servirà invece l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare.
Il compimento degli atti suindicati senza le prescritte autorizzazioni determina l’annullabilità degli stessi. L’azione può essere promossa dal tutore, dal protutore o dagli eredi e aventi causa dell’interdetto.
I costi del tutore e del ricorso per la nomina
Il tutore è un ufficio generalmente gratuito. Ciò non toglie che, come per l’amministratore di sostegno, il giudice possa riconoscere al tutore un’ equa indennità, come previsto dall’articolo 379 del codice civile. Tale articolo recita “Il giudice tutelare tuttavia, considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, può assegnare al tutore un’equa indennità”.
Per quanto invece attiene ai costi per il ricorso volto all’interdizione ed alla nomina di un tutore, questi variano e seconda dell’avvocato. Generalmente l’onorario medio di un avvocato si aggira fra i 1000 ed i 2000 euro circa.